| La storia. Chi vince scrive. Cinicamente.
E se devo sputtanarmi del tutto in un’analisi tecnica, beh, pazienza.
Ho guardato le sette gare nella quiete della notte. Tifo Boston da sempre. In tutti gli sport. Anche nella maratona.
Garauno. Che sfiga! Certo, avrebbero potuto perdere all’OT. Ma se i Bruins avessero vinto garauno, secondo me, arrivava la scopa. Una manciata di secondi dalla fine, con un gol partito sul filo della linea blu. Senza neppure il tempo di pensare ad un recupero. Ma c’è qualcosa che disturba nell’atteggiamento dei Canucks, quel voler cercare la penalità anche dove non esiste. I Bruins sono una squadra fisica, Vancouver ha, probabilmente, più talento. Non che l’hockey non sia un gioco fisico. Il basket è più ballerino. L’hockey è più pugilato. Il basket è spesso scherma. L’hockey è rugby sui pattini. Quindi c'è speranza. La speranza nasce, appunto, da tre fattori: dalle parate di Tim Thomas, da questa superiorità fisica che, alla lunga, paga e dal gioco nei primi due periodi in cui sono stati ampiamente in partita, mentre i talentuosi Canucks avrebbero dovuto spazzarli via, secondo tutti gli esperti. E poi Alex Burrows. Ma che roba è? La NHL guarda ed acconsente. E sbaglia. Chi vince garauno vince la coppa il 77% delle volte.
Garadue. Alex Burrows decisivo. Hanno perso all’OT. Ma Claude Julien ha detto: “Nessuna scusa, la NHL decide le sospensioni”. Partita ancora una volta equilibrata. Molto equilibrata. Escono da Vancouver sotto 2-0. Ma la serie è ancora lunga. I Canucks sembrano aver scampato un pericolo. I Bruins sono pronti come non mai. C’è il Garden. Boston caldissima che aspetta. Erano sotto con i Canadiens, e la loro storia di rimonte, in questi playoffs, è dovuta partire da Montreal, dal salotto del nemico. Quindi…
Garatre. Aaron Rome decide di far fuori Nathan Horton. Siamo ancora sullo 0-0 di una partita tesa. Esce la barella, Nathan Horton immobilizzato. Da quel momento i Bruins segneranno 21 gol, i Canucks 3 (due nel tempo spazzatura ed uno nell’unica incertezza – forse – di Tim Thomas nell’ultimo mese). One word. Demolition.
Garaquattro Tim Thomas fa scendere il silenzio sull’attacco canadese. I bastoni dei Bruins rullano sui tamburi. Altro bombardamento. Ad un certo punto i Canucks rinunciano. Al posto di Nathan Horton c’è Shawn Thornton, che fa pure rima. Ma che soprattutto si fa sentire sulle ossa di Vancouver. Tra sospensioni, infortuni e lamentele, la coperta incomincia ad essere corta per i Canucks.
Garaciqnue Terza vittoria casalinga dei Canucks con un gol di scarto su tre partite. Tim Thomas, che gioca “alto” nella sua area azzurra viene beffato da Maxim Lapierre. Luongo commenta: “Io l’avrei parato”. Boh, hai appena subito 12 gol, ne subirai altri 9. Se lo dici tu. Tim Thomas e Claude Julien non replicano. “Ognuno ha il diritto alle sue opinioni”. Si torna a Boston. E non esiste che non si vada a Garasette.
Garasei Vancouver poteva mandare i figli dei giocatori. A Boston si respira profumo di coppa. Momentum, se esiste, tutto per i Bruins. Brad Marchand gigantesco. Canucks che odiano dover ritornare a casa senza coppa e con un’altra partita da giocare. Poi Sedin garantisce che vinceranno, poi smentisce che vinceranno, poi dice che voleva dire che… “Sono Chara-mente in confusione”
Garasette Per fortuna è una giornata di lavoro, la mente occupata dalle 7 alle 19. Poi sale l’attesa. Garasette della Stanley Cup. Come nei film. Ci sarà l’eclissi di luna. Come quando vinsero i Red Sox dopo 86 anni. I Canucks pretendono di essere interessati. I Bruins non si fanno spostare. Impongono il loro gioco. Puck profondo, senza paura, cercare il buco libero. Brad Marchand si porta a spasso la difesa e Patrice Bergeron infila l’1-0. Ancora Marchand che fa uno slalom e colpisce la traversa. Marchand che gira attorno alla gabbia e avvolge dentro il puck per il 2-0. E poi Bergeron – sotto numero – che porta in goal difensore, portiere, puck e mezza Vancouver, 3-0. Il goal che chiude la notte. Marchand farà quattro a porta vuota. Mark Recchi, a 43 anni, vince la sua terza coppa.
Boston Bruins 2011: è Stanley Cup.
Zdeno Chara e Tim Thomas guidano una squadra che abbraccia due continenti. Repubblica Ceca, Finlandia, Germania, tanto Canada e Stati Uniti.
Telefona un tifoso alla radio di Boston, WEEI: “Li guardo da tanti anni, sul canale 38, da quando il segnale era così debole che c’era la neve sullo schermo…”
È il titolo numero 35 della città. L’ottavo in questo brevissimo scorcio di Terzo Millennio.
Un’altra lunga siccità è finita, 39 anni. BELIEVE!
Oggi a Boston i “nonni” sono i Patriots che non vincono dal lontanissimo febbraio 2005.
Boston Bruins 2011: è Stanley Cup.
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