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Naufraghi @forumfree1.0, Il topic transitorio

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Toni Monroe
view post Posted on 8/10/2010, 21:58




Intanto arrediamoci questo luogo, affinché somigli alla vecchia casa. Poi si vedrà. SanDo(c g)gat, io ci metto una cosetta ma il mattatore di questo topic rimani tu. :novotny:



La fiera delle parole usate. Per tutti quelli che non hanno pretese di attualità o che non hanno timore di utilizzar parole dall'aspetto -indiscutibilmente- vissuto, la fiera delle parole usate è il posto dove andare a farsi un giro. E comunque non è da escludere a priori che ci si possano trovar parole in buono stato; una volta ripulite, scandite nel modo giusto, chi potrebbe affermare che non siano state prese in un corso di studi, in una biblioteca? Col vantaggio di tornare a quel rapporto umano, a quello scambio di cultura, sensazioni, emozioni che con i venditori della fiera è ancora possibile; gente semplice che ha piacere di conversare con gli avventori prima ancora che interesse a vendere. Invece nei luoghi che al giorno d'oggi son deputati al commercio delle parole c'è una professionalità asettica, sterile, che non lascia soddisfatti. Non tutti. Certo alcune parole potranno aver perso un po' di consistenza, potrà capitare che alcune lettere o sillabe che le compongono siano rovinate (nulla che un buon esercizio di dizione non possa correggere, volendo) ma considerando il prezzo vantaggioso a cui si trovano ne val comunque la pena. Senza dimenticare che l'eleganza non ha a che vedere necessariamente coi luoghi dove prendi le cose che indossi o col costo che possono avere ma riguarda il modo in cui le indossi, come ricadono sulla tua figura. La fiera delle parole usate, ne troverete in ogni paese, in ogni città (anche all'estero), se vi capita fateci un salto. Tanto siete voi a dover valere qualcosa, non il vostro vocabolario. La seconda cosa è conseguenza della prima, non date retta a chi vi dice il contrario. Se certe parole in bocca a voi vi faran sembrare goffi pensate davvero che farà differenza il posto dove le avrete prese? Non è una griffe a conferirvi autorevolezza. Al limite dovrete imparare a parlare prima di andare a cercare il luogo dove procurarvi le giuste parole. Senza una proprietà di linguaggio riuscirete soltanto a mettere assieme dei mosaici, composti magari anche da pezzi che presi singolarmente sarebbero -pure- di pregio ma che non si dovrebbero mai accostare perché creano un insieme ridicolo. Come mettere un cappello in testa a un asino..
 
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Paperone84
view post Posted on 9/10/2010, 00:43




daje Toni, ma soprattutto daje doc :fischio:
 
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Sandogat
view post Posted on 9/10/2010, 13:14






Oddio, avevo ripostato tutto ed ero arrivato alla conclusione, ma non vedo più nulla! Qualcuno di voi riesce a leggere?
Se no riprovo.

Il velocista più pistola del west
1. Introduzione
a. Aria di casa - preludio
b. Tombe e tombini – ove si fa conoscenza di Claudio Pediconi e si scopre come è finito a Tuscania
c. Rimembranze – in cui Claudio ricorda avvenimenti passati
2. Tuscania
a. Arrivo – dove il nostro trova un’accoglienza freddina da parte delle persone con cui dovrebbe collaborare
b. Due passi per Tuscania – Dove il nostro trova dove abitare nel periodo della sua permanenza e fa qualche conoscenza
c. Sorpresa – Ma che ci fa tutta questa polizia?
3. Orrore
a. Una scoperta poco piacevole – dove il nostro scopre un cadavere
b. Polizia – dove si conosce la coppia responsabile delle indagini
c. Voci – dove tutta la cittadinanza parla di quanto avvenuto
4. Interludio
a. Lavoro – In fin dei conti se il nostro è a Tuscania è per lavorare
b. Nuove voci – dove il nostro approfondisce alcune conoscenze
c. Nuovo orrore – dove viene effettuata un’altra scoperta spiacevole
5. Terrore
a. Indagini – dove la coppia di poliziotti agisce molto
b. Perplessità – dove per il nostro l’aria inizia a farsi pesante
c. Svolta – dove viene rinvenuto uno dei due poliziotti
6. Azione
a. Rastrellamento – dove la polizia mette in campo uno spiegamento di forze notevole ed il nostro non può che attendere
b. Nessuna nuova, buona nuova – dove nulla accade, ma a nessuno dispiace
c. Cattive nuove – dove una novità spiacevole c’è
7. Conclusione
a. Sospetto – dove il nostro fatica a difendersi
b. Rivelazione – dove i fili si snodano
c. Conclusione

1) INTRODUZIONE
A) Aria di casa

Che accidenti di caldo! Gli avevano detto che in campagna si soffre meno, la temperatura è più bassa, tira vento, la notte si dorme bene. Accidenti a loro, 38 gradi centigradi, li avrebbe legati ad un lampione nella piazza principale del paese, in pieno sole, per qualche ora. Anzi, qualche giorno. Anzi, qualche settimana. Accidenti, vai a Tuscania, cittadina tranquilla, non succede mai niente, però si vive bene, non c’è inquinamento e c’è un clima eccezionale, come sempre, d’altronde, se sei in campagna. Accidenti, 38 gradi, ed il suo capo che lo spediva in giro nel pomeriggio, tutto vestito di nero. Come sua moglie, quell’estate, che gli aveva imposto quindici giorni sull’adriatico. Ma come, io lavoro ad un passo dal Tirreno e mi mandi sull’Adriatico? E poi, appena arrivati a Senigallia, nella tarda mattinata, c’erano 40 gradi, come sulla tangenziale di Roma, un’umidità degna della doccia di casa ed un vento imponente. Gli aveva detto sua moglie che nelle Marche c’era sempre vento, un venticello fresco che ti rigenera. Forse a gennaio c’era un venticello fresco, a luglio in quindici giorni aveva sentito solo un accidenti di vento caldo che gli faceva grondare di sudore i peli delle gambe e del petto e gli copriva di sabbia la macchina. Ed ora, appena tornato a Tuscania, 38 gradi, neanche un filo d’aria ed il servizio in centro. A Roma, lui viveva bene a Roma, accidenti, l’aria condizionata accesa tutto il giorno e la sera in giro a Trastevere. Qui invece c’era la stessa temperatura, lo stesso caldo asfissiante, niente aria condizionata perché la gente dice “Con i muri spessi l’aria condizionata non serve”; non serve un tubo, un accidente che se li porti; non servirà il primo giorno di caldo, ma dopo due mesi sopra i trenta, accidenti, ci si scioglieva anche nelle cantine. E pensare che lui da ragazzo aveva trascorso tutte le estati in città: caldo, ma tanto in agosto fa caldo dovunque, anche in quegli accidenti di posti in cui la gente come arriva dice “come si sta bene!”, poi guardi la colonnina del termometro e leggi 37 anziché 38, in ogni modo Roma, in agosto, è la città più bella del mondo, sei tranquillo, fai quel che ti pare, niente traffico che ti ammazza!
Invece in questo accidenti di posto! Settemila anime o poco più, un cinema, qualche bar e poi basta, la sera o giochi a briscola, o guardi Panariello in televisione o muori di pizzichi! “Ma la sera dormi bene”, diceva sua moglie. Dormi bene si, t’annoi tutto il giorno, la sera ti ritrovi con due palle tali che dormi per disperazione! Aveva anche pensato di trasferirsi a Viterbo e fare il pendolare, ma sua moglie, precedendolo, aveva insistito per comprare casa a Marta, sul lago di Bolsena, che è un posto così tranquillo, così fresco, non c’è confusione, inquinamento, lì ritrovi te stesso! Quando, in risposta, le aveva detto dove poteva andare e per ritrovare cosa, sua moglie gli aveva tenuto il broncio per una settimana. Aveva dovuto pranzare con tramezzini, cenare con pizze al piatto e portare le camicie in lavanderia, ma almeno il discorso Marta non era stato più tirato fuori.
Mentre il brigadiere dell’arma dei carabinieri Fulgenzio Petronillo si aggirava attorno al palazzo del comune, le sue riflessioni vennero interrotte bruscamente; senti infatti delle urla in lontananza. Si voltò e vide dei bambini che correvano ed una signora corpulenta completamente fuori di se. Raggiunse il gruppetto più in fretta che poteva, nelle stradina che andava verso la chiesa di Santa Maria, e tentò di farsi spiegare cosa stava succedendo.
Fu presto chiaro che non solo la sua speranza di trarre da quelle persone una qualunque parvenza di discorso coerente era una pia illusione, ma anche che non sarebbe riuscito neanche a modulare i suoni che uscivano da quelle bocche. Un pensiero che lo colse fu quello che quelle urla sembravano proprio i suoni che aveva sentito a quel concerto di musica dodeco qualcosa (forse cacofonica?) cui l’aveva trascinato una volta sua moglie, un concerto diretto da un certo Luciano, che di cognome faceva forse Mario, oppure Lario, oppure Berio, comunque una vaccata dove l’aveva trascinato la moglie che da buona maestra elementare trascorreva le giornate tentando di elevare culturalmente il marito, scassandogli le scatole anziché lasciarlo tranquillo a farsi i fatti propri.
Ben presto il Brigadiere Petronillo fu strappato anche a queste riflessioni da uno dei due bambini che lo strattonò verso un folto cespuglio al bordo della strada. Se il Brigadiere Petronillo aveva appena sentito una seppur vaga simpatia per la sua professione, per la campagna laziale, per la cittadina in cui operava, ogni traccia di questa simpatia gli uscì dallo stomaco insieme agli ultimi tre o quattrocento pasti che aveva effettuato non appena vide ciò che quel bambino gli mostrava.



B) Tombe e tombini
L’uomo era seduto nella morbida poltrona di pelle in un atteggiamento che denotava una profonda riflessione. Nel mezzo della sua fronte alta e liscia, la sua pelle morbida come quella di un adolescente (o tirata come quella di una star televisiva cinquantenne) si increspava in una ruga verticale, per altro l’unica che appariva su quel viso abbronzato e sbarbato. Le sue mani, lunghe, affusolate e perfettamente curate, quando non si univano davanti al bottone della polo azzurra di seta, andavano a ravvivare i capelli, lunghi il giusto per esaltare il vezzoso sale e pepe delle tempie senza apparire ribelli o disordinati, i polsi, che evidentemente pativano la mancanza di un paio di gemelli ma si lasciavano consolare da un cronografo Rolex in acciaio e oro, tradivano una leggera tensione, le gambe, i cui muscoli atletici erano troppo definiti per essere figli di una vita all’aria aperta, ma evidentemente dovevano la loro tonicità ad ore di palestra, si accavallavano continuamente, gualcendo i pantaloni sportivi di lino e mettevano in evidenza l’unico paio di scarpe da barca fatte su misura che si fossero viste a Volterra da anni.
Il più cauto uomo dietro la scrivania, vestito di un sobrio completo di fresco lana grigio scuro, camicia bianca aperta e privo di fronzoli fantasiosi o costosi, rivolo di sudore che scendeva nella fronte sfidando l’aria condizionata, premette un tasto del telefono.
“Signorina, è arrivato?”
“Si, proprio ora. Lo faccio entrare?”
“Si si, lo faccia entrare subito.”
La porta si aprì ed entrò un giovane uomo vestito in jeans e polo, occhiali neri rotondi, capelli con un taglio a metà strada fra quelli di un attore americano e quelli di uno che da qualche tempo dimentica di andare dal barbiere.
“Carissimo architetto Pediconi, prego, si accomodi, quale piacere.”
“Avvocato Amedei, buon giorno, credo che il suo ospite sia il suo cliente, il dottor Barberini, o mi sbaglio?”
“No, non sbaglia. Piacere, Ascanio Barberini.”
“Piacere, Claudio Pediconi”
“Mi permetto” introdusse l’avvocato “Il dottor Barberini voleva incontrarla perché è convinto che quello che bloccano il nostro progetto siano solo lievi incomprensioni, in quanto la nostra intenzione è quella di rispettare, conservare e valorizzare al meglio le vestigia di quel passato che rappresenta la nostra più grande ricchezza. Valorizzazione, questa è la parola chiave, affinché la memoria del nostro passato non vada persa ma, al contrario resti salda nella nostra cultura.”
“Scusi, ma mi sta parlando di un albergo con annesso parco dei divertimenti vicino a delle rovine romane… quale sarebbe la valorizzazione della memoria del passato?”
“Ma no, architetto… prima di tutto la maggioranza delle attrazioni riguarderanno appunto l’antica Roma, poi costituiremo un museo dove i visitatori possano ammirare le vestigia del passato!”
“Quelle che rimuoverete?”
“Ma no, architetto - intervenne per la prima volta l’azzimato imprenditore - ma no… nostro primario interesse è valorizzarle queste vestigia… fra l’altro mi piacerebbe mostrarle tutti i progetti che stiamo realizzando per chiederle dei consigli. Risulta agevole comprendere come lei sia competente ed appassionato del suo lavoro, lei è sicuramente la persona giusta per indirizzarci verso la strada migliore per realizzare dei progetti che possano dimostrarsi efficaci nella migliore valorizzazione di ciò che i nostri antenati hanno realizzato.”
“La ringrazio, ma…”
“Caro architetto, lei inoltre potrebbe suggerirci anche delle strade più rapide per l’approvazione dei nostri progetti, facilitando molto il nostro lavoro. Questa attività ovviamente dovrebbe essere ricompensata, e ben generosamente,”
Ecco il punto. Si era arrivati al motivo di quell’incontro. Claudio Pediconi iniziò a sudare, si allargò il colletto, farfugliò qualcosa, poi, in preda al panico, si allontanò prima possibile con una scusa pietosa.
Quando il coraggio difetta, difficile trovare una via e seguirla. Impensabile una denuncia, impensabile prendere il denaro, impensabile lottare contro il famoso imprenditore ma anche assecondarlo, in entrambi i casi i rischi sarebbero stati eccessivi. Solo una strada era possibile: chiedere il trasferimento in una diversa sede ed un incarico differente. Quella era l’unica strada possibile. Magari una bella sede sul mare, non lontano da Roma…


C) Rimembranze
La vita di Claudio era sempre trascorsa al riparo dalle grandi scelte. La scelta della facoltà di architettura era stata dovuta ad una passione giovanile, unita al fatto che lo zio paterno fosse il titolare di una impresa di costruzioni dove pensava di poter lavorare. I risultati, come quelli precedenti, d'altra parte, erano stati buoni senza mai essere eccellenti.
All'Università di Roma aveva però finalmente creato quel gruppo fisso di amici che non aveva avuto in precedenza. Per anni Claudio era uscito e si era sentito con dei compagni di classe con cui non era mai davvero entrato in sintonia, era sempre stato quasi un intruso accettato più per mancanza di reali pretesti per escluderlo per per convinzione, ed infatti era sempre il bersagli degli scherzi più pesanti e crudeli. Aveva avuto qualche breve storia d'amore con qualche ragazza, ma sempre rapide, fuggenti, mai davvero coinvolgenti.
All'università invece aveva conosciuto Luca, Martina, Matteo e Giulia, si vedevano sempre, studiavano insieme, sostenevano gli esami insieme, uscivano insieme, andavano in vacanza insieme, erano un gruppo indissolubile. Poi Luca e Martina avevano scoperto, come nessuno si aspettava ma tutti avrebbero dovuto attendersi, di amarsi, avevano continuato a frequentare gli amici, ma non più con la costanza di prima. Matteo, Claudio e Giulia erano diventati un terzetto, con Matteo e Claudio innamorati di Giulia, mentre nessuno dei due si dichiarava per pura di scoprire che lei preferiva l'altro.
Nel frattempo gli esami venivano superati, la laurea si avvicinava, occorreva iniziare a pensare al domani. Per i tre amici sembrava la scelta più evidente quella di creare uno studio associato. Intanto però strinsero una certo rapporto con uno dei professori, che sembrava apprezzare il loro brio, la loro freschezza, forse la sollecitudine con cui svolgevano i compiti assegnati loro, anche quelli più umili, ed il fatto che non lesinassero complimenti ed attenzioni per il cattedratico. Iniziarono quindi ad essere assistenti universitari, cosa che fa sempre un'ottima figura in un curriculum vitae. Però iniziarono anche i primi problemi fra i tre amici. Matteo aveva dei genitori piuttosto benestanti, conobbe alcuni direttori di riviste e, dietro la garanzia dell'acquisto di pagine pubblicitarie, riuscì ad effettuare molte più pubblicazioni, inoltre presto divenne chiaro che lui era il prediletto del professore, lui sarebbe stato il prescelto per la carriera accademica.
Così avvenne.
I tre si laurearono nello stesso periodo, ma Matteo ebbe il voto più alto, presto divenne ricercatore ed iniziò ad accumulare pubblicazioni per avere un contratto stabile con l'università.
Lo studio associato nel frattempo stava per partire, Matteo chiarì presto con Claudio e Giulia che lui avrebbe avuto poco tempo da dedicargli, ma i suoi genitori erano proprietari di un appartamento idoneo per collocarvi lo studio e la sua posizione all'università avrebbe potuto portare molto lavoro, quindi avrebbe avuto piacere a costituire lo stesso la società.
Claudio e Giulia non risposero subito, presero tempo ed iniziarono a frequentare tutti i concorsi possibili ed immaginabili. Claudio vinse un concorso per una assunzione alla Sovrintendenza alle Belle Arti, mentre Giulia andò a lavorare per la regione Liguria. Da Roma a Genova i chilometri sono tanti, così Claudio decise di provare a dichiararsi. Fu allora che scoprì che Giulia lo considerava un ottimo amico e nulla più.
Almeno le prospettive di carriera nella Sovrintendenza di Roma sembravano buone: gli incarichi ricevuti erano appetibili, Claudio intesseva buone relazioni, forte delle esperienze vissute, anche lo stipendio non era da disprezzare.
Ora però anche quello sembrava finire. Via dalla Sovrintendenza di Roma, trasferimento a Viterbo, assegnazione dell'incarico di esaminare alcuni palazzi di Tuscania, per valutarne le necessità e garantirne la conservazione; per un periodo di tempo avrebbe dovuto trattenersi li per valutare e relazionare. C'era anche un palazzo da esaminare con attenzione, la residenza di campagna in cui trascorse la sua vita un poeta dialettale che scriveva poesie romanesche ed una volta vi aveva soggiornato addirittura Garibaldi in una delle sue peregrinazioni.
Dalla protezione del porto di Ostia antica ad una villetta di campagna dove un perditempo nullafacente scriveva corbellerie in dialetto. Anche la carriera andava a farsi benedire, chissà che almeno non ne derivasse un buon ritiro, nel quale con tranquillità ripararsi dai rischi e dalle avverse fortune. Chissà che Claudio non avesse trovato la sua fortuna.






