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Message In A Bottle, Il topic dei messaggi in bottiglia.

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Toni Monroe
view post Posted on 5/3/2011, 06:29




CITAZIONE (Cobain88 @ 5/3/2011, 01:44) 
PS:Visto che pare che parlare dei figli dei Montecchi e dei Capuleti sia di moda,secondo voi Giulietta capirà mai che era solo il momento ad essere sbagliato?

Non credo, sai, che fosse il momento sbagliato. Era il momento in cui amare ed amare così intensamente da combattere tutto e tutti per quell'amore. Il momento in cui dimostrare d'esser disposti anche a morire per esso. Ed ha saputo vivere e morire per ciò che quel momento rappresentava per lei. Credo che di tutti i momenti possibili quello fosse l'unico giusto. Non è soltanto perché quello che vorresti non l'ottieni come lo vorresti che il momento è sbagliato. Conta quello che capisci di te e del mondo che ti circonda, come riesci ad inquadrare il tutto. Erano gli altri ad essere sbagliati, non il momento o i due giovini. A parte quell'abitudine che ha Romeo di sanguinare nelle canzoni... :forza:
 
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Cobain88
view post Posted on 7/3/2011, 01:30




Tu citavi Tom Waits,io i Dire Straits in realtà...però il tuo commento è finito per diventare il mio attuale stato di Facebook :lol:

E a dirti il vero,se fosse valida l'equazione Cobain=Romeo,si può ben dire che nel momento in cui Romeo ha scritto quel post aveva un'emorragia interna :B):
 
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Toni Monroe
view post Posted on 7/3/2011, 07:28




Cioè, tutto il mio commento è diventato il tuo stato su Facebook? Ma dei dire straits quale sarebbe la citazione? Romeo and Juliet? Che ce l'ho anche ma non ho mai prestato troppa attenzione a quel che dice. :forza:
 
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Cobain88
view post Posted on 7/3/2011, 19:59




Praticamente si, mi piaceva molto la riflessione e l'ho postata su Fb,tutto qua :lol:

Cmq si la canzone è quella,nel ritornello dice "when you gonna realize that was just the time that wrong,Juliet".
O una cosa del genere, insomma :lol:
 
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Toni Monroe
view post Posted on 7/3/2011, 20:17




CITAZIONE (Cobain88 @ 7/3/2011, 19:59) 
Praticamente si, mi piaceva molto la riflessione e l'ho postata su Fb,tutto qua :lol:

Cmq si la canzone è quella,nel ritornello dice "when you gonna realize that was just the time that wrong,Juliet".
O una cosa del genere, insomma :lol:

Giustamente m'è tornata voglia di sentirla, ora l'ascolto e cerco di riconoscere il passaggio, col mio inglese approssimativo... :forza:
 
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Cobain88
view post Posted on 12/3/2011, 00:09




Ci sono momenti in cui ti domandi cosa sia la felicità,senza riuscire a trovare una risposta che sia vagamente accettabile...
Poi,ti capita di pensare agli ultimi 4 anni e mezzo della tua vita,a dove sei ora e a dove sarai tra qualche giorno...
E improvvisamente ti senti felice...

Felice come non lo eri stato da tanto,come se nulla ti potesse toccare,come se tutto quello che solitamente ti fa incazzare fosse perlomeno secondario...felice persino che la gente mostri la sua vera natura,felice di renderti conto che in quel momento nessuno può essere felice come te...felice di essere egoista...e felice,pure,di agire da egoista...

E ti viene da pensare che dopotutto te lo sei pure meritato,perchè tu e solo tu sai quante volte hai dovuto rialzarti per arrivare a questo giorno...e che se pure qualcuno può deluderti, non ti interessa per niente,perchè quello che conta sei tu,prima di tutto e prima di tutti...poi forse ci sarà anche qualcuno che ti stupirà,e ben venga,ma d'altro canto sai pure che un'ennesima delusione sarebbe solo quella più dolce...

E allora,come ha detto qualcuno,addio giovinezza,benvenuta maturità...
Se mettermi in giacca e cravatta significa sentirmi, per un giorno solo,in pace col mondo,allora che giacca e cravatta siano...
Anche se,conciato in quel modo,faccio ancora fatica a vedermi...
 
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Cobain88
view post Posted on 15/3/2011, 03:30




Paura del buio.
Non ce l'ho mai avuta,in realtà.
A me il buio,più che fare paura,mi attirava.
E dopotutto,mi attira ancora.
Ed è l'unica spiegazione razionale che riesco a darmi alle sensazioni che provo in questo momento.

