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Message In A Bottle, Il topic dei messaggi in bottiglia.

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Toni Monroe
view post Posted on 4/6/2011, 06:42 by: Toni Monroe




Pioggia. Aria densa, pesante. Una bambina dorme tra le braccia del padre, che cammina senza sforzo ma con amorevole attenzione, cercando di non fare movimenti che possano disturbare il sonno della piccola. Katie canta ispirata, quel genere di canzoni che mi piaceranno sempre, quelle dove chi canta pare conversare -sia pure in musica- con chi ascolta. Un vero e proprio scambio che rende felici di potervi prender parte.
Gli orologi per le strade sembrano indicare dei fusi orari tutti loro, sono completamente fuori sincronia per fascia oraria e minutaria. Ammesso che si possa dire minutaria. Scendo in metro mentre mi arrampico su una pianta di gelsi. Devo avere circa 6 anni e quella voglia di esplorare, arrampicarmi, sporcarmi (e rischiar di farmi male) tipica di quell'età. Un mio cugino mi porge il contenitore in cui dovremmo mettere i gelsi da portare a casa ma io sto cercando di lavarmi le dita arrossate dai frutti con la lingua. È una battaglia che non posso vincere ma non ci metto meno impegno per questo. Nel ritorno verso casa passiamo vicino ad una casupola in pietra, forse riparo estemporaneo di cacciatori o pastori. Entriamo a curiosare nel momento in cui passo dai tornelli al mezzanino della metro e non so come si potrebbe fare ma sarebbe da barattare il contenitore dei gelsi con uno degli ombrelli che vendono i nostri fratelli abusivi. Sarebbe più efficace che asciugarmi da questa pioggia con il sole delle campagne della mia infanzia.
La casupola è vuota, sporca, con una finestra che regala ombra grazie alla pianta rampicante che è cresciuta sulla parete esterna e da fuori non la rende nemmeno intuibile. Una giovane donna legge in piedi il suo libro, aspettando che apra il bar per fare colazione. Lo ha quasi finito, mancherà un terzo o meno. A quel punto credo che dalla casupola in campagna io e i miei cugini saremo già saliti sulla grande pianta di fichi. Con dei rami così grossi e curvi che ci possiamo camminare in posizione eretta. Il latte dei fichi mi rende appiccicose le dita arrossate e immagino che le zie a casa non saranno più entusiaste di quel ragazzo che ha appena perso il bus ma son cose che posson capitare.
Arrivo alla fermata del mio bus illeso ma col cuore che batte ancora forte dallo spavento per quel serpente che mi è passato -senza ritenere di dovermi mordere- sul piede mentre camminavamo verso casa. Ho avuto giusto il tempo di abbassare lo sguardo per capire cosa mi sfregasse contro la caviglia ed una striscia scura si è fatta per un attimo dubbio -mica l'avrò sognato?- tanto è stato rapido il suo passaggio e poi certezza, nel sentirlo frusciar via nella vegetazione. Mio cugino sentenzia: 'nenti cci fa, amuninni...' (non fa niente, nel senso di 'non importa' e di andare).
Salgo sul bus e prendo uno dei posti dotati di posto vuoto accanto. A guidare è uno dei veterani. Mi sistemo per bene e dopo essermi lavato dai resti di gelsi e fichi e paure, vado nel giardino sul retro; mi avvicino all'albero d'ulivo dove i miei zii tengono legato il loro volpino. Il piccolo ha gli occhi che ridono e abbaia festoso. Mia zia fa giusto in tempo ad abbaiarmi di non farlo che io ho sciolto il piccolo. Come premio ricevo un paio di morsi lievi, di quelli giocosi, e una quantità di leccate anche in salto che sembrano puntare alla mia bocca in modo deciso. Poi corre per tutto il giardino abbaiando la sua gioia. Seguo lo sguardo sconsolato di mia zia: sono di nuovo sporchissimo, di terra stavolta. Credo d'aver fatto una faccia buffa, perché mia zia si lascia sfuggire un sorriso rassegnato. Il piccolo mi porta rami e stracci per giocare, io gli sorrido benevolo. Sono quasi arrivato in ditta, la prossima fermata è la mia. E sono felice.
 
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50 replies since 8/10/2010, 19:50   629 views
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