2) TUSCANIA
A) Arrivo
Quel giorno Tuscania tutto sembrava, ma non un buon ritiro. Il caldo era asfissiante, una foschia umida ed avvolgente saliva dalle vallate sottostanti, l'umidità attaccava i vestiti alla pelle. Per arrivare da Roma con la sua utilitaria Claudio impiegò parecchio tempo, a causa del traffico e, nonostante l'aria condizionata, sudò molto. La Via Aurelia era coperta da un serpente di automobili in fila che si muovevano lentamente, ed allontanandosi da Roma le cose migliorarono solo in parte. Poi a Tarquinia Claudio svoltò verso l'interno, allontanandosi dal Mar Tirreno, seguendo il letto del fiume Marta, su per colline sempre più ripide, costeggiando burroni non profondi ma comunque minacciosi. Alcune colline erano brulle e coperte solo da erba e sterpaglie, altre, magari vicinissime alle prime, erano nascoste da una fitta boscaglia verde scuro, senza una regola apparente. Allo stesso modo si susseguivano aree coltivate apparentemente fertili, zone destinate a vigneti ed uliveti, più uliveti che vigneti in verità, e zone dove si poteva praticare solo la pastorizia, con distese di erba bruciata dal sole. Tuscania non fece a Claudio una grande impressione, apparve all'improvviso, in quanto la strada correva per il fondo di una gola fra due ripide colline, e la prima cosa che si mostrava agli occhi dell'autista erano una serie di casupole basse, tutte attaccate, tutte uguali, scatolotti di cemento e tufo, quasi senza marciapiede e senza spazi per posteggiare, con la strada che, pur potendo correre diritta, per oscuri motivi era disegnata con strani attorcigliamenti e curve fra le serie di case. Il centro storico per fortuna sembrava indenne da quella edilizia anni '50, forse grazie ad un terremoto che lo aveva devastato nel 1971, ma le antiche e troneggianti mura si levavano su una serie di parcheggi, fra camion di venditori di porchetta e bibite, fiorai e fruttivendoli. Parcheggiò fuori dalle mura, si fermò un momento ad osservare la solida porta medioevale, Porta San Marco, che si apriva sull'imponente cinta muraria, quindi affrontò la via principale, che correva più o meno diritta per tutta la lunghezza della città vecchia, fra palazzi non molto alti di epoca rinascimentale e barocca, tutti con un'aria vagamente sbrecciata data dalla profusione di tufi ed argilla. Attraversò tutto il paese, si permise un caffè in un bar in piazza San Giuseppe, la prima e più spaziosa piazza che trovò nel suo cammino, arrivò dalla parte opposta delle mura, dov'era la bella chiesa romanica dei Santissimi Martiri e, di fronte, il comune. Avrebbe dovuto trascorrere a Tuscania un paio di settimane per effettuare una valutazione dei restauri necessari, forse quella zona del viterbese sarebbe diventata la sua destinazione definitiva, tanto valeva iniziare parlando con i tecnici comunali e con qualche assessore, era inutile farsi nemici quando si poteva evitare e collaborare. Perchè mai Claudio avrebbe dovuto far fatica a vuoto?
In realtà una certa fatica l'attendeva.
Parlò con il segretario comunale, tal Cesare Ceccarini, il quale però si limitò a spiegargli che a lui queste cose non competevano e lo indirizzò dall'assessore al turismo, tal Guido Monaci, un medico generico, che stava effettuando un giro di visite, venne raggiunto con il telefono cellulare, diede un appuntamento a Claudio per il giorno dopo, ma lo indirizzò ad un tecnico comunale, un architetto che la mattina lavorava come tecnico per vari comuni ed il pomeriggio aveva un suo studio professionale, tal Piergiorgio Marini. L'architetto fu apparentemente felice di parlare con un collega, ed accolse calorosamente Claudio.
“Caro Architetto Pediconi...”
“Architetto Marini, felice di conoscerla!”
“Suvvia, fra colleghi diamoci del tu!”
“Felicissimo, ma colleghi non direi, io non ho mai lavorato in uno studio professionale!”
“Colleghi di Università, e poi entrambi siamo dipendenti pubblici!”
“In effetti... ma tornando a noi, cosa mi dici della conservazione dei beni culturali in questa città?”
“Città... paesotto, direi. Comunque è una lotta difficile, qui è bello l'insieme del centro storico, non abbiamo un capolavoro, e poi è una continua lotta contro la facilità a sbriciolarsi dei tufi e delle argille che costituiscono la principale materia con cui è costruito questo paese... anche le tombe etrusche sono belle, si, ma non famose come quelle di Tarquinia, Cerveteri o Volterra!”
“Delle tombe etrusche so molto, abbiamo una documentazione enorme, e poi c'è un settore dedicato di cui non faccio parte. Venendo da Roma, conosco bene reperti romani, che però qui non abbondano, e palazzi rinascimentali e barocchi, che invece ci sono.”
“Certo. Il centro storico è tutto di quell'epoca, fatte salve le chiese romaniche. Le darò tutta la documentazione relativa che abbiamo, e se vuole la posso accompagnare ad effettuare dei sopralluoghi. Poi ci sono anche delle nuove richieste di protezione.”
“Nuove richieste?”
“Si... un palazzo in centro, ed una villa appena fuori Tuscania, che sarebbe la residenza patronale di una enorme azienda agricola, che ha immensi pascoli, uliveti, vigneti, seminativo, persino dei laghetti, ora poi hanno istallato molti pannelli fotovoltaici, una vera e propria piccola centrale elettrica, e stanno realizzando un impianto a biomasse agricole...”
“Si, ma perchè parla a me di biomasse agricole? Io lavoro alla sovrintendenza alle belle arti, non al ministero dell'agricoltura o all'ENEL... mica avranno richiesto il vincolo della sovrintendenza per un inceneritore?”
“Bhè, è avveniristico, sa, è realizzato con le più moderne accortezze...”
“Si, ma non vorrete farci vincolare un inceneritore?”
“No... certo che no! La villa patronale inizialmente è stata realizzata su progetto del Sangallo, poi è stata rimaneggiata, certo, e nella seconda metà del XIX secolo ci ha vissuto un noto poeta vernacolare, Giuseppe Gioacchino...”
“Giuseppe Gioacchino Belli?”
“No, Giuseppe Gioacchino De Portella Ruberto, notissimo in questa zona. Non l'ha mai sentito?”
“No. Cosa ha scritto?”
“Opere celeberrime in questa zona. L'ode all'acquavite, Succo d'innocente, Il vino e il gargarozzo, Io e la mia bottiglia...”
“Insomma si ubriacava e poi scriveva!”
“Ma te sei un vero comico, hai mai pensato al cabaret?”
“Scherzi? Sono una delle stelle del Puff!”
“Ma davvero?”
“No.”
“Che simpatico! L'ho detto, un cabarettista! In ogni caso i proprietari sono dei miei lontani parenti, te li presenterò.”
“Si, ma io non decido certo quali immobili saranno vincolati, inutile che mi presenti..”
“Ma che hai capito? Miei lontani parenti, ma a me non me ne importa un accidenti. E poi stanno realizzando una residenza per turisti, se il vincolo dovesse arrivare fra qualche mese sarebbero tutti più contenti!”
“Ma i vincoli mica si fanno a comando!”
“Lo so, ma come ti ho detto io non c'entro nulla. Comunque quanto resterai? Ripartirai subito oppure starai con noi per un poco?”
“Mi fermerò per un paio di settimane.”
“Allora perchè non ti fermi a dormire in quella residenza? Sarebbe...”
“Grazie, mi ho prenotato una pensione in centro.”
“A, e quale?”
“Non me lo ricordo, ma tanto dovrò ripassare domani e te lo dirò. Ma ora devo proprio andare, ci vediamo domani!”
Claudio uscì dall'ufficio di Piergiorgio tirando un sospiro di sollievo. Non solo era un autentico logorroico, ma era anche insistente e fastidioso. E per ora era l'unica persona che conoscesse a Tuscania.
Però ora doveva assolutamente trovare un posto per dormire. In realtà non aveva nemmeno la più pallida idea di quali fossero gli alberghi a Tuscania, ma in ogni caso doveva stare attento con i costi, il rimborso giornaliero della sovrintendenza non era certo ricco. Claudio provò a chiedere consiglio al segretario comunale, che però gli rispose che lui dormiva solo a casa propria, non aveva mai avuto modo di provare gli alberghi locali.
Provò allora con l'usciere che era all'ingresso.
“Scusi un consiglio, ho bisogno di un albergo economico per trascorrere qualche notte qui a Tuscania...”
“Ed immagino che lei si senta molto solo... io posso suggerirle un locale in aperta campagna, dove non la disturberà nessuno. Ci sono delle ragazze eccezionali, le cambiano tutte le settimane...”
“Non ci siamo capiti. A me serve un posto per dormire, ci devo restare un paio di settimane!”
“Ah, ho capito. Però non si preoccupi, le indico un bel posto riservato, dove può portare tutte le ragazze che vorrà...”
“Senta, lasci perdere le ragazze, mi serve un posto economico ma pulito e confortevole per poter dormire la notte in santa pace.”
“Ma bastava dirlo, c'è anche un locale per le persone come lei, il paradiso dei ragazzi..”
“Macchè ragazzi e ragazzi, lei proprio non ha capito. Io voglio dormire la notte, solo, se troverò una ragazza, e sottolineo ragazza, femmina, la vorrei conoscere e corteggiare, non certo pagare. Allora, ha un posto da consigliarmi?”
“Ora ho capito, bastava spiegarsi meglio. Qui vicino ci sono diverse pensioni, ma se la vuole qui in centro di confortevole, pulita ed economica c'è solo la pensione della signora Lucia. Poi per mangiare c'è una trattoria economica li vicino, la signora Lucia ha un accordo, se si ferma a cena tutte le sere le faranno un prezzo di favore.”
“La ringrazio, andrò subito.”