Avete presente quando siete soli in una stanza buia ed avete la sensazione che ci sia qualcuno,e vi girate a controllare? E pure avendo constatato che realmente non c'è nessuno,rimanete ancora convinti del contrario?
E' così che vivo.E mi sto girando pure adesso.

C'è questa cosa dentro di me,non so nemmeno come chiamarla.
A volte mi sembra rabbia,altre volte insoddisfazione,qualche volte ansia,la maggior parte delle volte,beh, è solo puzza di spirito adolescenziale.
Ma è' un tanfo che non mi abbandona,che tengo stretto con me perchè è parte stessa di me,una parte che dovrei imparare a lasciare andare ma con cui continuo a fare i conti.
Volontariamente.

E' quella parte di me che non accetterebbe mai compromessi.
E' quella parte di me che gode nel sentire i polmoni scoppiare la Domenica mattina.
E' quella parte di me che non vede l'ora di alzare il gomito,e chi se ne frega delle conseguenze.
E' quella parte di me che si esalta nel dolore fisico provocato da un concerto passato a pogare ininterrottamente.

Però,chissà perchè,è la parte di me che sento più viva.
Come se il pulsare del sangue nelle mie vene dipendesse solo dalla sua presenza.
Come se la capacità di esternare quello che provo fosse esclusivamente connessa ad essa.
Si potrebbe quasi dire che è lei a scrivere in questo momento.

E' per questo che ho paura.
Non ho paura del buio.Ho paura della luce.
Non ho paura dell'irrazionale.Ho paura del razionale.
Non ho paura di morire.O,almeno,ho più paura di vivere.
Ma soprattutto, ho paura di uccidere l'adolescente che è in me.

Perchè quel tipo lì,più che avere paura del buio,lo venerava.
Ed era a posto così.
Anzi,era giusto così.
 
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Toni Monroe
view post Posted on 16/4/2011, 06:59




(ore 7 e 20 circa)

Nel buongiorno c'è l'aria fredda di un mezz'aprile e decido che da troppo tempo non mi concedo la passeggiata fino alla fermata della metro, così rivolgo un cenno del capo, come saluto, al tram che sta arrivando e attraverso la strada senza più guardarlo. Il sabato si preannuncia sereno, quel tipo di serenità che non è legato a nulla, che è soltanto qualcosa di cui prender atto con vaga soddisfazione. Appena sceso dalla scala mobile sento la metro che sta per chiudere le porte per andarsene e sono sicuro che se corressi riuscirei a salirci; noto alcuni sguardi che vorrebbero quasi incoraggiarmi, pare che riuscire a prendere la metro mentre sta chiudendo le porte conferisca rispetto. Ma io so che via questa ne passerà un'altra e non mi alzo alle 5 e mezza per correre dietro a tram o metro. Fanculo a chi se ne va e sia lode a chi arriva.
Arrivo, senza lode (ma nemmeno con infamia) alla fermata dei bus e noto che stamattina io e i miei compagni di viaggio ci siamo disposti in vari angoli del mezzanino. Ci salutiamo con cenni del capo, sorrisi o gesti, secondo le abitudini di ognuno o del rapporto nato con ciascuno.
Quando siamo quasi all'ora x ci avviamo alla fermata, dove troveremo gli altri. Il bus ce lo porta uno dei veterani, lo ricordo con apprensione perché c'era lui nelle due occasioni in cui il bus si è guastato e siam dovuti scendere ad aspettarne un altro. Mi pare ne sia consapevole, perché non sostiene a lungo il mio sguardo.
Poco prima della partenza, con la scusa di controllare i documenti di viaggio, passa a salutarci uno dei controllori. Prima d'andar via ci augura buona giornata. Sì, anche a te. È un sabato sereno, anche se non c'è un perché.

O sarà che stan cominciando i Play Off NBA. Chissà. :)
 
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Toni Monroe
view post Posted on 15/5/2011, 12:46




I talenti spariti.