b) Due passi per Tuscania
La pensione della signora Lucia era in un palazzo che non aveva nulla di antico, era solo vecchio ed aveva proprio bisogno di una bella rinfrescata, l'intonaco era scrostato, il pavimento era composto di piccole mattonelle, come si usava negli anni '50, ma molte mancavano ed erano state rimpiazzate con monocotture attuali. I bagni erano costituiti da una stanzetta angusta con un lavandino, una tazza ed una cipolla della doccia che spuntava dal muro, proprio sopra uno scarico protetto da una piccola grata.
Però almeno sembrava pulito, era economico e la proprietaria sembrava gentile.
La signora Lucia Lamberti era una matrona che aveva superato da tempo i 50 anni e probabilmente gli 80 chili, non si poteva definire obesa ma bene in carne si. Il vestito a fiori leggermente troppo stretto faceva pensare ad una debordante carne in eccesso che stesse saltellando a destra e a manca, ma probabilmente con un vestito scuro della misura appropriata sarebbe sembrata solo una signora formosa. Alla sua voce squillante, di diversi decibel superiore al gradimento di Claudio, l'architetto romano finì però per abituarsi presto, data la simpatia che gli ispirava la sua ospite e la premura con cui lo sistemò.
“Questa è la mejo camera che abbiamo, dottò, vedrà che starà bene! Non abbiamo tanti lussi, ma è pulita, è una delle più grandi, ha due finestre e da sulla piazzetta e quindi è luminosa, ma la piazzetta è tranquilla, dormirà bene! E poi questa è una delle poche stanze in cui abbiamo pure il televisore in camera!”
“Grazie...”
“E poi non abbiamo l'aria condizionata, ma le mura sono vecchie, vede come sono spesse? Basterà che stia attento con le finestre e starà bene. La mattina, che il sole sorge, batte proprio qui, quindi tutto deve essere tappato. Il pomeriggio poi che è caldo, ma il sole qui non batte più, può aprire le finestre, ma vanno lasciate le persiane chiuse, se vuole luce può aprire le gelosie, poi nel tardo pomeriggio bisogna spalancare tutto.”
“Grazie, ma non so se me ne ricorderò...”
“Nessun problema, glielo faccio io, dottò!”
“Ma non si disturbi...”
“Macchè disturbo, il cliente è sacro. Poi ne abbiamo pochi di clienti in questo periodo, ho occupate solo tre camere stabilmente oltre alla sua, bisogna che quelli che ho me li tenga stretti, non crede? C'è un ingegnere che dirige un cantiere sulla strada che va a Montefiascone, gli operai hanno preso un appartamento tutti insieme, sa, per risparmiare, un bancario che è stato appena trasferito qui e non ha tanta voglia di rifarsi il letto e pulire da solo, poi c'è un tipo che lavora in una industria qui vicino, fanno i prosciutti, sa, è un pezzo grosso ma non so bene che faccia...”
“Ora la ringrazio, ma vorrei chiederle...”
“Chiederà, ma prima faccia chiedere qualcosa a me! Mica vorrà parlare sempre lei! Ma è vero che lei fa l'architetto?”
“No, sono laureato in architettura, ma lavoro alla sovrintendenza alle belle arti...”
“Oh mamma mia, così giovane! E quanto c'avrà, vent'anni?”
“No, che vent'anni, quindici di più!”
“Ebbè, con quella faccetta pulita me pare un ragazzino!”
“La ringrazio, ma senta, mi diceva un dipendente comunale che lei ha una convenzione con una trattoria...”
“Certo, la signora Gina, è qui a fianco! Fa il menù turistico a 12 euri, ma ai clienti miei glielo mette 10, basta che ci vadano sempre ed avvertano quando non possono!”
“Sempre... a pranzo non so, a Roma ormai siamo abituati a star leggeri!”
“Ma lo so, per esempio l'ingegnere che fa le strade a pranzo sta in giro! Va bene anche solo a cena!”
“Bene, allora se non le dispiace mi darò una rinfrescata e poi andrò a conoscere la signora Gina, che ormai è metà pomeriggio!”
“Vedrà, le piacerà... e poi che la figlia della signora Gina, Loretta, che serve a tavola... è una bellezza! C'ha quasi trent'anni pure lei, ma non s'è sposata... sa, ha avuto una delusione con il fidanzato che l'ha lasciata quattro anni fa e da allora non è più uscita con nessuno... pare fatta su misura per lei, se vuole la accompagno così gliela presento!”
“Ma no, la ringrazio... ora mi scusi, ma ho proprio bisogno di rinfrescarmi!”
“Vabbè, dottò, se serve io sto sotto!”
Quella per Claudio era la giornata dei sospiri. O trovava gente che gli rispondeva a monosillabi o gente che non riusciva a far star zitta. La permanenza si prospettava faticosa. Erano le sei e mezzo di un afoso pomeriggio quando Claudio uscì, dopo essersi riposato, fatto la doccia e cambiato.
Prima di cena voleva fare una bella passeggiata. Poi camminando si mise a fare due conti. 25€ per dormire, 10€ per cenare, con 6 o 7€ avrebbe pranzato, qualche caffè, significava almeno 1000€ al mese... chissà se ce l'avrebbe fatta con i rimborsi. La distanza fra Viterbo e Tuscania era poca, ma lui abitava a Roma ed ancora non si sentiva di vendere la casa che aveva ereditato dai nonni e comprarne un'altra li, ed anche per affittarla gli sembrava presto. Se non avesse ottenuto rimborsi avrebbe finito per spendere mezzo stipendio per dormire e mangiare ed avrebbe dovuto prendere qualche decisione.
Nel frattempo aveva attraversato tutto il corso della città vecchia, fino a tornare alla porta San Marco, arrivò alla chiesa di Santa Maria del Riposo, bella chiesa cinquecentesca che però era già chiusa. Si voltò, percorse di nuovo tutto il viale principale, fermandosi a guardare in particolare il medioevale palazzo Spagnoli, di cui avrebbe dovuto valutare le condizioni fra qualche giorno, e si preoccupò non poco vedendo lo scalone esterno in cui potevano essere nascoste mille insidie, deviò per guardare anche il Duomo barocco, sempre dall'esterno, che lo deluse parzialmente, si attendeva infatti una costruzione più magnificente. L'avrebbe però valutato meglio guardando anche l'interno qualche giorno dopo, ed avrebbe dovuto anche girare a lungo per il tetto, che ogni tanto dava problemi. Si parlava addirittura di infiltrazioni d'acqua in più punti.
Si stupì però parecchio: va bene che erano ormai le otto di sera, va bene che dopo il terremoto del 1971 quasi tutti gli abitanti di Tuscania si erano trasferiti in periferia, ma non c'era più nessuno che girava per le strade e la cosa gli sembrava davvero eccessiva. Tuscania sembrava ormai una città deserta. L'atmosfera gli metteva una certa inquietudine, quindi si sbrigò ed andò alla trattoria della signora Gina.
Sulla piazzetta, proprio vicino ad una torre medioevale, c'erano pochi tavolini all'aperto vecchi tavolini da osteria quadrati con tovagliette di carta e seggiole di paglia attorno, con qualche avventore che aveva davanti un piatto ed un fiasco di vino.
L'ingresso della trattoria era in un negozietto dietro i tavolini, con una porta di alluminio e vetro aperta ed un ingresso protetto da una tenda contro le mosche. Claudio entrò e lo accolse una nuova matrona che somigliava vagamente alla signora Lucia, pure lei robusta, pure lei ben oltre i 50, pure lei con un improbabile vestito a fiori.
“Vuole cenare?”
Chiese asciutta e senza preamboli, sorprendendo Claudio.
“Si. Dormo all'albergo della signora Lucia, mi fermerò circa due settimane...”
“E quindi vuole fermarsi qui sempre, pranzo e cena?”
“No, a pranzo no, a cena.”
“Bene. Le preparo un tavolo. Il menù turistico va bene? Antipasto con bruschetta, salumi e formaggio, un primo, un secondo, contorno, caffè, acqua ed un quarto di litro di vino della casa, per i clienti della signora Lucia € 10. Però non si può scegliere, quello che c'è, si mangia.”
“Si figuri, io mangio tutto... e poi c'è talmente tanta roba...”
“E se una sera non viene, deve avvisare.”
“Non c'è problema.”
“Si accomodi. Le faccio preparare un tavolo. Preferisce dentro o fuori?”
“Come vuole, non c'è problema.”
“Senta, fuori si sta meglio, ma sono già le otto e mezza, se fossi in lei mangerei dentro.”
“Bene, allora dentro va bene, ma come mai mi da questo consiglio?”
La signora Gina indicò un tavolo senza rispondere, quindi gridò:
“Loretta, vieni a preparare un tavolo!”
E subito si diresse in cucina.
Claudio si sedette ad un tavolino vicino alla porta, esaminando il piccolo locale, in cui trovavano posto una ventina di tavolini quadrati, piccoli, più adatti ad ospitare due persone che quattro, e cinque o sei tavoli più grandi, apparecchiati per sei persone, tutti vuoti, mentre ai tavoli più piccoli c'erano sei o sette persone a cenare, che sembravano più abitanti del posto che turisti. Il locale era semplice, con mattonelle color cotto, pareti imbiancate, qualche mensola di legno dove erano esposte delle bottiglie di vino, un frigorifero con vino bianco e bevande varie, un bancone di legno rustico, probabilmente castagno, con sopra il registratore di cassa, ed un mobiletto con sopra un televisore. A Claudio tornò subito in mente la malinconia che gli metteva addosso il mangiare da solo in un ristorante, mentre tutti attorno sono seduti in gruppetti e chiacchierano fra loro. Perciò quando non aveva compagnia, cioè praticamente sempre, preferiva mangiare in casa oppure prendere qualcosa al volo in una tavola calda, in un bar o in una pizzeria al taglio.
Perso nei suoi pensieri, non si era accorto che Loretta, la figlia della signora Gina, era arrivata a preparargli il tavolo, ed al vederla sussultò. Alla descrizione che gli aveva fatto la signora Lucia non si era molto concentrato, immaginando la classica supervalutazione che tante donne non più giovanissime fanno di tutte le giovani loro parenti o amiche, ed invece il quadro era addirittura riduttivo. La ragazza era alta, sicuramente ben oltre il metro e settantacinque e sicuramente almeno venti centimetri più della madre, era relativamente magra ma formosa, capelli nerissimi raccolti in una coda, viso spigoloso, non esattamente ovale o a cuoricino come le principesse delle fiabe, ma attraente, occhi castani grandi e penetranti, un naso grande ma regolare, più altri particolari che non è il caso di descrivere. Vestiva sportiva, con jeans corti al ginocchio, scarpe da basket bianche con qualche chiazza di colore, una canottiera nera. Dalla descrizione della signora Lucia doveva avere una trentina d'anni, ma non ne dimostrava molto più di venti. Forse fu la sorpresa di vedere una bella ragazza in quell'ambiente, perchè ad un secondo, anzi, ad un ennesimo esame Loretta non aveva nulla di eccezionale, ma Claudio fu colpito.
“Bianco o rosso?”
“Come?” Chiese Claudio con la faccia di uno studente liceale cui hanno appena chiesto la dimostrazione della teoria della relatività ristretta.
“Il vino, lo prende bianco o rosso?”
“Ahem... dipende da cosa c'è per cena, non ho letto il menù... mi consigli lei!”
“Che le dico... a me piace più il bianco, ma sono buoni tutti e due, li prendiamo a Montefiascone, sa!”
“E assaggiamo il bianco, allora, basta che poi non ci sia cacciagione...”
“No, quella la faremo sabato!”
“Ma scherzavo, mi porti il bianco, va bene, e l'acqua gassata.”
“Benissimo. Allora le porto subito da bere ed il pane.”
Claudio guardò la ragazza andare verso il bancone con passo elastico, poi si riscosse per non dare spettacolo, ed attese. In un baleno arrivarono un cestino con qualche fetta di pane e due caraffe da un quarto di litro, una di vino bianco ed una di acqua gassata. Poi arrivò un antipasto semplice, con una bruschetta con olio, sale e poco aglio, qualche fagiolo cannellino, mezza salsiccia, una fetta di capocollo ed una fetta di formaggio pecorino. Però Claudio si accorse di avere fame e lo divorò, scoprendo che si trattava di prodotti molto gustosi, soprattutto gradì il profumo dell'olio, così diverso da quello che comprava a Roma.
La pasta era fresca, delle classiche fettuccine, condite con un ragù di carne, in cui la carne a dire il vero non era molta ed era anche difficile distinguere a quale animale fosse appartenuta, ma il risultato era sorprendentemente saporito e gustoso, specie aggiungendo del pecorino grattugiato sopra, un sapore forte, forse inadatto all'estate ma comunque piacevole, che invitava a bere. Claudio si scolò rapidamente la caraffa dell'acqua, quindi finalmente assaggiò il vino, che ancora non aveva bevuto. Si attendeva il classico bianco della casa delle trattorie romanesche, leggero, acidulo più che fresco, facile a far girar la testa, senza troppo profumo, invece anche il vino era gradevole, fresco ma non acidulo, la temperatura non era troppo bassa, perfino un profumo fruttato e floreale, per carità, il tutto senza troppe pretese, ma piacevolissimo da bere seduti la sera a mangiare davanti ad un piatto di pasta.
Per il secondo le premesse non erano buone, infatti Loretta portando via il piatto della pasta si scusò dicendo:
“D'estate il camino per cucinare alla griglia lo accendiamo solo il fine settimana, ed il pesce lo prepariamo solo martedì e venerdì, quindi oggi che è lunedì si dovrà accontentare...”
“Si figuri, non si preoccupi...”
Loretta si allontanò rapidamente, dimostrando di preoccuparsi ben poco, poi si presentò con un piatto di spezzatino di coniglio, carne che Claudio amava ben poco, senza pomodoro ma che emanava un preoccupante odore di cipolla e di finocchio selvatico, e come contorno lasciò un piatto di carote tagliate a rondelle.
Claudio guardò dubbioso, pensando che in fin dei conti aveva già mangiato più delle sue abitudini e quindi poteva permettersi di passare il turno, poi si decise ed assaggiò restando colpito da entrambi i piatti, cucinati in modo che non aveva mai provato. Nonostante il coniglio fosse evidentemente allevato da qualche contadino locale, la carne era tenerissima e si tagliava facilmente, e gli stessi aromi al gusto risultavano molto più piacevoli ed armonici che all'olfatto. L'ultimo sorso di vino bianco, che probabilmente era stato utilizzato anche per cucinare quel coniglio, lasciò Claudio satollo e soddisfatto.
“Caffè?” Chiese Loretta.
“No, grazie” rispose Claudio, lasciando dieci euro sul tavolo ed alzandosi non appena si rese conto di essere l'ultimo avventore rimasto.
“Ho mangiato di gusto, credo che per digerire farò due passi...”
“Io fossi in lei non lo farei... non è un cliente della signora Lucia?”
“Si, ma...”
“Ecco, torni subito in albergo.”
“Ma perchè? C'è qualcosa che non va?”
“Ma non vorrà far stare in pensiero la signora Lucia... sa, aspetta in piedi tutti i clienti, non ha il portiere di notte, non vorrà tenerla insonne”
“Ma sono le nove e mezzo... non è tardi!”
“Senta, non mi va di fare la figura della sciocca, ma ultimamente non posso garantirle che Tuscania la notte sia sicura. Io fossi in lei andrei subito a letto, poi lei faccia come crede, il mio è solo un consiglio.”
Claudio non lo diede a vedere, ma fu colpito dal commento della ragazza, e si sbrigò a rientrare in albergo. La signora Lucia lo attendeva seduta dietro il bancone, guardando la televisione.
“Per fortuna è rientrato... sa, mi stava facendo preoccupare.”
“Ma perchè? C'è qualcosa che non va?”
“Ma cosa le viene in mente... va tutto bene, solo che ora volevo chiudere il portone ed andare a letto, ai clienti do le chiavi del portone insieme a quelle della camera, ma non ero sicuro di averle raccomandato di prenderle...”
La signora Lucia, così logorroica ed espansiva di giorno, sembrava diventata evasiva.
“Senta, già mi hanno messo paura al ristorante, poi lei mi dice così...”
“A proposito, si è trovato bene al ristorante?”
“Benissimo, ma...”
“Ed ha visto che bellina la mia Loretta?”
“Si, ma anche lei mi ha fatto preoccupare con discorsi strani...”
“Ed ha fatto bene, ma non è bene invece parlarne di notte. Vada a dormire e ne parleremo domattina, se vorrà. Buonanotte, dottò.”
Così dicendo, la signora Lucia chiuse il pesante portone e scomparì dietro il bancone, dove probabilmente c'era il suo appartamento.
Claudio, sempre più perplesso, salì in camera, trovando le finestre spalancate, probabilmente ad opera della sua gentilissima ospite; con un minimo di titubanza, quasi vergognandosi della sua inquietudine, l'architetto romano si sbrigò a chiudere le persiane, lasciando le gelosie socchiuse.
Si spogliò, si sdraiò sul letto ed accese la televisione, dicendo fra se e se che probabilmente si trattava di una qualche banda di rapinatori che si aggirava per la zona a spaventare gli abitanti di Tuscania. Si, dei rapinatori, sicuramente dell'est europeo. Però forse in effetti si poteva trattare anche di spacciatori di droga, di sicuro nordafricani. In effetti però qualche malavitoso locale emergente avrebbe potuto far più paura....
In queste riflessioni sconclusionate Claudio si addormentò, svegliandosi poco dopo sentendo un urlo di terrore. Qualcosa di terribile stava accadendo! In realtà era la televisione accesa che stava trasmettendo un film dell'orrore, con una bella ragazza che scappava da chissà cosa. Claudio spense il televisore e tornò a dormire.



c- Sorpresa
La mattina dopo Claudio si svegliò di buon ora, d'altra parte erano anni che non si addormentava alle dieci della sera, si fece una doccia, si rase la barba, guardò il sole che splendeva alto nel cielo e si rese conto che le storie della sera prima non potevano essere che parti della sua mente.
La signora Lucia lavorava dalle sette del mattino, quando preparava le colazioni, chiaro che la sera fosse stremata e non vedesse l'ora di andare a dormire. E Loretta probabilmente voleva solo aiutarla ad andarsi a riposare prima possibile. Solo la sua mente ottenebrata dalla stanchezza di una giornata di lavoro e da una cena più abbondante delle abitudini aveva potuto costruire uno strano castello di supposizioni.
Rapinatori romeni? Spacciatori marocchini? Stava lasciandosi andare a pregiudizi proprio come quei razzisti che tanto biasimava, quando era lucido. C'era proprio di che vergognarsi.
Si infilò una polo, lui non amava vestirsi in modo troppo formale, inoltre la temperatura non invogliava certo a mettersi la giacca, quindi scese a fare colazione.
Divorò il cappuccino con il cornetto, bevve un bicchiere di spremuta, quindi Claudio provò a parlare con la signora Lucia, pensando di chiarire. Non ci fu però l'opportunità, in quanto la proprietaria dell'albergo era sola, la mattina, e doveva pensare alle colazioni e dare un'occhiata al ricevimento. Non che il ricevimento fosse così preso d'assalto da torme di clienti, per la verità era piuttosto vuoto, sembrava piuttosto un centro commerciale alle quattro del mattino di una domenica di agosto. Però questo non toglieva che occorreva dargli un'occhiata, che comunque c'erano altre cinque persone a fare colazione e che quindi la signora Lucia fosse impegnata.
Occorreva rimandare a più tardi, quindi Claudio tornò in camera, si lavò i denti ed uscì, per tornare in comune, dove avrebbe dovuto incontrare l'assessore Monaci.
Subito, nella piazzetta davanti all'albergo, vide una coppia di poliziotti che stavano guardando in giro, apparentemente senza un obiettivo preciso. Nel viale principale ebbe la stessa sorpresa, dei poliziotti che passeggiavano come se non avessero meta. Davanti al Municipio poi c'erano due carabinieri. Tutta questa polizia a Tuscania probabilmente non si era mai vista di mattina, quando non erano da poco passate le otto. Claudio salutò con un cenno l'usciere che gli aveva indicato l'albergo, quindi salì le scale ed andò a farsi annunciare all'assessore Monaci.
Attese qualche minuto, poi venne ricevuto.
“Caro architetto Pediconi, non credevo che arrivasse addirittura in anticipo. Avevamo appuntamento alle nove, manca quasi mezz'ora, mi sorprende! Vedo che lei è un tipo mattiniero!”
“Bhè, in genere non molto, ma qui pare che dopo le dieci ci sia il coprifuoco...”
“E si, la triste storia di un paese che una volta era tranquillo...”
“Tutta quella polizia, poi... ma cosa sta succedendo?”
“Ma vede, per lei... mi è stato detto che lei è romano, vero?”
“Si, sono nato e vissuto fino ad oggi a Roma.”
“Per lei che è romano sicuramente nulla di speciale, ma per noi un evento drammatico.”
“Cosa?”
“Due omicidi...”
“Due omicidi? Ma non ho sentito nessuna notizia in proposito!”
“Ma vede solamente l'altro ieri sono stati trovati i cadaveri, i giornali e la televisione ne parleranno oggi. La polizia ha provato a rinviare la notizia, per non destare scalpore, sperando di trovare rapidamente il colpevole, ma noi qui l'abbiamo detto subito, due delitti così efferati non possono essere stati compiuti da qualcuno del posto. Poi si tratta di due persone che non avevano alcun rapporto fra di loro, una donna di una quarantina d'anni, nubile, non troppo attraente, faceva la commessa in una merceria, ed un avvocato cinquantenne con moglie, ma senza figli... li conoscevamo tutti, qui, ma fra loro non so neanche se si conoscessero, le ripeto, un pazzo che è capitato qui, ha fatto strazio dei due poveri corpi e poi di sicuro è fuggito. L'avvocato aveva una passione per la campagna, andava a cavallo, era cacciatore, aveva anche una piccola azienda agricola, sa, era di una vecchia famiglia di possidenti! Probabilmente stava facendo una passeggiata in campagna di sera, per godersi il fresco. La commessa invece nessuno lo sa. Sono scomparsi entrambi lo scorso sabato, almeno per la commessa supponiamo, perchè viveva sola.”
“Che brutta storia.”
“E già. Ma lei è qui per lavorare, per conto dello Stato, e noi non vogliamo rubare tempo allo Stato. Ha parlato con il suo collega, l'architetto Marini?”
“Si, ieri. Oggi dovrebbe farmi trovare una persona che mi dovrebbe accompagnare a vedere le principali chiese del centro storico...”
“Abbiamo già parlato di questo con Sua Eccellenza, il Vescovo di Viterbo, il quale è molto felice dell'iniziativa della Sovrintendenza alle Belle Arti, da lui più volte sollecitata, ed assicura la massima collaborazione. L'architetto Marini ha il telefono del sacerdote che vi accompagnerà nelle chiese, pregandovi di evitare i momenti dedicati al culto.”
“Non c'è problema, rassicuri Sua Eccellenza.”
“Il Monsignore vuole essere informato di tutti i risultati e concordare le modalità di intervento.”
“Non c'è problema, rassicuri Sua Eccellenza.”
“Inoltre si interesserà personalmente a reperire fondi.”
“Senta, assessore, facciamo così, io faccio il mio lavoro qui, tutti i sopralluoghi necessari, preparo le mie relazioni e poi, prima che io le inoltri in sovrintendenza, andremo insieme da Sua Eccellenza per parlarne. Così va bene?”
“Benissimo, architetto. E per quanto riguarda i palazzi e le tombe etrusche?”
“Le tombe etrusche esulano dalla mia competenza, se c'è necessità di un qualche intervento me lo segnali, ma io non potrò far altro che passare la segnalazione ai mei colleghi.”
“Lo farò certamente.”
“Per quanto riguarda i palazzi, tolto palazzo Spagnoli che va continuamente monitorato per via delle sue scale, ce ne occuperemo dopo, sempre che sia io ad effettuare le valutazioni.”
“Ma lei valuta tutto da solo?”
“No, certo, do una valutazione di insieme, ovviamente, vista la mia specializzazione, posso effettuare perizie strutturali, ma altre cose vengono valutate da esperti. Avrò sicuramente piacere di visionare affreschi e statue, ma non sono di mia competenza.”
“Benissimo. Poi mi diceva l'architetto Marini che le ha anche fissato un appuntamento con i proprietari di una casa patronale attribuita al Sangallo, non lontano da qui...”
“Ha già fissato l'appuntamento? Non lo sapevo.”
“Ne parli con l'architetto Marini. Anzi, ci vada subito, l'aspetta.”
“Penso che farò così. La ringrazio della cortesia e la saluto.”
“Si figuri. Sono a sua disposizione.”
Occorreva quindi tornare da quel chiacchierone di Marini. Claudio non lo aveva troppo in simpatia e sperava proprio che fosse qualcun altro ad accompagnalo nei suoi sopralluoghi. Possibile che il comune di Tuscania non avesse un geometra?
Fortunatamente stavolta Marini fu più rapido.
“Carissimo Claudio, ti saluto. Dormito bene?”
“Benissimo, ti ringrazio, Piergiorgio, ho dormito come un ghiro.”
“Ti prego, chiamami Rino, come tutti!”
“Va bene, Rino.”
“Comunque dormire come un ghiro con tutta l'agitazione che c'è... si vede che non sei di qui! Hai visto quanta polizia?”
“Si, e mi hanno già spiegato il perchè. Piuttosto, per quanto riguarda il lavoro che mi aspetta...”
“Nessun problema, il tuo amico Rino ha lavorato per te. Nell'ufficio qui a fianco ti aspetta il geometra Rotondi, un ragazzo giovanissimo ma sveglio e disponibile. Ti accompagnerà da Don Diego, il sacerdote designato dalla Curia Vescovile per accompagnarti.”
“Ti ringrazio molto, sei gentilissimo. Ma... proprio con un prete? Speravo di conoscere un tecnico della Curia...”
“No, Don Diego è un uomo di grande cultura e conosce benissimo gli immobili che dovrete valutare insieme, vedrai, ti potrà essere di aiuto.”
“Ti ringrazio, allora io vado dal geometra!”
“Aspetta, non abbiamo finito, nel pomeriggio ti ho fissato un incontro con il signor Fattori, presso la contrada Santa Croce.”
“Fattori? Chi è?”
“Il proprietario della casa patronale, quella del poeta.”
“Ah, si, il poeta bevitore. Ma non si potrebbe fare più avanti?”
“Coraggio, cosa fatta capo ha.”
“Va bene, allora vado con il geometra Rotondi, ti saluto.”
L'incontro era stato più rapido del previsto, ma il modo di infastidire Claudio l'architetto Marini l'aveva trovato anche stavolta. Già non aveva alcuna voglia di vedere una casa colonica, anche se ben messa, figurarsi quando ancora non era organizzato, come prima cosa. Poi metà delle costruzioni rinascimentali dell'alto Lazio e della bassa Umbria erano attribuite al Sangallo, lui stesso ne aveva già valutate una quindicina, figurarsi se proprio quella poteva essere originale. Comunque ormai l'impegno era preso, inutile lamentarsi.
L'ufficio del geometra Rotondi era li vicino, a quanto sapeva Claudio il geometra era molto giovane, poco più di venti anni, ed era stato assunto dal comune con un classico contratto a tempo determinato, con un qualche fondo comunitario. Già dall'idea Claudio provava simpatia per questo ragazzotto, assunto senza alcune certezze, doveva lavorare sicuramente tanto, senza straordinari, senza ferie o altro, e nella migliore delle ipotesi avrebbe fatto il dipendente comunale; sperava che almeno fosse abbastanza sveglio da lavorare anche in qualche studio professionale. In realtà però il geometra Rotondi non sembrava affatto sveglio, aveva l'aspetto di un ragazzotto di provincia non troppo ambizioso.
“Geometra Rotondi, buongiorno.”
“Ah, lei è l'architetto della sovrintendenza?”
“Si, geometra, sono io.”
“Però senta, qui mi chiamano tutti Giacomo, anzi, Jack, lo faccia anche lei, altrimenti non mi ci ritrovo.”
“Va bene, Jack. Vogliamo andare?”
“Certo. Ci aspetta Don Diego. Don Diego Vega. Ovviamente qui a Tuscania lo chiamiamo tutti Don Diego Della Vega!”
“Divertente, come Zorro.”
“Vero? Io ci rido tantissimo!”
I due uscirono dal comune e si diressero verso il Duomo.
“Quanta polizia!”
“E si. Ma d'altra parte un Lupo Mannaro è una cosa rara, vero?”
“Un che?”
“Un Lupo Mannaro. Che non lo sa?”
“Dei due delitti? Mi hanno raccontato.”
“Si, ma che è stato un mostro non glielo hanno detto? Io non ho visto i cadaveri, per fortuna, ma chi li ha visti racconta che sono stati sbranati da qualche bestia molto più grossa di un lupo!”
“Ma qui a Tuscania si è mai visto un lupo?”
“No, ma che c'entra? Abbiamo tanti cani da pastore, anche cani lupo, saranno più o meno simili, non è vero?”
“Immagino di si, ma davvero non sono un conoscitore di cani.”
“Noi qui abbiamo tanti pastori e tanti cacciatori, lo sappiamo.”
“Ma tu vai a caccia?”
“No, ma che c'entra? Comunque siamo arrivati al Duomo, Don Diego ci aspetta nell'appartamento del parroco...”
“Parroco? Al Duomo?”
“Il vicario del Vescovo, va bene, comunque abita li a fianco, mi segua, architetto.”
“Si, ma se io ti do del tu e ti chiamo Jack, tu mi dai del lei e mi chiami architetto sembriamo due deficienti!”
“Forse, ma io sono abituato così!”
“Tu vuoi farmi impazzire!”
Suonarono il campanello in un palazzetto nella piazza del Duomo, e poco dopo gli aprì un sacerdote alto e magro, che indossava un impeccabile clergyman con un immacolato colletto inamidato, nonostante il caldo, mocassini neri e lucidi, un orologio sobrio ma elegante al polso, barba rasata con grande cura. L'età era indefinibile, ma sicuramente un uomo maturo ma ancora giovanile.
“Buongiorno.”
“Don Diego, ci è venuto ad aprire lei!”
“Si, vi attendevo. Entrate, prego, prendiamo un caffè poi potremo effettuare con calma tutti i sopralluoghi che vorrete. Lei se non sbaglio è l'architetto della sovrintendenza, Pediconi, se non ricordo male?”
“Si, Claudio Pediconi. E lei immagino sia Don Diego, il vicario del Vescovo di Viterbo?”
“Oh, non il vicario, diciamo che mi ha incaricato di assisterla nei suoi sopralluoghi. Mi occupo spesso delle condizioni del patrimonio della Curia, posso dire di avere una buona conoscenza della situazione di fatto, ma sarà lei a doversi fare un'idea precisa.”
Presero un ottimo caffè espresso in un sobrio salotto, quindi uscirono per entrare nel Duomo. Il sopralluogo fu lungo e minuzioso, e prese tutta la mattina.
Quando fu ora di pranzo Don Diego invitò gli ospiti nell'appartamento in cui avevano preso il caffè.
“Accettiamo con piacere, ma io a pranzo preferisco star leggero, accetto solo se mangeremo qualcosa di veloce e basta...”
“Bhè, abbiamo preparato dell'acquacotta, se volete ci fermiamo a questo.”
“Acquacotta?”
“Una minestra di verdure di stagione con pomodoro, patate sedano, aglio, olio e peperoncino, servita su pane bruscato, con odori tipici come la mentuccia. In estate non troviamo verza e broccoli, le verdure tipicamente aggiunte, quindi ce la siamo cavata con zucchine e melanzane, oltre alla classica erba di campo. Con un bel bianco di Montefiascone si sposa benissimo.”
“Bene, allora per parte mia son ben contento di partecipare. Jack? Tu ti unisci?”
“Acquacotta? Non che mi piaccia molto, ma va bene, mi unisco. Tanto oggi avevo lasciato detto a mia madre che non sarei tornato, non mi aspettano per pranzo.”
I tre commensali gradirono molto una minestra molto speziata e saporita, che aveva inumidito ed insaporito il pane bruscato, ma si concessero solo un piatto ed un bicchiere di un est est est, il classico vino di Montefiascone.
“Conosce la storia dell'est est est, architetto?”
“Onestamente non la ricordo.”
“Un Cardinale tedesco stava andando a Roma e, dato che amava molto le libagioni, mandava davanti a se il segretario, che visitava le cantine, beveva e, dove trovava il vino buono, scriveva est, vale a dire c'è. Arrivato a Montefiascone gradì tanto che scrisse tre volte est, per significare l'eccezionalità del vino.”
“Bella storia!”
“Purtroppo il vino è molto cambiato, ha subito la stessa trasformazione del vino dei Castelli, dopo la seconda guerra mondiale, con il boom economico, si è puntato sulla quantità a scapito della qualità. Ora però a Montefiascone ci sono diversi produttori che stanno cercando di tornare a produrre un est est est di qualità. Alcuni vitigni non sono più facili da trovare, il gusto è cambiato quindi il classico retrogusto abboccato dei bianchi laziali è difficile da riproporre, ma la qualità sta crescendo.”
“Bhè, se sta crescendo la qualità in generale non saprei dirlo, ma il suo vino è molto gradevole. A pranzo di solito non bevo, altrimenti ne godrei di più.”
“La capisco, anche io di giorno bevo pochissimo. Anche la sera, a dire il vero, ma quel poco mi piace berlo buono. Piuttosto, oltre che il vino, ha gradito anche il nostro Duomo?”
“In verità è una bella chiesa, va assolutamente protetta, ma è abbastanza convenzionale nella sua struttura, vi sono molte chiese simili dello stesso periodo. Invece sono e di gran pregio la cappella nella navata, e poi quei dipinti... il polittico, mi pare di Andrea di Bartolo, vero?”
“Già.”
“E poi quella Madonna e quella tavola rappresentante San Bernardino, sono pregevoli.”
“La nostra chiesa invece non le pare pregevole?”
“Ci mancherebbe altro, non pensi cose sbagliate. Il Duomo è una bella chiesa, solo che di chiese tardo rinascimentali o barocche simili ne ho viste molte, non mi colpiscono più l'attenzione. Si tratta però di un bell'edificio, purtroppo necessita di interventi, cercherò di sollecitare perchè vengano fatti presto.”
“Di questo la ringrazio. Questo pomeriggio mi sembra di capire che non potremo proseguire i nostri sopralluoghi, invece?”
“Purtroppo no. L'architetto del comune mi ha fissato un incontro con certi possidenti che vorrebbero far proteggere dalla sovrintendenza un casale di loro proprietà, che pare sia stato realizzato dal Sangallo, i signori Fattori.”
“Fattori?”
“Li conosce?”
“Certo, li conosco, ma non ho mai avuto modo di ammirare questo loro casale. Porti loro le condoglianze da parte mia.”
“Condoglianze?”
“Si, è morto un parente del signor Fattori, l'avvocato Dominici.”
“Chi quello ammazzato dal Lupo Mannaro?” Intervenne Jack, che fino ad allora aveva ascoltato in silenzio la conversazione.
“Caro Giacomo, cerca di evitare che la tua mente sia ottenebrata dalla superstizione.”
“Ma tutti lo dicono, Don Diego!”
“Che tutti lo dicano non rappresenta una prova. La ragione ci è stata donata da Dio, e dobbiamo farne uso. Quel pover'uomo sarà stato ucciso da un normale animale, un cinghiale, ad esempio, o un pazzo criminale ne avrà fatto scempio. E mi pare che la polizia si stia orientando in quel senso.”
“Polizia? Ma dico, li ha conosciuti i titolari delle indagini? Quei due capitani... maddai, sembrano una coppia da film, uno non parla mai, osserva con quello sguardo che gela il sangue e non dice nulla, l'altro parla in continuazione e si vanta più di un cacciatore che ha preso un fagiano. Da barzelletta.”
“Caro Giacomo, a mio parere dovresti nutrire più fiducia nelle forze dell'ordine.”
“Ora però ci scusi, Don Diego” intervenne Claudio “Noi dobbiamo proprio andare, altrimenti faremo tardi. La ringrazio per la sua ospitalità.”
“Si figuri. L'aspetto domani alla stessa ora.”
“A domani.”






3 – ORRORE
a) Una scoperta poco piacevole
Il casale dei signori Fattori era situato in contrada Santa Croce, non lontano da Tuscania. Il paesaggio però era irriconoscibile, perchè le impervie collinette brulle o ricoperte da boschi in quella zona diventavano morbide colline, dal profilo molto più arrotondato, interamente seminate, probabilmente a cereali. Anche il casale era una sorpresa, definirlo casale era sicuramente riduttivo, era un vero e proprio palazzo, al centro di un piccolo borgo di casupole che avevano almeno tre secoli.
La scalinata per arrivare al portale, il portale stesso, la forma delle finestre, tutto dava l'idea della ricchezza di chi lo aveva costruito, e perfino l'ipotesi che il progetto fosse del Sangallo ora sembrava meno ridicola.
Il signor Fattori attendeva seduto all'ombra, vestito di un paio di Jeans leggeri, una camicia di lino ed un paio di scarpe sportive scamosciate. Doveva avere quasi sessant'anni, ma era atletico ed abbronzato, perfino i capelli bianchi gli davano un aspetto più maturo che anziano.
“Architetto Pediconi, puntualissimo.”
“Buongiorno signor Fattori.”
“Posso offrirvi qualcosa, un caffè, un bicchiere di vino?”
“La ringrazio, ma siamo stati ora a pranzo con Don Diego. Piuttosto, le porta le sue condoglianze, mi pare sia morto un suo parente, un avvocato.”
“Si. Pietro Dominici, un mio cugino di primo grado. Uno dei pochissimi parenti stretti che ho, anzi, avevo. Sa, nella mia famiglia parecchie persone nell'ultimo secolo sono morte giovani, prima di avere figli, siamo rimasti solamente in pochi. Io, mia moglie, mio cugino, Marini, che lei ha conosciuto, mio fratello, un medico che ha lo studio vicino al comune e non è sposato, una mia cugina di secondo grado, che vive con il marito a Montefiascone, sono produttori di vino e gli unici ad avere un figlio, che sta seguendo le loro orme. Sa, si parlava tempo fa anche di una maledizione!”
“Maledizione?”
“Si, qui vicino c'erano alcune tombe etrusche, che sono crollate prima che venissero scoperte, circa ottant'anni fa, in piena epoca fascista. Allora ci fu chi accusò i miei antenati di averle distrutte apposta, perchè davano fastidio in un'azienda agricola. Fandonie, come capirà. Poi tanti miei parenti morirono negli anni successivi, ma ben quattro morirono in guerra, due nella guerra d'Abissinia e due in Grecia, nella seconda guerra mondiale, erano tutti ufficiali. Mio nonno era il podestà di un paese qui vicino e venne ucciso da balordi subito dopo la guerra, allora si diffuse quella storia della maledizione. Poi si è spenta, perchè i parenti successivi sono morti naturalmente ad età piuttosto avanzate, solo che sa, noi Fattori siamo inguaribili donnaioli, non ci piace sposarci. Anche io e mia moglie ci siamo sposati ben oltre i quaranta anni...”
“Interessante. Ma ora in questo borgo volete realizzare una struttura recettiva?”
“Si. Una specie di agriturismo, ma di gran lusso, mi capisce. Noi ci ritireremo in un casale non lontano da qui, piccolo, ma confortevole, sa sono cinquecento metri quadri, ci staremo.”
“Immagino di si. Stringendovi bene, ma ci starete. Io a Roma vivo in 70 metri quadri, e solo perchè l'appartamento era quello dei miei nonni, altrimenti ne avrei scelto uno più piccolo.”
“A, ma a Roma è diverso. Comunque prima o poi glielo mostrerò.”
“La ringrazio, ma ora che ne direbbe di dare un'occhiata alla villa padronale? Poi, naturalmente, mi serviranno delle fotografie, delle piantine, se non le avete le farò fare io, tutto quello che avete riguardo alla storia di questo posto!”
Quattro ore impiegarono a fare il giro della villa, lo stesso tempo che avevano impiegato al Duomo, e per tutto il tempo il signor Fattori spiegò loro aneddoti della sua famiglia, da suoi antenati che facevano parte della nobiltà papalina, uno che combattè a Lepanto con i Cavalieri di Malta, un altro che era fra i protettori del Cavalier D'Arpino, un altro che era fuggito per unirsi a Napoleone, tutti di rami diversi, tutti estinti con il tempo. I nomi nobili erano andato perduti, così i titoli, a lui erano rimasti la tenuta dove era la villa, una tenuta di circa mille ettari con svariati immobili, un palazzetto al centro di Roma, debitamente affittato, qualche appartamento fra Roma, Viterbo, Tuscania, Tarquinia, Civitavecchia, un albergo a Roma ed uno a Fiumicino. Non poteva lamentarsi, il Fattori.
Tornato a Tuscania Claudio parcheggiò come al solito fuori Porta San Marco, salutò Jack che abitava li vicino e tornò in albergo a farsi una doccia. Voleva chiedere alla signora Lucia se poteva fare un servizio lavanderia, in quanto stava sporcando roba in quantità industriale, per quanto sudava, ma non la vide, quindi si sbrigò ad andare a mangiare, in quanto erano le otto passate anche quella sera.
Loretta gli indicò lo stesso tavolo della sera prima, e gli servì immediatamente pesci e verdure fritte come antipasto, con lo stesso vino bianco della sera prima.
Quando la ragazza portò degli spaghetti con le vongole, senza pomodoro, con un forte aroma di aglio e prezzemolo, Claudio provò a scambiare due parole.
“Sembra che io sia rimasto l'unico cliente, stasera.”
“A quest'ora di questi tempi preferiscono tutti andare a casa presto, lei è l'unico che si presenta a mangiare alle otto e mezzo. Di solito sarebbe un'ora più che comune.”
“Ma perchè tanta paura? Un assassino o una bestia, non ho ben capito, ma se non erano mai avvenute cose simili qui intorno probabilmente sarà di passaggio...”
“Lei non sa. Io non ho visto i cadaveri, per fortuna, ma si parla di qualcosa di terribile. C'è qualcosa di mostruoso che aleggia su di noi, che non sappiamo cosa sia.”
“Ma non le sembra di esagerare? Lei è giovane, non mi sembra superstiziosa!”
“Grazie per la giovane, ho quasi trent'anni, ma qui non si parla di superstizione, ma di qualcosa di tremendo, vedrà anche lei...”
“Può darsi, ma una cosa: a me proprio da fastidio sentirmi dare del lei a cena davanti ad un bicchiere di vino, non possiamo darci del tu?”
“Lei faccia come crede, ma io ai clienti do del lei. Ora vado a prenderle il secondo.”
Un Claudio gelato come se fosse in una camera criogenica smangiucchiò il secondo, costituito da crostacei grigliati, quindi finì il suo bicchiere di vino, bevve il sorbetto al limone che gli venne servito a fine pasto, pagò quasi senza proferir parola, salutò e si alzò.
Loretta, forse resasi conto di aver esagerato, abbozzò un sorriso, quindi disse:
“Ci vediamo domani sera?”
“Si, certamente.”
“Ma quanto tempo pensa di restare qui a Tuscania?
“Un paio di settimane, ma non ne sono certo.”
“Spero si trovi bene. Comunque mi dia retta, vada subito in albergo stasera.”
“Grazie del consiglio, e buonanotte.”
Forse era la fine di una giornata calda e faticosa, forse la malinconia di mangiar solo, forse Loretta che voleva tener distanze elevate, nonostante lui quella sera proprio non fosse in condizione di tentare audaci approcci, ma non aveva voglia di andare a dormire, si permise quindi due passi al fresco.
Era però l'unico a passeggiare per il centro, iniziava a sentire una certa inquietudine. Sentì anche una specie di urlo soffocato, ma senza dubbio proveniva da una televisione accesa, tenuta da qualche maleducato con il volume troppo alto.. passò davanti al comune e volle provare a guardare il panorama da li, magari sperando ci fosse un venticello fresco. Si affacciò, guardando, grazie alla luna piena, il declivio e la nera ombra della chiesa di Santa Maria Maggiore appena più in basso, quando vicino a lui sentì un rumore strano, provenire da dietro la chiesa dei Santissimi Martiri.
“C'è qualcuno?”
Provò a chiedere Claudio, ma nessuna risposta. Solo fu gelato da un movimento furtivo, come di una ombra nera e minacciosa. Restò bloccato qualche istante, poi maledisse se stesso e quegli accidenti di discorsi che gli avevano fatto quel branco di isterici in paese, che gli facevano immaginare chissà quale orrore. Andò diretto a verificare, dietro la chiesa, certo che non ci fosse nulla di strano e fosse solo la sua fantasia a correre troppo. Sentì però un fruscio venire da una zona in ombra, corse e vide qualcosa di tremendo.
Un uomo era a terra, in un lago di sangue, sventrato e con le viscere sparse intorno, con segni di morsi e graffi dovunque. Non c'era bisogno di verificare le sue condizioni, era evidente che quel poveretto non poteva essere vivo.
Claudio doveva immediatamente chiamare la polizia, ma prima c'era qualcosa che doveva fare.
Il contenuto del suo stomaco aveva un assoluto bisogno di uscire, e lui chi era per opporsi a questo desiderio? Quindi si appoggiò ad un albero e fece ciò che doveva, poi prese il telefono cellulare e, mentre correva nell'atrio del comune, chiamò la polizia.