Non è detto che... parole, parole, parole in libertà. Come se fosse possibile o anche soltanto probabile (sia pure poco) che una ricerca condotta in modo approssimativo (e magari senza neanche sapere esattamente cosa si sta cercando) ci possa far approdare da qualche parte. Tipo prendere il mare con la vaga idea di arrivare in India facendo un altro giro e incontrare delle terre che nessuno conosceva. Nessuno tranne quelli che già ci stavano ma che avevan fatto a tempo a dimenticare d'esser venuti da altre parti.
E combattere con lo stile dell'arrugginito, di quello che ha avuto movimenti più fluidi, più belli -persino- da vedere ma che ora son macchinosi, lenti e talvolta anche solo accennati. Ma tanto non ci sono premi o castighi; non ci son posizioni da perdere, punti da difendere rispetto alla stagione precedente. E le stagioni iniziano a susseguirsi quando non hanno più la pazienza di stare al passo. Passo quando posso e mi spiace che non avvenga più così spesso ma son gli inconvenienti dell'esserci, dell'esserci in senso lato: per esserci ci siamo ma bisogna vedere dove e quando. Il come non è mai importato troppo. Per via della difficoltà di trovare una posizione unanime al riguardo.
E mi riguardo anche ma certe volte mi chiedo -nel rivedermi- se son davvero io, quello di ora, o se son davvero stato io quello di allora. Il trait d'union è l'assenza di risposte e trovo che sia confortante. Le risposte mi han sempre dato l'impressione della fine d'un percorso, una strada senza uscita anche quando son sbagliate. Meglio, al limite, se son sbagliate perché almeno puoi tornare indietro e cercare un'altra strada, una diversa risposta che ti consenta di proseguire nel viaggio. Le risposte son tutte momenti finali di cui il bisogno è soltanto sensazione illusoria. Il vero bisogno è rimanere in viaggio, continuare a cercare e vivere dentro la ricerca, diventando ricerca senza voler parere ricercati perché gli onori e gli oneri e tutto quel che è accessorio ti cade adddosso come ti cade addosso ma non è di accessori che abbiam bisogno adesso.
Il succo del discorso è quello che ottieni spremendo le parole, poi c'è chi lo tratta come un sommelier e si mette ad osservarlo, odorarlo, sorseggiarlo e cercarci dei retrogusti o l'afflato di per poi sostenere che sia barricato piuttosto che boh... mica sono un sommelier io.
Quello che so o non so lo metto in un angolo insieme alle vecchie scarpe di molti post fa. Per il momento avanzo a piedi nudi, assaggio il terreno e mi guardo le mani. Dopo il cuore credo siano la cosa più importante che ho. E in fondo non posso neanche escludere che io sia soltanto tutto quel che c'è attorno alle mie mani.
 
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Toni Monroe
view post Posted on 4/6/2011, 06:42




Pioggia. Aria densa, pesante. Una bambina dorme tra le braccia del padre, che cammina senza sforzo ma con amorevole attenzione, cercando di non fare movimenti che possano disturbare il sonno della piccola. Katie canta ispirata, quel genere di canzoni che mi piaceranno sempre, quelle dove chi canta pare conversare -sia pure in musica- con chi ascolta. Un vero e proprio scambio che rende felici di potervi prender parte.
Gli orologi per le strade sembrano indicare dei fusi orari tutti loro, sono completamente fuori sincronia per fascia oraria e minutaria. Ammesso che si possa dire minutaria. Scendo in metro mentre mi arrampico su una pianta di gelsi. Devo avere circa 6 anni e quella voglia di esplorare, arrampicarmi, sporcarmi (e rischiar di farmi male) tipica di quell'età. Un mio cugino mi porge il contenitore in cui dovremmo mettere i gelsi da portare a casa ma io sto cercando di lavarmi le dita arrossate dai frutti con la lingua. È una battaglia che non posso vincere ma non ci metto meno impegno per questo. Nel ritorno verso casa passiamo vicino ad una casupola in pietra, forse riparo estemporaneo di cacciatori o pastori. Entriamo a curiosare nel momento in cui passo dai tornelli al mezzanino della metro e non so come si potrebbe fare ma sarebbe da barattare il contenitore dei gelsi con uno degli ombrelli che vendono i nostri fratelli abusivi. Sarebbe più efficace che asciugarmi da questa pioggia con il sole delle campagne della mia infanzia.
La casupola è vuota, sporca, con una finestra che regala ombra grazie alla pianta rampicante che è cresciuta sulla parete esterna e da fuori non la rende nemmeno intuibile. Una giovane donna legge in piedi il suo libro, aspettando che apra il bar per fare colazione. Lo ha quasi finito, mancherà un terzo o meno. A quel punto credo che dalla casupola in campagna io e i miei cugini saremo già saliti sulla grande pianta di fichi. Con dei rami così grossi e curvi che ci possiamo camminare in posizione eretta. Il latte dei fichi mi rende appiccicose le dita arrossate e immagino che le zie a casa non saranno più entusiaste di quel ragazzo che ha appena perso il bus ma son cose che posson capitare.
Arrivo alla fermata del mio bus illeso ma col cuore che batte ancora forte dallo spavento per quel serpente che mi è passato -senza ritenere di dovermi mordere- sul piede mentre camminavamo verso casa. Ho avuto giusto il tempo di abbassare lo sguardo per capire cosa mi sfregasse contro la caviglia ed una striscia scura si è fatta per un attimo dubbio -mica l'avrò sognato?- tanto è stato rapido il suo passaggio e poi certezza, nel sentirlo frusciar via nella vegetazione. Mio cugino sentenzia: 'nenti cci fa, amuninni...' (non fa niente, nel senso di 'non importa' e di andare).
Salgo sul bus e prendo uno dei posti dotati di posto vuoto accanto. A guidare è uno dei veterani. Mi sistemo per bene e dopo essermi lavato dai resti di gelsi e fichi e paure, vado nel giardino sul retro; mi avvicino all'albero d'ulivo dove i miei zii tengono legato il loro volpino. Il piccolo ha gli occhi che ridono e abbaia festoso. Mia zia fa giusto in tempo ad abbaiarmi di non farlo che io ho sciolto il piccolo. Come premio ricevo un paio di morsi lievi, di quelli giocosi, e una quantità di leccate anche in salto che sembrano puntare alla mia bocca in modo deciso. Poi corre per tutto il giardino abbaiando la sua gioia. Seguo lo sguardo sconsolato di mia zia: sono di nuovo sporchissimo, di terra stavolta. Credo d'aver fatto una faccia buffa, perché mia zia si lascia sfuggire un sorriso rassegnato. Il piccolo mi porta rami e stracci per giocare, io gli sorrido benevolo. Sono quasi arrivato in ditta, la prossima fermata è la mia. E sono felice.
 