 
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Doc G
view post Posted on 9/10/2010, 13:22




Scusate, non che voglia suonarmela e cantarmela, ma se non separo mi unisce i post e si cancella tutto perchè troppo lungo!
 
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Sandogat
view post Posted on 9/10/2010, 13:24





b) Polizia
Un insonne Claudio aveva occhiaie molto profonde e non riusciva a trattenere gli sbadigli nella sala di aspetto della locale sede della polizia, appena fuori dal centro storico, sulla strada per Tarquinia.
Dopo una lunga attesa, probabilmente dovuta al tempo necessario per rimuovere ed esaminare il cadavere, Claudio fu chiamato, entrò in un ufficio e li trovò tre poliziotti, due ufficiali ed un terzo, più giovane, al computer.
I due ufficiali Claudio li sapeva essere tali in quanto gli vennero presentati, altrimenti non avrebbe mai immaginato lo fossero. Uno era non troppo alto, paffutello, stempiato, vestito in modo formale, con giacca e cravatta, ma non troppo elegante, forse per i colori sbagliati, forse per i tessuti non eccelsi, forse per la postura. L'altro era alto e muscoloso, capelli più corvini che scuri, scapigliati ad arte in vari ciuffoni che scendevano morbidamente, barbetta di due giorni evidentemente curata, jeans logorati ad arte e maglietta lucida entrambe di stilisti conosciuti.
Per Claudio, appassionato di vecchi telefilm degli anni '70, fu semplice chiamarli Serpico ed il tenente Colombo.
A parlare per primo fu Serpico.
“Buongiorno architetto Pediconi. Lei lavora per la sovrintendenza di Viterbo, vero?”
“Si.”
“Allora, veniamo subito al dunque. Noi lo prenderemo, questo bastardo, non ci scapperà, qualunque cosa faccia e dovunque vada. Abbiamo però bisogno del suo aiuto, quindi si sforzi e ci racconti i minimi dettagli.”
“Il mio aiuto ve lo do volentieri, ma purtroppo di dettagli posso fornirvene pochi!”
“Con tutta calma, si rilassi” intervenne Colombo “cerchi di tornare con la mente ai fatti di ieri notte, si concentri e ci racconti cosa ricorda.”
“A dire il vero non ricordo molto. Stavo facendo due passi...”
“Due passi? Tutti chiusi in casa, tutti che tremano di paura, e lei fa due passi da solo?”
“Si, non credevo nelle cose che mi raccontavano.”
“Non sapeva degli omicidi?”
“Si, ma non sapevo neanche se fossero opera di un assassino o di una bestia... a dire il vero non lo so neanche adesso.”
“Neanche noi. I segni sono quelli di artigli e denti, ci sono anche rimasugli di unghioni nei cadaveri e tracce di denti, ma non hanno senso le disposizioni. Gli artigli sembrano quelli di un lupo, ma i colpi sono sferrati da un'altezza non compatibile, sembrano sferrati da un uomo alto fra 1,70 ed 1,80, per ora difficile essere più precisi, ma uomini con quegli artigli non ce ne sono. Le impronte dei denti invece sono più compatibili con quelle di un lupo, ma i morsi sono stati dati quando le vittime erano morte o stavano morendo, sono gli artigli ad aver ucciso, sono stati inferti quasi ad infierire sulle vittime, non c'è segno che esse siano state divorate neanche in parte, inoltre la posizione dei morsi, il modo con cui sono stati inferti, l'angolazione della presunta bocca del lupo sono molto strane. Noi nella bestia non crediamo nemmeno un poco.”
Aveva parlato Colombo, con tranquillità ma con una autorevolezza che sorprese Claudio.
“Già, per noi si tratta di un assassino su due gambe, lo prenderemo, con noi non ha scampo. Lo braccheremo e lo pescheremo. Vede, architetto, sono sicuro di prenderlo, sa perchè?”
Ora a parlare era stato Serpico, che Claudio proprio non riusciva ad inquadrare.
“No, perchè?”
“Perchè io sono il pistolero più veloce del West.”
Claudio rimase interdetto.
“Perchè, vuole sfidare l'assassino a duello?”
“Ma lei è un umorista! Certo, non con le pistole, ovviamente, o almeno speriamo non serva, ma la sua astuzia ferina contro la nostra intelligenza ed esperienza. Ora però bando alle ciance, questo è il tempo di agire, non è il tempo di parlare. Ci dica cosa ha visto.”
“Era notte, ma relativamente chiara, c'era la luna piena. Ho sentito dei rumori strani dietro la chiesa dei santissimi martiri...”
“Che rumori? Fruscii, come di qualcosa che si muovesse fra le siepi e le fronde.”
“Nessun urlo?”
“In quel momento no, ho sentito qualcosa alcuni minuti prima, ma non è detto fosse la vittima, stavo ancora passeggiando per il centro, potrebbe essere stata una televisione accesa o un qualche litigio in corso.”
“Evidentemente non si trattava di un televisore.”
“No, ma comunque era diversi minuti prima che arrivassi li, a quel punto quel poveraccio era sicuramente già morto. Ho sentito quindi dei fruscii, ho chiesto ad alta voce se c'era qualcuno, ho sentito altri fruscii, come di qualcuno o qualcosa che si allontanasse, sono andato a controllare...”
“Perchè è andato a controllare?”
“Non so, probabilmente le voci che avevo sentito in fin dei conti mi avevano impressionato.”
“Non l'avevano impressionata abbastanza da chiudersi in casa, ma abbastanza per andare a controllare un fruscio. Lei è un vero cuor di leone, oppure il suo comportamento è molto curioso.”
“In effetti non me lo so spiegare nemmeno io. Comunque sono andato a controllare e sotto un albero ho visto qualcosa di strano, mi sono avvicinato e sapete quel che ho visto.”
“Nient'altro? Possibile che non abbia visto altro?”
“No, il cadavere era in condizioni...”
“Non mi interessano le condizioni del cadavere, per quelle ci pensiamo noi. Non ha visto o sentito altro?”
“No.”
“Non ci aiuta molto, accidenti. Quando abbiamo saputo che un testimone era arrivato al momento dell'assassinio speravamo in qualcosa di più.”
“Mi spiace. Ma chi era la vittima?”
“Si tratta di un medico locale, tal Antonio Fattori.”
“Fattori? Parente dell'imprenditore agricolo?”
“Il fratello.”
“Mi spiace per lui, in due giorni ha perso il cugino ed il fratello.”
“Già. L'abbiamo sentito, non è lucidissimo, parla di una maledizione che aleggerebbe sulla sua famiglia. Lo sentiremo di nuovo con più calma quando sarà più tranquillo, nelle prossime ore.”
“In ogni caso lei, caro architetto, può andare. Firmi qui la sua deposizione e ci lasci lavorare, in fin dei conti non ci ha aiutato molto.”
“Mi spiace.”
“Non fa nulla, lo prenderemo lo stesso. Non so se già glielo avevo detto, ma io sono il pistolero più veloce del west, se lo ricordi bene.”
“Si, lo segnerò sull'agenda.”





c) Voci
Claudio chiese ad un poliziotto, in centralino, la cortesia di avvisare in comune che avrebbe tardato, quindi corse a mettersi a letto; difficile dormire, dopo una nottata simile, ma erano ormai quasi le sei del mattino e lui era stravolto. Aveva necessità assoluta di restare qualche ora sdraiato e poi farsi una doccia.
Dormì qualche ora, dopo aver spento il telefono cellulare ed aver staccato l'apparecchio dell'albergo, quindi verso le dieci e mezza si alzò, fece una doccia, si vestì e scese.
La signora Lucia ovviamente lo attendeva al varco.
“Dottò! Ma che è successo! Ha rischiato di essere ucciso pure lei, che tragedia! Come si è salvato, racconti! Mamma mia che emozione!”
“No, ma che rischio, sono arrivato che era tutto finito, un poveraccio era stato sgozzato ed io l'ho trovato.”
“Ma non sia modesto, non ha visto e sentito nulla? Si trattava veramente di un lupo mannaro? E come mai non l'ha assalita?”
“Io non ho visto l'assassino! Credo però che la polizia pensi ad un uomo normale, non ad un qualche mostro, almeno da come si comportano.”
“Ma come un uomo normale? Quei poveretti non sono stati dilaniati in un modo orribile? Mamma mia che impressione! Quasi come nei telefilm americani! Come si chiamano quelli che studiano i posti dove è avvenuto un'ammazzamento? Dove sta quel dottore tanto distinto? Ciesse qualcosa, mi pare! Ma io non ci credo che sia uno normale. Me lo ha detto anche il maresciallo, come si chiama, Petronillo...”
“E chi è Petronillo?”
“Un maresciallo dei Carabinieri... ultimamente sta sempre in comune, visto quel che succede... lui ha trovato il cadavere del povero avvocato, parente del dottore che ha trovato Lei, oltretutto non lontano da dove lei ha trovato il suo di cadavere!”
“Il mio cadavere? Mi sembra eccessivo!”
“Comunque lei dottò è diventato una celebrità! Oggi tutti parlavano di lei! Ne parlavo anche con la mia Loretta... l'ha conosciuta la mia Loretta, vero? Visto che bella figliola? Non è un amore?”
“Si, l'ho conosciuta, sono due sere che ceno in trattoria.”
“Ed allora che aspetta a darsi da fare? La inviti a cena, no?”
“Ma via, signora Lucia, non mi faccia arrossire! Non mancherà occasione!”
“Ma che non mancherà occasione? Non lo sa che chi dorme non piglia pesci? Si dia da fare, dia retta a me!”
“Ora però devo andare... in comune e Don Diego si chiederanno cosa ne è stato di me.”
“Ma tutti sanno cosa ne è stato di lei! Le ho detto che è diventato una celebrità!”
Claudio uscì, passando davanti alla trattoria. La signora Gina e Loretta stavano apparecchiando i tavoli all'aperto, anche se Claudio si domandava chi mai avrebbe voluto mangiare all'aperto con oltre trentacinque gradi all'ombra ed un'afa che attaccava i vestiti addosso.
“Dottò! Sta bene, vedo!”
Esclamò la signora Gina.
“Glielo avevamo detto di stare attento! Che la sera qui non è sicuro. Lei invece ha voluto andare a fare l'eroe ed ha rischiato di finire al posto del povero dottore. Anche a lui che gli sarà saltato in mente di andarsene in giro a quell'ora. Certa gente se le cerca le disgrazie.”
“Mamma, ti pare? L'architetto ha rischiato la vita, ieri sera, e quel povero dottore ce l'ha lasciata, ti sembra il caso di esprimerti così?”
“Rischiato la vita è esagerato! Io in realtà ha solo trovato il cadavere di quel povero dottore, non ho neanche visto l'assassino!”
“Ma l'assassino era passato li poco prima di lei, se non avesse trovato quel poveretto avrebbe poi trovato qualcun altro!”
“Non esageriamo. Non credo di aver rischiato tanto.”
“Va bene, abbiamo capito, lei è tanto coraggioso. Cerchi di non essere anche tanto stupido. Stia più attento.”
“Mamma, ti sembra il modo?”
“E poi quel mostro assetato di sangue non si sa quanta fame abbia. Magari un morto solo non gli bastava e lei finiva male.”
“Ma non credo sia un mostro, la polizia pensa ad un uomo.”
“Stia attento, mi raccomando. Altro che uomo normale, qua tutti parlano di un lupo Mannaro”
A Claudio non spiacque affatto la preoccupazione di Loretta, che fosse vera o affettata, era sempre una sensazione piacevole che pensasse a Lui.
“Ma su, nessun lupo mannaro, si tratta di un pazzo.”
“La cosa tranquillizza poco, mi creda.”
“State tranquille, la polizia è sulle sue tracce. Uno dei due poliziotti che coordinano l'indagine sembra in gamba. L'altro sembra pittoresco, magari, ma credo prenderanno quel pazzo. Ora però scusate, devo andare, ci vediamo stasera per cena.”
Claudio entrò in comune, dove fu subito assalito dall'usciere.
“Dottore, che mi combina? Ormai è famoso, tutte le donne saranno ai suoi piedi!”
“Macchè ai miei piedi.”
“Non faccia il modesto, non si parla che di lei oggi, sa, la invidio!”
“Allora cerchi di trovare lei il prossimo cadavere, ammesso che ci sia.”
Prima che Claudio potesse entrare nell'ufficio di Marini, sentì una voce femminile molto decisa chiamarlo.
“Architetto Pediconi?”
“Si? Sono io.”
Claudio si voltò, e si trovò di fronte una donna molto curata, bionda, con occhialini quadrati con montatura rossa, camicetta di seta con due bottoni slacciati, gonna nera e tacchi alti, orecchini d'oro con una perla singola che penzolava un paio di dita sotto ad un cerchietto, lineamenti non regolarissimi ma valorizzati dal trucco, capelli raccolti in una coda perfetta, fisico allenato con curve appena accennate, ma presenti. Claudio restò sorpreso ed in silenzio, ma fu la sua interlocutrice a parlare.
“Lei ha chiesto un appuntamento con il sindaco, il professor Mario Fornari.”
“Si, effettivamente...”
“Bene, allora il Sindaco l'attende domani mattina alle nove e trenta.”
“Certamente, ci sarò.”
Claudio restò un momento a guardare la donna che si allontanava, ondeggiando sui suoi tacchi. Sembrava ben più alta di un metro e settanta, ma chissà senza tacchi in realtà quale era la sua altezza. Anche l'età non era ben definibile, certamente era ancora giovane, ma se avesse venticinque, trenta o trentacinque anni era difficile dirlo. In quel momento e solo allora si accorse che non aveva chiesto il suo nome; pazienza, era la segretaria del sindaco, l'indomani l'avrebbe incontrata di nuovo.
Chissà se l'appuntamento era effettivamente in scaletta oppure la nuova celebrità di Claudio l'aveva accelerato. Comunque ora era il caso di recarsi dal tecnico comunale.
Anche Marini fu ancora più espansivo del solito, persino Jack si alzò e venne nell'ufficio di Marini, come sentì la voce di Claudio.
“Carissimo Claudio, abbiamo rischiato di perderti.”
“Ma no, piuttosto, devo porgerti le mie condoglianze, mi sembra che il dottor Fattori fosse un tuo cugino.”
“Si, non me ne parlare, che tragedia. Morto, e per di più in quel modo. In famiglia siamo distrutti dal dolore.”
“Immagino. Non vorrei disturbarti oltre, ora andrò a salutare Don Diego, poi domani torneremo a fare sopralluoghi con Jack.”
“Domani? Sopralluoghi? Non sarà presto?” disse Jack.
“Ma no, ora vado da Don Diego, domani riprenderemo.”
“Ve bene, ma prima mi dica, è veramente un lupo mannaro?”
“Per la centesima volta: non ho visto l'assassino, ma credo proprio sia un uomo normale. Un pazzo, ma uomo normale.”
Claudio iniziava ad essere infastidito da tutto quel clamore e da quella certezza che aleggiava, che ci fosse un che di soprannaturale in quella vicenda. Per fortuna ora stava per parlare con l'uomo che gli era sembrato più razionale a Tuscania, Don Diego. Visto che si incontrarono alle due del pomeriggio, il sacerdote insistette ancora per pranzare con Claudio, e stavolta gli servì del baccalà in umido, non proprio un piatto estivo, ma un piatto che Claudio non mangiava da anni e che non ebbe dispiacere ad assaggiare ancora. Oltretutto, proprio come la zuppa del giorno prima, era un piatto particolarmente saporito ed era accompagnato dallo stesso vino di Montefiascone tanto gradito, oltre che da una insalata fresca condita con il solito olio molto profumato.
“Quindi nella sua avventura di ieri notte di fatto non ha visto nulla e non ha sentito nulla, ha solo rinvenuto quel poveretto.”
“Esatto.”
“E quali idee si è fatto in proposito?”
“Alle modalità dell'omicidio?”
“Si.”
“Non saprei che dire. Effettivamente sembra impossibile che un uomo compia un delitto simile, e la polizia ha trovato tracce di artigli e denti simili a quelli di un lupo, anche se non credo sia stato fatto un esame del DNA, però credere ad una bestia assassina o, peggio ancora, ad un mostro, mi riesce molto difficile. Penso più ad un folle. Però le devo confessare che credo proprio di faticare molto più del solito ad addormentarmi, in questi giorni.”
“La capisco. Comunque l'ipotesi del mostro la scarto a priori anche io, Nostro Signore ci ha dato una ragione e per rendergli onore dobbiamo usarla, in bestiari medioevali non si crede ormai più da anni, e strani mostri qui da noi non sono mai stati rinvenuti. Un lupo assassino in teoria sarebbe possibile, ma già di per se nella storia i lupi assassini sono veramente pochi, in più in Italia non si ricordano casi come quello della bestia francese del XVIII secolo. Un uomo che agisca in quel modo però sembra un abominio, io invece le confesso che non so cosa pensare.”
“Già. Cosa ne pensa invece di terminare il nostro sopralluogo in Duomo, in modo da poterci poi dedicare ad altre chiese?”
“Non vuole un giorno di riposo, dopo la disavventura che ha avuto?”
“E passare un giorno a ripensare a quanto accaduto? No, per carità, lavoriamo, se per lei va bene.”
“Si figuri, ne sarò lieto.”
I due quindi finirono il sopralluogo al Duomo, che non fu lunghissimo, ma ebbe il merito di impegnare Claudio fino quasi ad ora di cena.
La cena fu rapida, Claudio gustò un antipasto con bruschette, capocollo e fagioli, bucatini all'amatriciana e saltimbocca che non erano proprio alla romana, conditi con l'onnipresente finocchio selvatico, con un vino stavolta rosso, non particolarmente pretenzioso ma gradevole anch'esso, ma la rapidità ci fu per il desiderio di sfuggire ai discorsi della taverna. Loretta si sedette a lungo al suo tavolo, lei e gli altri avventori lo riempirono di domande, ognuno aveva una sua teoria, teorie che spaziavano dal lupo mannaro al dio etrusco che si risvegliava per punire la famiglia Fattori, al folle assassino al lupo assassino. Claudio confuse le teorie ed i suoi sostenitori, e fu con piacere quella sera che riuscì a tornare in camera presto, evitando anche la signora Lucia. Per fortuna la stanchezza accumulata si fece sentire, ed il pessimismo sulla possibilità di addormentarsi presto si rivelò infondato.