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Toni Monroe
view post Posted on 30/6/2011, 11:23




I vagoni della metro, al primo mattino, son pieni di quadri che cambian prospettiva di stazione in stazione. Chi dorme appoggiato ad un sostegno o all'indietro, dopo una fermata si può trovarlo intento a leggere un quotidiano della free press, un libro, o ad armeggiare con un telefonino. A dargli il cambio e dormire può essere quello che stava leggendo prima o che sembrava immerso in un dialogo infinito con un vicino di posto che non c'è più, e allora tanto vale dormirci su. Alcuni visi sono attenti, vigili, fanno spaziare lo sguardo e pensi che potresti anche interrogarli a sorpresa ma non riusciresti a prenderli alla sprovvista. Ti diranno chi dormiva e chi leggeva. Altri visi hanno quel grado di stanchezza che ti fa venir voglia di consigliare un po' di riposo. -Per oggi lascia perdere, dai, torna a casa a riposare...-
Nel mezzanino ci sono incontri, conciliaboli, libri e trattative coi venditori ambulanti. E attese. Si aspettano persone o che si faccia una certa ora. Si consultano orologi, telefonini, si fa un rapido inventario nelle tasche o nelle borse. Un'occhiata dentro al bar, tra i clienti al banco e quelli seduti, le ragazze che sistemano gli scaffali e i giocatori al videopoker mattutino. Poi di nuovo l'orologio. C'è un quotidiano della free press diverso in questa stazione, magari è il caso di sfogliarlo. E ci si dirige pigramente a prenderlo. Finché si fa l'ora convenuta e allora bisogna andare. Chi c'è c'è, chi ha scritto ha scritto.
Sul bus ci son donne con due borse e donne con una soltanto. Saranno scuole di pensiero contrapposte o solo esigenze diverse?
Gli indigeni non si parlan tutti tra loro, alcuni neanche si salutano. Gli stranieri metton su dei gruppi di dibattito anche quando non son paesani tra loro. Utilizzano l'idioma locale come lingua ponte. Xenofilia. Si parla così tanto del suo opposto, la Xenofobia, che quasi si dimentica (se non lo si ignora proprio) che esiste anche il piacere di accogliere.
Mentre viaggiamo a velocità sostenuta nello scorrevole traffico fuori città mi tornano in mente le tante biciclette in sosta fuori dalla stazione di lambrate e prendo nuovamente atto che le associazioni dei pensieri non rispondono ad alcuna logica. Si presentano, forse salutano educatamente, e fanno i loro comodi.

E provate a scrivere xenofilia con il t9 di un telefonino. Fino all'ultima lettera sarete convinti che esiste. Poi invece della a finale vi piazza una c. Xenofilic. Dall'est europeo, forse. Con cittadinanza a caso.
 
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Toni Monroe
view post Posted on 16/7/2011, 06:28




(ore 7 e 20 circa)

Il gigante che scrive

E' una di quelle persone che non ti fanno pesare l'altezza. Non credo di averci mai riflettuto prima però ci faccio caso ora: ci sono persone che vorrebbero guardare gli altri dall'alto in basso anche se non sono affatto più alti di coloro che li circondano, poi trovi quelli che alti alti lo son davvero e non puoi fargliene una colpa se ti costringono ad alzare la testa per rivolgerti a loro. Ma tra questi ce ne sono alcuni che hanno una postura, un modo di fare che somiglia tanto ad un voler andare incontro al prossimo. Sono più alti della media delle persone ma è solo un fatto accidentale e non voluto. A volte torna comodo, certo, ma come posson tornar comode tante cose, in base alle circostanze. Il gigante del nostro bus non è nemmeno il più alto che viaggia con noi perché c'è un africano, longilineo, che lo pareggia di sicuro. Tuttavia quest'uomo dell'est ha proprio la corporatura del gigante, come fosse un bonsai dei giganti della mitologia. E i suoi lineamenti lo collocherebbero tra i guerrieri di antichi eserciti o nei campi di qualche terra lontana, a combattere con quella terra per ottenerne in cambio qualcosa da mangiare. Forse anche in qualche combattimento clandestino che uomini senza scrupoli han sempre costretto a fare a svariati esseri viventi. Difficile, guardandolo, immaginarlo con vestiti di lusso, se non come macchietta. Difficile pretenderlo nobile al tempo dei cavalieri. Improbabile come studioso, immerso perennemente nei suoi studi. Perché? Non ha quel tipo d'aspetto. Viene più facile immaginarlo in faccende dove l'impiego del suo fisico ne giustifichi le dimensioni. Colpisce la gentilezza dei modi, l'imbarazzata dolcezza del suo sorriso e quello sguardo che a volte pare sognare posti lontani, forse migliori. Non sale sempre sulla corsa prima, spesso anzi rimane lì a vederla partire e capisci che prenderà quella successiva. Ieri mattina era seduto su uno di quei dissuasori fissi per i parcheggi che qui vengono comunemente chiamati panettoni. Stava seduto, ogni tanto si guardava attorno e poi riprendeva a scrivere. Scriveva, come piace ancora a me, come poi -in realtà- non faccio nemmeno più: con la penna, su un foglio di carta bianco. Dal mio posto posso vedere che il foglio, da tema avrei detto da ragazzino, è già abbastanza pieno di parole. Il gigante scrive... questo l'avremmo ipotizzato? No. Eppure non è che sia un'attività preclusa a qualcuno o riservata solo ad alcuni. Il gigante scrive e mi viene da chiedermi che tipo di scrittore sia. Un narratore? Un poeta? Forse è soltanto una lettera a casa, a parenti o amici del suo paese. Il racconto di fatti e sensazioni, la descrizione di una vita non più immaginata da un posto lontano ma vissuta sul posto. Gli amici trovati qui, il lavoro, la reazione delle persone alla vista degli stranieri o dei giganti come lui. Ed io penso che tanti vanno in giro cercando solo un varco per passare ma non vedono davvero ciò che li circonda. E quante cose -invece- vedo richiamate alla mente dal gigante quando alza la testa dal foglio, prima di tornare a scrivere. E credo che chi sa vedere un modo per raccontare riesce a trovarlo. Tra poco arriverà il bus, la consueta corsa unica del sabato, per l'ennesima gita fuori porta. Ma io il mio souvenir della giornata ce l'ho già: il ricordo di un gigante che scriveva.


Edited by Toni Monroe - 16/7/2011, 20:17
 
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Cobain88
view post Posted on 31/7/2011, 01:12




Sono giorni strani questi qui,giorni in cui finalmente,libero da pensieri universitari,posso tentare di mettere ordine nella mia testa,visto che ne ho un gran bisogno.
E scrivere è sempre stato uno dei miei modi per riflettere, per realizzare(nel senso di rendere reali) pensieri che, frugando nella mia testa senza uscirne,sono destinati ad appassire.