4 – INTERLUDIO
a) Lavoro
La mattina seguente, dopo una bella dormita, una lunga doccia, rasatura e caffè era facile per Claudio immaginare che nulla di strano fosse accaduto e che tutto fosse andato per il meglio.
Come entrò in comune, l'usciere lo indico commentando a viva voce, ed un carabiniere non troppo alto, con una discreta pancetta, stempiato e brizzolato si recò da lui con aria arcigna.
“Il signor Claudio Pediconi?”
“Si, sono io.”
“Mi presento. Sono il maresciallo Fulgenzio Petronillo.”
“Piacere. A che devo l'onore?”
“Volevo solamente conoscerla. Io ho trovato un altro cadavere nelle condizioni di quello che ha trovato lei, il cadavere dell'avvocato.”
“Ah, mi spiace di condividere un simile ricordo.”
“Già.”
“Ora però mi devo scusare con lei, ma ho un appuntamento con il sindaco!”
“Vada, vada, ci mancherebbe!”
Claudio chiese della segretaria del Sindaco con una strana, indefinibile sensazione che saliva dalle viscere. Prima di bussare lesse bene la targhetta affissa alla porta, che recitava “Segreteria – dottoressa Maria Grazia Pellini”.
Maria Grazia. Un bel nome, quasi da santa, che ostentato da una donna elegante, formale ed efficiente creava una piacevole stonatura, che faceva presagire altre stonature in ambiti ben più personali e riservati.
Riscuotendosi dalle sue elucubrazioni mentali Claudio si decise a bussare.
“Ahem... signorina Maria Grazia? Sono venuto per l'appuntamento con il sindaco.”
“Certo. Non ricordavo però di averle detto il mio nome!”
“L'ho letto sulla targhetta!”
“Bene. Qui però mi chiamano tutti per cognome, i miei amici usano un nomignolo.”
“E quale sarebbe?”
“Bhè, per l'appunto lo usano i miei amici, qui sul lavoro non lo usa nessuno. Ora vada, che il sindaco l'aspetta.”
Un po confuso Claudio entrò nell'ufficio del sindaco, Mario Fornari, un avvocato civilista che aveva poco più di cinquant'anni, non molto alto ma in compenso piuttosto robusto, con una discreto tessuto adiposo che appesantiva il girovita.
Vestito in modo molto formale, con un gessato grigio scuro di un fresco lana pettinato molto morbido, camicia celeste con polsini chiusi da gemelli d'oro e cravatta regimental, l'avvocato Mario Fornari aveva, come in un curioso contrasto, una espressione gioviale ed amichevole.
“Architetto Pediconi? Lei è l'architetto della sovrintendenza? Ho molto piacere di conoscerla.”
“Piacere mio, signor sindaco.”
“Sono lieto che la sovrintendenza abbia mandato un giovane come lei a verificare la situazione delle nostre ricchezze artistiche. Di cosa si occuperà esattamente?”
“Per ora devo relazionare della situazione strutturale delle chiese locali e di palazzo Spagnoli. In più l'architetto Marini mi ha coinvolto nella valutazione di un paio di immobili per cui è stata richiesta la tutela.”
“Marini ha una vera predilezione per quella villa... si tratta del casolare del San Gallo nella zona di Santa Croce, vero?”
“Si.”
“Lui è cresciuto li, il nonno lavorava in quella che una volta era solo una azienda agricola, poi il padre ha iniziato a lavorare come dipendente pubblico, prima a Roma, poi è stato trasferito a Viterbo. Lui è stato molto contento di lavorare per il comune perchè questo gli ha permesso di tornare a Tuscania e di aprire qui il suo studio professionale.”
“Capisco...” disse Claudio, non tanto perchè capisse, ma per interrompere un discorso in cui non provava il benchè minimo interesse “Piuttosto, per quanto riguarda la valutazione degli interventi necessari, credo che avrò bisogno di tutto l'apporto possibile da parte dei tecnici comunali, che conoscono i beni meglio di me. Inoltre sto cercando anche di valutare sia con voi del Comune che con la Curia quali possano essere gli eventuali contributi da parte di eventuali sponsor, infatti dovrò anche indicare quali opere a mio parere vanno realizzate prima, ed è il caso di essere pratici in questo.”
“Vedo che lei non ama giri di parole...”
“In effetti no.”
“Bene, credo che farò una attenta riflessione in proposito poi le farò sapere.”
“La ringrazio.”
“Piuttosto, vedo che lei si spende nel lavoro con grande energia... mi complimento, in molti ne avrebbero approfittato per riposare.”
“A che si riferisce?”
“Alla sua disavventura dell'altra sera, quando ha rinvenuto il cadavere del nostro sfortunato concittadino. Mi dica, sono veramente curioso, cosa ha notato?”
“Nulla, purtroppo, sono arrivato a cose fatte. Ho solo rinvenuto il cadavere.”
“Immagino l'impressione. Ora mi scuso, ma ho altri appuntamenti. Si faccia risentire, mi raccomando!”
“Non mancherò.”
Il resto della mattinata venne speso da Claudio ad effettuare rilievi con Jack, ed i due faticarono molto, prede di un'afa difficile da sopportare.
Abituati ai pranzi con Don Diego, la pizza al taglio mangiata in piedi in un bar del centro, accompagnata da una birra piccola ed un caffè, sembrò quasi un sacrificio, anche se in fin dei conti anche quel pasto risultò gradevole.
Il pomeriggio venne speso nel sopralluogo a palazzo Spagnoli, e l'indubbio fascino della costruzione barocca, insieme al lavoro intenso ed al fatto di non incontrare alcuna faccia conosciuta fecero passar di mente completamente a Claudio la brutta disavventura.

















b) Nuove voci
Se il lavoro pomeridiano aveva fatto dimenticare a Claudio la disavventura, la cena in trattoria sembrava fatta apposta per riportarla alla mente.
Come si sedette al suo solito posto nel locale della signora Gina, Claudio si sentì al centro dell'attenzione, sotto gli sguardi di tutti.
Loretta si presentò presto, più premurosa del solito, portando il cestino del pane, dove oltre al pane c'era della pizza all'olio e rosmarino appena sfornata, chiedendo con apprensione come si sentisse quella sera. Claudio fece finta di non cogliere l'accenno alla sera prima e si limitò a rispondere cortesemente che tutto andava bene.
Era contento di avere l'attenzione della ragazza, ma così gli sembrava che non fosse diretta a lui, ma solo a quello che gli era accaduto la sera precedente, come se fosse una notizia su due gambe anziché una persona, e questo lo disturbava assai.
Il locale era pieno, contrariamente al solito, in quanto quella sera Claudio era riuscito ad andare a cena presto. Soprattutto nel tavolino vicino al suo c'era un tizio vestito in modo sportivo, con pantalonacci informi ed una camicia a maniche corte con motivo a quadretti, alle prese con u enorme piatto di gnocchi, che lo fissava in modo quasi fastidioso. Ci volle del tempo però prima che Claudio riconoscesse il carabiniere Fulgenzio Petronillo, lo scopritore del primo cadavere. Mentre Loretta serviva il solito antipasto con bruschette, fagioli e, stavolta, qualche fetta di una porchetta magra e tenera, ma sempre con un forte odore di finocchio selvatico, il carabiniere parlò.
“Accidenti, per essere uno che ha appena trovato un cadavere sembra tranquillo. Io ancora sono nervosissimo, anche stasera ho litigato con mia moglie. Sa, ha provato a parlarmi come al solito di andare a vivere in campagna, per evitare i rischi di Tuscania, ed io ho perso il controllo, così adesso devo mangiare in trattoria!”
“Grazie tante!” intervenne la signora Gina “Sembra quasi che tu stia prendendo una purga!”
“Ma no, Gina, lo sai che a me non piace uscire la sera a cena. Semmai quando non sono di servizio la mattina e posso svegliarmi tardi, ma non quando devo essere in piedi presto.”
“Altro che le barzellette sui carabinieri, ogni parola fai un disastro!” Esclamò un tizio vestito in modo elegante.
“A proposito,” riprese il controllo Petronillo “Caro architetto, questo simpaticone è il direttore dell'agenzia della Banca Popolare, che abita in albergo dalla signora Lucia, proprio come lei.”
“Piacere, mi chiamo Claudio Pediconi.”
“Piacere. Sergio Proietti.”
“Caro Sergio, hai davanti a te un vero campione del sangue freddo. Io non so come faccia ad essere così tranquillo.”
“Su, lasci stare!” disse Loretta, mentre serviva a Claudio un enorme piatto di gnocchi con un ragù di salsicce e sopra una cascata di pecorino.
“Ma no, Loretta” disse Claudio “In realtà non sono affatto tranquillo, mi sono preso una bella paura e la scoperta mi ha colpito, solo non amo manifestare le mie emozioni in modo plateale.”
“Cosa vorrebbe dire, che io sono una femminuccia?”
“Ma no, brigadiere, cosa ha capito. Ognuno di noi ha il suo carattere ed il suo modo di manifestare le emozioni, ci mancherebbe pure che io mi mettessi a sindacare il suo.”
“Volevo ben dire.!”
“Adesso però, caro brigadiere, parliamo piuttosto delle nostre sfide a carte, quando potremo riprendere le nostre vecchie abitudini?” Aveva parlato un altro uomo seduto a tavola. In effetti, notò Claudio, tolte due coppie, tutti i clienti erano uomini. Una coppia però, seduta in ombra, lo stava colpendo, chissà perchè.
“Caro architetto, ora può conoscere un altro suo vicino, l'ingener Feroci!”
Claudio, mentre faceva un cenno di saluto all'ingegnere. finalmente capì perchè la coppia lo colpiva: lei era Maria Grazia, la bella segretaria del sindaco, ed era seduta con l'architetto Marini, girato di spalle. Claudio sperò che Marini non si voltasse, naturalmente la speranza andò delusa.
“Caro Claudio, ci rincontriamo presto, è un vero piacere!”
“Già, un vero piacere.”
“Di quando in quando vengo qui anche io, è il posto a Tuscania in cui si mangia meglio. Conosci già la signora Pellini?”
“Ho avuto modo...”
“Già, ci siamo conosciuti in comune, ero curiosa di parlare con la nuova celebrità!” disse Maria Grazia fra il serio ed il faceto.
“Via, non mi prenda in giro, quale celebrità...”
Nel frattempo tornò Loretta, con il secondo, pollo ai peperoni, con degli enormi peperoni rossi uniti a piccoli peperoni verdi, guarniti da peperoncini rossi molto piccanti. Fu quasi con una punta di gelosia che esclamò
“Pare che lei ormai lo sia diventato, una celebrità!”
“Anche lei, Loretta, via!”
In effetti le due donne non potevano essere più diverse fra di loro. Loretta era bruna, sportiva, capelli legati in una coda, vestiva con jeans e canotta, scarpe sportive, senza trucco, almeno in apparenza, se non un filo di rossetto. Maria Grazia era bionda, formale, capelli scalati freschi di parrucchiere, camicetta di seta, gonna nera, sandali col tacco alto, qualche gioiello discreto ed elegante, trucco curato.
In effetti Claudio non avrebbe saputo dire quale lo attraeva di più, ma tanto al momento entrambe sembravano per lui irraggiungibili.
Fu lo stesso notevole però la sorpresa di vedere Maria Grazia a cena con Rino. Non se lo sarebbe mai immaginato. Vederli in una trattoria alla buona del centro oltretutto stava ad indicare una certa abitudine, prima di tutto perchè ovviamente tutto il paese avrebbe subito saputo dell'uscita e ne avrebbe spettegolato, segno che a nessuno dei due ormai importava nulla dei pettegolezzi, e poi perchè difficilmente una donna sofisticata come Maria Grazia avrebbe accettato di essere portata a cena in trattoria al primo appuntamento. Balenò nella mente di Claudio per un istante il dubbio che si trattasse di una cena di lavoro, ma oltre alle obiezioni precedenti qui ce n'era anche un'altra, e cioè il fatto che Maria Grazia, così attenta alle forme, avrebbe preteso la presenza di almeno un altro commensale.
Non solo Claudio non poteva avanzare alcun diritto, ma non aveva neanche mai potuto immaginare di poterne avanzare, ciò non toglieva che si sentisse strano e gli fosse passata la fame. Se aveva mangiato distrattamente gli gnocchi, nonostante fossero molto saporiti, intento com'era nella conversazione, assaggiò appena il pollo e non avrebbe saputo dirne assolutamente il sapore.
“Non le piace il Pollo?” Disse Loretta.
“No, è ottimo, è solo che stasera non ho fame... e poi ho divorato gli gnocchi con troppo appetito...”
Fu allora che provò ad assaggiarlo con più attenzione, e notò che era di sicuro un pollo ruspante, cotto a fuoco lento con molta calma e dedizione, e gli stesi peperoni erano teneri e delicati.
“Fai male, Claudio, è un pollo ottimo, raramente se ne trovano così buoni!” Disse Rino.
“Caro Rino, e dire che a noi sembrava che la sua concentrazione sul pollo fosse assai modesta!” Scherzò l'ingegnere stradale di cui ora a Claudio sfuggiva il nome.
“Lascialo stare, lo fai diventare rosso!” Ribattè il bancario.
“Cari signori, vedo con piacere che in voi abbondano ilarità e buon umore, ma non eravamo intenti a parlare delle tragedie recentemente accadute?”
“Cara Maria Grazia, se il suo obiettivo era quello di far cessare il buon umore c'è riuscita in pieno.”
“Già. Da quando ho visto quel cadavere non riesco a pensare ad altro!” Affermò il brigadiere Petronillo “Vero che ognuno ha il suo modo di esprimere le emozioni, ma davvero non capisco come si possa assorbire così tranquillamente il ritrovamento di un essere umano ridotto in quelle condizioni.”
“Dai, Petronillo, lascia stare il ragazzo!”
“Grazie per il ragazzo, ma ho 35 anni...”
“Appunto, un ragazzo.”
“Ma dico, erano veramente ridotti così male quei poveretti?”
“Bhè, quello che ho trovato io era dilaniato in più punti come da artigli affilatissimi ed era praticamente dissanguato!” Disse Claudio.
“Era qualcosa di disumano. Non si può credere che un uomo possa compiere atti di quel genere. Viscere dappertutto, sangue sparso in giro, ferite orrende. O si tratta di un mostro o, se un uomo può aver fatto quello, deve essere un pazzo criminale. Di solito i morti ammazzati non sono ridotti in quel modo.” ribattè il carabiniere.
“Ma insomma, chi credi sia stato?”
“Non ho idea. I poliziotti che indagano pensano ad un uomo, un assassino, però sembra impossibile... quando ripenso a quel cadavere in realtà penso che l'idea di una maledizione etrusca non sia così assurda!”
“Dai, è un'idea bislacca!” Esclamò il bancario.
“Anche se ho visto anche io un cadavere” ribattè Claudio “Scarterei pure io l'idea di un mostro... cose del genere accadono solo nei romanzi!”
“Ecco, che vi dicevo? In questo ragazzo c'è qualcosa di strano. I mostri ci sono solo nei romanzi? E perchè, nella vita normale ci sono morti ridotti in quel modo?”
Claudio non si sentì di rispondere, anzi, era veramente stanco della discussione. Salutò, pagò e si alzò.
“Mi raccomando, stasera non vada troppo in giro!” Disse Loretta
“No, credo che andrò subito a letto!” mentì Claudio.



c) Nuovo orrore
Claudio non si sentiva proprio di andare a dormire. Tutte le chiacchiere sentite alla trattoria lo avevano disturbato, o forse era stato il fatto che Loretta lo trattasse in modo scostante, o forse era stata la scoperta che Maria Grazia uscisse con Rino, ma un certo senso di malessere l'aveva preso, lasciandogli una certa indisposizione di stomaco. Due passi erano assolutamente necessari.
Certo, non era Tuscania in quel periodo a suggerire due passi. Nel centro non c'era un'anima in giro, l'illuminazione era relativa, persino la luna si nascondeva dietro nuvole nere, l'atmosfera non sembrava l'ideale per una passeggiata. Così Claudio attraversò tutto il centro storico mantenendosi nel corso principale, fino ad arrivare alla porta San Marco. Claudio fu per un attimo in dubbio se fare una passeggiata o prendere la macchina, e così si avviò verso il parcheggio, avvolto nell'oscurità. Ma non ci sarebbe dovuto essere qualche lampione?
Poi ci ripensò, quello che gli serviva non era un giro in macchina, era una bella passeggiata. Così si voltò in direzione della porta, in fin dei conti la c'era qualche luce, da li sarebbe andato ad un bar nella parte nuova di Tuscania. Fu allora che sentì un rumore strano fra le automobili.
Si voltò, vide in lontananza un'ombra allontanarsi furtiva e rimase bloccato, quasi fosse diventato di sale come la moglie di Lot. Non aveva visto nulla, ma il suo istinto, la sua memoria, tutte le sue emozioni andarono al ricordo di quanto avvenuto solo poche ore prima.
Suggestione, si disse, solo suggestione. Non può essere accaduto nulla, ora vado a controllare e vedrò che non è accaduto nulla, probabilmente sarà solo un gatto che si muoveva fra le automobili.
Ma quale gatto, e l'ombra che hai visto poco fa? Disse una voce dentro di lui, forte, potente, impossibile da ignorare. Appunto, un'ombra, si ripetè testardamente, e decise di andare a verificare. I passi erano lenti e faticosi, gli sembrava di camminare in una montagna coperta di neve, ogni metro gli costava una fatica enorme. Nemmeno lui sapeva perchè andava avanti, ma sapeva che doveva proseguire per vedere cosa fosse successo.
Quando si accorse di cosa era successo la cosa gli sembrò naturale, ovvia, ineluttabile, e si voltò ancora per lasciar uscire la cena appena ingerita.


5 Terrore
a) Indagini
Serpico ed il tenente Colombo tennero Claudio sotto torchio per l'intera mattinata, poi finalmente ad ora di pranzo gli comunicarono che lo avrebbero rilasciato, ma solo a condizione che restasse in città e si rendesse sempre reperibile.
“Ciò vuol dire che sono sospettato?”
“Lei converrà con me, caro architetto, che due ritrovamenti su quattro cadaveri rinvenuti non rappresentano una media normale. Probabilmente significano solo che lei è molto sfortunato, ma capirà, è il nostro lavoro, dobbiamo controllarla!”
“In parole povere, amico, noi siamo convinti che tu sia innocente, ma capirai, se ti lasciamo libero come l'aria e poi viene fuori che sei implicato facciamo una figura del cavolo. Aiutaci, dicci tutto quello che hai visto, dacci una mano a scoprire quello che è accaduto e ti libererai presto di questa rottura di scatole.”
“Ma io vi ho detto tutto quello che so...”
“Architetto, lei è l'unico ad aver visto per due volte l'omicida, possibile che non possa darci alcun elemento per scovarlo?”
“Su, non ricominciamo! Piuttosto, potete dirmi finalmente chi era il morto?”
“Davvero non l'ha riconosciuto?”
“Era buio, ho visto tutto quel sangue e sono rimasto colpito. Mi sembrava di aver notato un che di familiare, ma non ho colto bene...”
“Insomma sei un fisionomista. Vedi, caro collega, mandiamolo via, questo non può aiutarci. Certo, se non scopriamo cosa sarà successo resterai indagato per anni, però ormai sono certo che non riconosceresti nemmeno tua madre, se la vedessi all'improvviso.”
“Insomma, chi era quel tipo!”
“Il signor Fattori, il proprietario dell'azienda agricola che ha visitato pochi giorni fa.”
“Fattori? Quel simpatico signore... oddio, come mi dispiace! Ma non era il fratello quello che ho rinvenuto l'altro giorno?”
“Già. Non è che lei aveva qualcosa contro di loro?”
“Ma che dice? Ho conosciuto il signor Fattori pochi giorni fa, ed il fratello non l'avevo mai visto.”
“Sei sicuro? Non vuoi ritrattare? Guarda che se scopriremo qualcosa noi sarà molto peggio.”
“Ma insomma, vi ho detto la verità!”
“Va bene. Ora vada, che dobbiamo seguire una nostra linea di indagine ben precisa.”
“Non voglia chiedervi quale, voglio solo andare a letto.”
“Mi sembra giusto, ma visto che nessuno di noi ha fatto colazione, che dici di prenderci un cappuccino ed un cornetto insieme al bar qui sotto?”
“Va bene, andiamo, forse mi farà bene.”
I tre scesero al bar, ordinarono tre cappuccini e tre cornetti, poi si appoggiarono al bancone e continuarono a parlare del più e del meno, quando Claudio sentì una voce squillante che lo salutava.
“Caro architetto, buongiorno! Ho saputo la notizia, lei è una vera fonte di continue sorprese! Non so se quando c'è lei in circolazione dobbiamo sentirci più sicuri oppure più in pericolo.”
“Buongiorno, Maria Grazia. In realtà non credo che la vostra sicurezza possa cambiare con la mia presenza, semmai sono io a Tuscania che ho perso la mia.”
“E non mi presenta i suoi amici?”
“Amici... bhè, ormai forse li possiamo definire tali, abbiamo trascorso due nottate insieme. Si tratta dei due ufficiali di polizia incaricati delle indagini sulle morti degli ultimi periodi, le presento...”
Poi Claudio restò per un instante senza parole, non poteva mica presentarli come Serpico ed il tenente Colombo. Venne in suo soccorso Serpico.
“Io mi chiamo Alberto Pacino, per servirla. E questo è il mio collega Pietro Falchi. E non abbia paura per la sua sicurezza, ci penseremo noi.”
“Ma avete qualche idea su cosa stia accadendo?”
“Non si preoccupi, risolveremo tutto, si ricordi, io sono il pistolero più veloce del west.”
Claudio restò un attimo interdetto, sempre più dubbioso su quella strana figura di poliziotto da telefilm americano, incerto se fosse tonto o veramente tanto tonto. Maria Grazia invece rise, di una risata squillante ed argentina, poi chiese
“Ma non avete davvero idee su cosa stia accadendo?”
“Gliel'ho detto, signorina, non si preoccupi, siamo al lavoro.”
“Insomma nessuna idea ancora?”
Ora intervenne il tenente Colombo
“In realtà qualche idea l'abbiamo, ma non possiamo esprimerci nel modo più assoluto. Di questo possiamo parlare solamente con il Sostituto Procuratore della Repubblica incaricato di rappresentare la pubblica accusa.”
“Verso chi? Verso il mio amico Claudio?”
Claudio ebbe un fremito a sentirsi definire amico, poi però ricordò che raramente un amico di una donna riesce a rivestire un ruolo più impegnativo. Perso in mezzo a tali pensieri venne distratto dalla risposta del tenente Colombo.
“Al momento crediamo di no, ci indirizziamo più verso altre piste. Ad esempio i rapporti fra di loro delle vittime... ma non mi faccia dire altro.”
“E quali rapporti avrebbero fra loro le vittime?”
“Non mi faccia dire altro, signora.”
“Ma non credete in un mostro, quello di cui si parla tanto in paese?”
Ora a rispondere fu Serpico
“Non possiamo escludere nulla, signorina, ma non si preoccupi, noi siamo più duri di qualunque mostro.”
“Certo, lei sembrerebbe un vero eroe!”
“Ci può scommettere!”
Rispose un Serpico lieto di quello che riteneva un complimento. Ma Claudio colse un chiaro tono ironico nella risposta di Maria Grazia, e non potè negare a se stesso di esserne molto contento.
Maria Grazia regalò un sorriso radioso ai tre interlocutori
“Ma quindi se un giorno volessi sentirmi più rassicurata, potrei venire a prendere un caffè con voi?”
Quindi, senza attendere risposta, si voltò e se ne andò.
“Ora bando alle ciance, caro architetto, noi abbiamo da lavorare. Ti salutiamo e ce ne andiamo a svolgere il nostro mestiere.”
“In effetti, capirà, architetto, fra non molto arriveranno i primi risultati dell'autopsia, la scientifica sta esaminando il luogo del ritrovamento, abbiamo chiesto tutti i tabulati dei telefoni del signor Fattori, dobbiamo riposare un po prima che arrivi il tutto, altrimenti crolleremo dalla fatica.”
“In effetti anche io sogno un letto... arrivederci, signori.”
Claudio sgattaiolò nell'albergo cercando di non farsi notare, per evitare di parlare con la signora Lucia. Tanto cara signora, per carità, ma aveva bisogno di riposo prima di poterla affrontare. Naturalmente, il desiderio di Claudio si rivelò presto una mera utopia.
“Dottò, ma che ha combinato?”
“Io niente...”
“Ma come, un'altro cadavere! Ma che c'è andato a fare nel parcheggio a quell'ora!”
“Ma non era tardissimo!”
“A Tuscania, alle dieci, in una notte senza luna? Ma cosa si è messo in testa, perchè corre certi rischi?”
“Pensavo di fare una passeggiata...”
“E la faccia di giorno, santo ragazzo!”
“Ha ragione, ma mi scusi, ora sono distrutto, devo proprio andare a letto.”
“Vada, vada! Ha corso il rischio di riposare in eterno, e per la seconda volta! Si è chiesto perchè non troviamo noi di Tuscania dei cadaveri di notte?”
“No, perchè?”
“Perchè di notte non andiamo in giro a cercare guai!”
“Forse ha ragione, ma ora mi faccia andare a riposare, la prego!”
Claudio salì in camera, fece giusto in tempo a togliersi le scarpe e cadde profondamente addormentato.





