E' un pò che giro sul tubo,ascoltando spezzoni di discorsi cinematografici che tentano,chi più chi meno,di spiegare il senso della vita.E ne ho trovato anche qualcuno ben fatto,qualcuno che ancora ti fa venire voglia di combattere,di uscire lì fuori a testa alta e guardare il tuo nemico negli occhi,a fare a gara a chi è più stronzo(perdonate il termine).
Ma questo,tutto questo,purtroppo,non allevia questo senso di oppressione che ancora mi attanaglia.

Perchè diciamocelo:in fondo non c'è un perchè.
Essere scaraventati a questo mondo non è una scelta,semmai è una condanna emessa nel più vicino ospedale.
Il dove,poi,è alquanto aleatorio:"Tu sei nato qui perchè qui ti ha partorito una figa", diceva un poeta.
I parenti non li scegli.
Con gli amici hai l'impressione di poterlo fare, ma spesso fai scelte sbagliate. O meglio,per ogni 100 scelte sbagliate ne fai una buona.

Puoi scegliere la tua carriera.O meglio,potresti.Tanto in ogni caso finisci per essere più o meno sfruttato dal potente di turno.
Puoi scegliere una donna.Magari,farti scegliere.Ma io,sinceramente,ancora non ho capito come si fa.
Puoi scegliere la musica che ti piace.Ma stai certo che cambierà con gli anni.Cambierà con te,dopotutto.

E alla fine di tutto questo,semplicemente,saluterai tutti,preparerai una valigia spartana di ricordi(che ogni tanto riaprai per persone che non vorranno vedere cosa c'è dentro) e,quando sarai troppo stanco per disfarla,te ne andrai.

La vita non è questione di centimetri,è questione di attimi.
Più che una partita di football,la vedo come una gara di automobilismo.
E siamo tutti in gara.Fino alla bandiera a scacchi.
 
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Toni Monroe
view post Posted on 5/8/2011, 11:21




A volte credo che nella vita la complicazione riguardi il capire chi sei, che nella maggior parte dei casi non ha nullla a che fare con chi vorresti essere. Una volta capito e presa consapevolezza su chi si è, il resto o viene da sè o non conta un bel niente. Dipende da come si sceglie di vederla.
 
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Cobain88
view post Posted on 21/8/2011, 23:16




Crescere.
Ho sempre avuto un pò di timore reverenziale di questo vocabolo,non tanto per l'ineluttabilità della condizione che esplica,la quale dopotutto non è modificabile,ma per le conseguenze che accettare il fatto di dover crescere comporta.
E non che sia uno a cui fanno paura i cambiamenti,anzi....

Purtroppo però,non so...è come se in quest'ultimo periodo mi stia troppo reggendo sul passato,anzi peggio,come se stessi tentando di allontanare il momento in cui dovrò accettare di crescere,vivendo nel frattempo,per mezzo di altri per i quali quel passato è presente progressivo....
Cazzo,lo sai che quel passato non c'è più e che in definitiva non tornerà...ma te ne fotti,dimenticando intanto tutti i suoi aspetti negativi e concentrandosi solo su quelli positivi,se mai ubriacarsi e fare baldoria possa essere considerato positivo...
E' un pò come autoconvincersi che,in fondo, "si stava meglio quando si stava peggio"...e,pur nella convinzione che in fondo hai fatto tutto quello che si poteva e doveva forse fare...ti accorgi che c'è qualcosa che ancora ti manca...

Come quando ascolti canzoni che sembrano uscite ieri e ti accorgi che sono passati 10 anni dalla loro uscita...

Come quando ti ritrovi a parlare con due amici,con cui avrai litigato almeno un milione di volte e che non vedi da una vita,e riscopri quel calore che alla fine è tuo,e che nessuno ti porterà via,ben sapendo che potresti non rivederli per altri 10,100,1000 anni...

Come quando sai che,sebbene sia solo uno scambio di cortesie e che basterebbe un misero sms,Romeo il 26 agosto chiamerà la sua Giulietta,dicendole "ci vediamo presto,dai"...e intanto sono 4 anni che non la vedi...

Se è finito il tempo delle mele,onestamente,non lo so e non lo voglio sapere.
Ma se avete una cura per farmi crescere,indicatemi pure quale dottore me la può prescrivere.
O,magari,come direbbe Travis Bickle,è solo che se sei convinto di stare male,alla fine stai male per forza.
 
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50 replies since 8/10/2010, 19:50   628 views
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