b) Perplessità
Quando Claudio si svegliò era ormai pomeriggio inoltrato. Si sentiva stanchissimo, ma un feroce mal di testa sembrava sconsigliare di provare a dormire ancora. Claudio si trascinò in bagno, dove fece una lunga doccia, sperando potesse servire a rilassarsi, quindi si rase e si vestì.
Doveva almeno provare a parlare ancora con la signora Lucia, aveva assoluto bisogno di una lavanderia, ormai gli abiti iniziavano a scarseggiare. Magari le polo avrebbe potuto provare a lavarsele da solo ed appenderle con cura senza stirarle, come pure la biancheria, ma pantaloni e camicie non era in grado di sistemarli da solo.
Con passo lento scese le scale, per sua fortuna trovò la signora Luisa con altri clienti, quindi alla sua domanda potè rispondere solamente con un:
“Ma benedetto ragazzo, dia tutto a me che ci penso io!”
“Ma no, signora, le porterò in lavanderia, non mi pare giusto!”
“Ma quale lavanderia? Lo farò io.”
“Mi mette in imbarazzo... almeno mi permetta di pagare!”
“Assolutamente no.”
Dopo una contrattazione relativamente lunga stabilirono un prezzo di € 30 la settimana supplementari, quindi Claudio potè uscire. Non aveva alcuna voglia di recarsi in comune, non era nelle condizioni di provare a lavorare, decise di provare ad andare da Don Diego per scambiare due parole.
Suonò il citofono, ma non ebbe risposta, provò ad andare a chiedere nel Duomo e venne indirizzato in un ufficio nel palazzo attiguo.
“Caro Claudio, come va? Ho saputo delle novità spiacevoli!”
“Vero, Don Diego. La prego, non mi faccia descrivere quello che ho trovato, che tanto lo saprete di sicuro e purtroppo non ho visto nulla che possa dare una spiegazione a quanto successo.”
“Non si preoccupi. Noi sacerdoti siamo abituati ad ascoltare, almeno quelli che, come me, hanno anni di esperienza di confessionale.”
“Io non so, in realtà... non so cosa ho visto, di cosa ho paura, cosa può essere successo! Quei poveri resti sembravano ridotti male, ma la polizia, anzi, uno dei due poliziotti, quello più rotondetto, Falchi, è sicuro che si tratti della mano di un uomo, un assassino. D'altra parte quale bestia potrebbe aggirarsi di notte nelle nostre città e sparire inosservata? Però quale uomo potrebbe agire con tanta crudeltà?”
“Caro Claudio, non mi dica che anche lei sta diventando preda di superstizioni anacronistiche. Non so se l'assassino sia un folle che vuole sfogare i propri istinti omicidi oppure sia un losco individuo con un piano ben definito, ma mi sento di escludere sia quel soprannaturale che anche lei sembra ventilare sia l'intervento di qualche bestia crudele. Non siamo più nella Francia del XVIII secolo, e neanche nell'Africa selvaggia. Qua di bestie che attaccano uomini già ce ne sono pochissime, ed in quei casi, come ad esempio quando un cane randagio attacca qualcuno, è facile risalire all'accaduto. Mi sembra che quel poliziotto segua la strada più razionale.”
“Don Diego, è sempre un piacere parlare con lei. Riesce sempre a riportare la calma ed a condurre il discorso su temi razionali. Non me lo aspettavo da parte di un sacerdote, sa?”
“Perchè, noi dovremmo essere tutti retrogradi, dogmatici ed irrazionali?”
“No, che c'entra...”
“Via, non peggiori le cose. Piuttosto, già finito il suo sfogo?”
“Non saprei che altro dire... Falchi sembra voler indagare su qualche rapporto fra le vittime che avrebbe individuato... in effetti si tratta di Fattori e di due suoi parenti, più una commessa che non è neanche certo che conoscesse uno dei tre.”
“A proposito, ha sentito? La povera moglie di Fattori è stata colpita da un'ictus, dopo aver riconosciuto il cadavere del marito. Ora è in rianimazione e lotta per sopravvivere.”
“Mi spiace molto.”
“Mi diceva dei rapporti fra le vittime... cosa intendeva?”
“Non lo so. Falchi non si è confidato. Pacino sembra invece credere più ad un folle, o magari all'idea del soprannaturale.”
“A me sembra che sia Falchi ad avere le idee più chiare. Ora però devo scusarmi, Caro Claudio, ma devo svolgere del lavoro. Sa, anche noi sacerdoti abbiamo delle scadenze da rispettare. Cosa pensa di fare, ora?”
“Non so. Per il momento meglio che non mi allontani da Tuscania, domani sentirò la sovrintendenza, magari mi prenderò qualche giorno di ferie.”
“Ed ora?”
“Ora andrò a mangiare e poi a letto presto, sono ancora distrutto.”
“Fa benissimo. La saluto, ora.”
Claudio, parzialmente rinfrancato, uscì dall'ufficio e lasciò il sacerdote al suo lavoro. Fece due passi per vie che sperava fossero poco frequentate, quindi si recò alla trattoria della signora Gina. Arrivò sperando che la trattoria fosse vuota, invece c'era più o meno la stessa gente della sera prima, che lo accolse con grande interesse. Loretta si preoccupò di farlo sedere e di portargli subito pane ed acqua, poi tutti gli avventori gli chiesero un resoconto, che lui cercò di dare nel modo più rapido possibile.
La conversazione si acquietò momentaneamente all'arrivo dell'antipasto di mare, un misto di cibi caldi, gamberi al vapore, soutè di vongole e cozze, vari mitili gratinati e crostacei bolliti, e cibi freddi, acciughe, un carpaccio di tonno ed insalata di mare. Claudio fu grato alla signora Gina di aver interrotto una discussione in cui non aveva nessuna voglia di continuare, ma le sue speranze durarono poco. Prima ancora che si terminasse di mangiare l'antipasto e si finisse il primo bicchiere di vino bianco tutti gli avventori già si rivolgevano a lui e di nuovo era al centro dell'attenzione.
“E così anche stavolta non ha visto nulla. Non succede neanche nei reati di Mafia!”
“Non so cosa dirle. Sarò tardo nelle reazioni.”
“Ma come è andato a passeggiare in un parcheggio di notte, benedetto ragazzo? E magari non aveva nemmeno parcheggiato la macchina li!”
“In realtà si, ma non avevo nessuna intenzione di recarmi a prendere la macchina.”
“E stavolta conosceva la vittima!”
“Si, avevo avuto modo di conoscerlo.”
“E magari aveva interessi in comune!”
“Veramente nessuno. Lui voleva far dichiarare monumento nazionale, o almeno far proteggere in qualche maniera un palazzetto molto bello, di sua proprietà, in campagna, pratiche che io potrei anche avviare, ma sono venuto qui per altre ragioni e comunque che tali pratiche fossero andate a buon fine o meno a me non sarebbe cambiato nulla.”
“Questo è quello che dice lei, mio caro.”
“Ma che vuole che mi interessi se un palazzetto è protetto o meno dalla sovrintendenza!”
Fu ancora salvato da Loretta, che portò a tavola il primo, dei tagliolini alle vongole, dai quali saliva un odore di aglio forte ma niente affatto fastidioso.
“Lasciate stare l'architetto Pediconi, ha vissuto due brutte avventure nel giro di pochi giorni, sarà sconvolto, troppo per stare a sentire le vostre elucubrazioni!”
“Mio caro, sembra che lei abbia qui trovato un ottimo avvocato difensore!”
Il diversivo dei tagliolini fu ancora meno efficace di quello precedente, ed a breve il bancario partì alla carica.
“Ma un buon avvocato difensore non basta, quando gli indizi sono evidenti. Mio caro architetto, lei dovrà spiegarci molte cose, credo.”
“Io invece credo di non dover spiegare nulla.”
“Ma sentite” intervenne Loretta “Perchè insistete così? Lui ha solo trovato i cadaveri!”
“Non è così semplice, mia cara. Non è così semplice. Il nostro architetto ha rinvenuto i due cadaveri di notte, in un ora in cui in paese nessuno va in giro da solo, in luoghi dove di solito non si passeggia di notte senza un motivo preciso. Perchè andare in un parcheggio, se non si sta andando a prendere la macchina? E perchè girare intorno ad una chiesa chiusa, finendo fra le siepi, salvo che non si sia con una donna e non si voglia nascondersi da sguardi indiscreti? Ma il nostro architetto, a suo dire, non era con una donna e non stava andando a servirsi di una automobile.”
“Quindi cosa vorrebbe insinuare, che io abbia assassinato quei poveretti?”
“Mio caro, io mi limito a dire che lei evidentemente ha qualcosa da nasconderci.”
“Proprio vero, subentrò l'ingegnere, c'è qualcosa di poco chiaro.”
“Ma di cosa lo state accusando?”
“Non lo sappiamo, mia cara, solamente in questo momento siamo tutti preoccupati e vorremmo sapere cosa ci nasconde il nostro architetto, altrimenti ben difficilmente potremmo essere tranquilli mentre siamo seduti a tavola con lui.”
“Quanto a questo non ci sono problemi, è con molto piacere che vi lascio mangiare tranquillamente.”
Claudio prese dal portafoglio un biglietto da dieci euro, lo lasciò sul tavolo e si alzò.
“Ci lascia, non attende il dolce? Abbiamo un sorbetto al limone fatto in casa...”
“Mia cara Loretta, lo gusterei con molto piacere, ma non voglio rovinare la cena agli altri suoi clienti. La saluto, tornerò domani, sempre che la cosa non infastidisca qualcuno. Non vorrei risultare dannoso per i conti del suo ristorante.”
Furibondo, Claudio si allontanò, sotto gli occhi di Loretta. Sorprendentemente, sentì uno strano picchettare alle sue spalle, si voltò e vide Maria Grazia che cercava di correre sui suoi tacchi a spillo.
“Claudio, mi aspetti!”
“Cosa succede?”
“Debbo parlarle, ma non ora. Vede, oggi ho conversato a lungo con uno dei poliziotti, quel Falchi...”
“Il tenente Colombo!”
“Come?”
“No, mi scusi, prosegua!”
“Le dicevo che ho parlato con Falchi e lui mi ha esposto una strana teoria.”
“Non parlava di indagini sui rapporti di parentela dei defunti?”
“No, sembra che a suo parere le parentele siano un caso... ma voglio parlarne con lei, non possiamo vederci più tardi?”
“Più tardi? Va bene, ma perchè vuole parlarne proprio con me? Da tempo sto cercando di convincere tutti che io di questa storia non so nulla!”
“Perchè lei ormai è coinvolto in questa storia ed ormai, volente o nolente, deve occuparsene. Non vorrei tirar dentro troppe persone.”
“Va bene, incontriamoci, ma cosa dirà Marini?”
“Non sia sciocco, è un buon amico ed un collega, ma nulla più, non può proprio essere geloso. E poi io parlo con chi mi pare e piace e non devo renderne conto a nessuno.”
“Va bene, quando vuole che ci incontriamo?”
“Sono le otto e mezza... facciamo fra un ora, dovrebbe essere aperto il bar vicino Porta San Marco.”
“Ci sarò.”
“Grazie, ed a più tardi!”
Maria Grazia si allungò leggermente sui suoi tacchi vertiginosi e diede a Claudio un bacio sulla guancia.
“Però non dare più del lei, ormai stiamo vivendo insieme una strana avventura, diamoci del tu!”
“Certo, Maria Grazia, avrò piacere a darle... ahem, a darti del tu!”
Claudio non potè negare a se stesso di essere vagamente lusingato da quel colloquio. Come trascorrere l'ora che mancava all'appuntamento? Tornare in pensione non se ne parlava, avrebbe dovuto sfuggire alle domande della signora Lucia, troppa voglia di camminare ancora di notte per il centro di Tuscania non ne aveva, entrò nel primo bar che vide aperto ed ordinò un caffè.
Sentì su di se gli sguardi del barista e dell'unico cliente, quindi vide un giornale sul tavolo e si sedette. Era un giornale sportivo, c'erano interminabili articoli sui presunti affari di mercato delle più famose squadre di calcio europee, qualche riga su eventi del ciclismo e del tennis, però era un buon modo per trascorrere un'ora in quel bar senza dover parlare con nessuno.
 
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Sandogat
view post Posted on 9/10/2010, 13:25




c) Svolta

Alle nove e venti Claudio chiuse il giornale ed uscì dal bar in cui si era rifugiato, dirigendosi prontamente verso il luogo dell'appuntamento. Camminando, si accorse dell'oscurità che era scesa sul centro storico di Tuscania, di quante poche luci fossero accese, e non potè fare a meno di provare un brivido.
Sentiva una specie di eccitazione salire, quel brivido si univa ad una leggera contrazione che proveniva dalla bocca dello stomaco. Perchè mai doveva sentirsi come un liceale al primo appuntamento? Eppure era chiaro che si sarebbe solo parlato degli omicidi. Chissà, a proposito, quale strana teoria stava seguendo il tenente Colombo. I rapporti di famiglia sembravano una pista credibile, con tutti quei morti parenti fra loro, non riusciva davvero ad immaginare quale avrebbe potuto essere l'eventuale ipotesi alternativa.
Arrivato al bar nel quale aveva l'appuntamento con Maria Grazia ebbe la brutta sorpresa di trovarlo chiuso. Le luci erano spente, la saracinesca abbassata. Per altro l'idea di attendere li la donna non gli sembrava particolarmente alettante. D'altra parte però non aveva il suo numero di cellulare, quindi era obbligato ad aspettare.
Roso dall'inquietudine, provò a passeggiare attorno al locale, quando sentì un rumore. L'inquietudine lo prese, sentì come un blocco alla bocca dello stomaco, si voltò a fatica, quindi vide un tizio vestito di scuro che esclamò immediatamente:
“Senta, lei, che sta facendo qui?”
“Io... nulla! Ma lei chi è?”
L'uomo avanzò di qualche metro e Claudio, non senza un sospiro di sollievo, si accorse che si trattava di un metronotte. Probabilmente c'era una banca o una gioielleria li vicino.
“Ripeto: cosa sta facendo qui?”
“Ma torno a ripeterle che non sto facendo nulla!”
“Ma come, solo, al buio, non c'è nulla qui in giro!”
“E va bene, aspetto una persona, ma la prego, non si faccia strane idee!”
“Bhè, lei si che sa scegliere bene i posti per gli appuntamenti. Tutto ciò ha senso solo se sta attendendo una donna sposata.”
“Non proprio, cioè, non sposata, ma non è come crede lei!”
“Certo, certo.. non è come credo io... , ma capisco che lei possa desiderare che io la lasci solo! Non si preoccupi, non sono certo un inopportuno!”
“La ringrazio.”
Claudio iniziò a rilassarsi, ma questa sensazione era destinata a durare poco. Infatti un rumore familiare balzò alle sue orecchie, lasciandolo senza parole.
“Oddio... non ha sentito nulla?”
“Qualcosa di strano... di cosa potrà trattarsi? Un cane randagio, forse?”
“Venga con me... ma non faccia rumore!”
I due si avviarono nell'oscurità, nel bel mezzo del parcheggio, non lontano da dove Claudio aveva trovato il cadavere martoriato del possidente. I due iniziarono ad aver timore e si mossero fra le automobili parcheggiate in silenzio, guardandosi attorno con circospezione, pieni di un timore ancestrale, consci che qualcosa di terribile era in agguato nelle profondità della notte. Sentirono come un rantolio, andarono in quella direzione, e videro qualcosa che non avrebbero voluto vedere. Fu con fatica che Claudio riuscì a prendere il cellulare e chiamare la polizia. L'ambulanza non la chiamò, perché con tutta evidenza non serviva, quello a terra era inequivocabilmente un cadavere, il cadavere del poliziotto Pietro Falchi.



















6 Azione
A) Rastrellamento

Serpico era nervoso, si muoveva in continuazione, parlava solo ad altissima voce, camminava a scatti muovendo le mani per ogni dove.
Quando si fermò di fronte a Claudio e parlò per l'ennesima volta sembrava preda di una strana febbre.
“Bene, architetto Pediconi, la testimonianza di una guardia giurata la salva, per questa volta, ma sappia che il suo ostinato rifiuto di collaborazione non mi rende certo ben disposto nei suoi riguardi.”
“Ma quale rifiuto, stavolta ha sentito anche il signor Lupoli, la guardia giurata...”
“Non svii il discorso. Ora stiamo iniziando un rastrellamento, perquisiremo tutti, cercheremo in ogni anfratto, chiunque o qualunque animale abbia compiuto questo delitto ha i minuti contati.”
“Quindi ancora non sa se si tratta di un uomo o di un animale?”
“Il mio povero collega pensava si trattasse di un uomo, ed aveva delle teorie ben precise che non voleva confidare prima del tempo. Ed è anche sparito il suo PC portatile, dove prendeva tutti gli appunti.”
“Ma come avrebbe potuto un animale rubare un PC? Cosa se ne sarebbe fatto?”
“Senta, se sa qualcosa parli o non mi faccia perdere tempo!”
“E le autopsie cosa dicono?”
“Le autopsie non sono ancora pronte, oggi è sabato ed i primi delitti sono avvenuti domenica scorsa. Abbiamo solo i rilievi della scientifica.”
“Ma si chiama scientifica anche in Italia?”
“Certo che no, ma fa più fico. Si ricordi sempre che io sono il pistolero più veloce del west. Ed ora mi lasci andare, ho da fare.”
Detto ciò si allontanò velocemente.
Veloce era veloce, non c'erano dubbi, ma a Claudio Serpico sembrava sempre più cretino. Più che un pistolero veloce sembrava un velocista pistola.
Con questa riflessione poco fiduciosa Claudio si rimise seduto sulla panca della stazione di polizia, attendendo che qualcuno gli dicesse se poteva andar via, e si appisolò in mezzo alla confusione che regnava sovrana.
Dormì, e nel sonno si vide intento ad affrontare una terribile bestia, una via di mezzo fra un uomo ed un lupo, alta più di due metri, con una forza devastante, artigli ferrei, zanne aguzze e una bava biancastra che scendeva dai feroci canini. Però poi la figura si fece sempre più confusa, si avvicinò sempre più a Claudio, con aria sempre più minacciosa, la bocca spalancata e gli artigli pronti al colpo, ma piano piano la figura iniziava a cambiare, restava minacciosa ma diventava meno imponente, gli artigli meno lunghi, le zanne rientravano, diventava qualcos'altro, o meglio qualcun altro, ma quando Claudio stava per capire chi o cosa stesse diventando il lupo mannaro improvvisamente tutto iniziò a tremare.
“A dottò, che fa, dorme qua? Vada a casa, che è meglio!”
Claudio vide un poliziotto che lo stava svegliando, impiegò un momento per recuperare lucidità e raddrizzarsi, quindi ringraziò e si alzò.
Cosa significava quel sogno? Si trattava di un delirio dovuto al terrore o alla stanchezza o forse il suo cervello stava elaborando le informazioni in suo possesso? Se così era l'elaborazione doveva essere veramente inconscia, perché non aveva alcuna idea di cosa potesse essere mai accaduto in quei giorni.
In ogni caso restare li a riflettere era impossibile, riposare pure, Claudio non vedeva l'ora di andar via. Il poliziotto che era rimasto con lui aveva dei dubbi, in un primo momento sembrava non volerlo lasciar via, ma in fin dei conti non c'era nessun provvedimento a suo carico, quindi dovette capitolare.
Claudio per prima cosa aveva bisogno di un buon caffè nero, quindi di una doccia calda e di un letto. Sembrava però ci fosse qualcun altro ad avere le stesse necessità. Lupoli, la guardia giurata che aveva condiviso con lui il ritrovamento della sera prima, con la stessa faccia sconvolta che Claudio credeva di avere.
“E così, amico, come ci si sente prima di finire in galera?”
“Che volete dire?”
“Elicotteri, pattuglie, unità cinofile... ma secondo lei troveranno qualcosa?”
“Non credo.”
“E perché stanno facendo tutto ciò?”
“Me lo dica lei.”
“Perché al momento non sanno che pesci prendere, ma è stato ammazzato uno di loro, quindi devono fare qualcosa.”
“Posto che sia vero, e allora?”
“Allora quando non avranno trovato nulla, cosa crede che faranno?”
“Non lo so, non parli per enigmi e vada al punto!”
“Il punto, caro amico, che c'è un colpevole bello e pronto, che ha trovato vari cadaveri, ha addosso il loro DNA, non ha alibi per nessun morto.”
“Sarei io?”
“Si. Tu.”
“Ma lei mi scagionerebbe per l'ultimo morto!”
“Non sarà così difficile affermare che io sia un complice o un testimone prezzolato. Siamo nei guai tutti e due, sia io che te, anche se te sei messo peggio.”
“Ma non ci sono prove!”
“E allora? Fra quindici anni finirà il processo ter o quater, saremo assolti con formula dubitativa, ci saremo venduti anche le mutande per pagare gli avvocati, nessuno crederà alla nostra innocenza, saremo liberi ma rovinati.”
“Non capisco dove vuole arrivare!”
“Senti, siamo nella stessa barca. Io so che tu sei innocente, so che eri appena arrivato, ti ho visto venire dal centro, so che non puoi essere tu l'assassino!”
“Grazie tante, almeno uno che mi crede. E allora?”
“E allora diamoci da fare, diamine, troviamo questo criminale!”
“E come possiamo farlo noi due, se la polizia non riesce?”
“Possiamo, perché solo noi due siamo certi che tu non sei colpevole. Che non c'entrano nulla neanche bestie o lupi mannari lo sa anche la polizia, o lo saprà fra poco. Ma abbiamo poco tempo. E poi io ho esperienza, una volta ero poliziotto.”
“Capisco, ma....”
Claudio non fece in tempo a terminare ciò che stava dicendo, perché una esclamazione risuonò:
“Claudio, che impressione! Come stai?”
Si trattava di Maria Grazia che entrò nel bar in cui si erano rifugiati i due interlocutori, abbracciò Claudio, gli diede un bacio su una guancia e riprese a parlare:
“Che preoccupazione, ieri quando non ti ho visto ed oggi quando ho saputo! Ma che ci facevi li da solo?”
“Veramente aspettavo lei... cioè, te!”
“Ma come? Qua lo sanno tutti che quel bar di notte è chiuso! Io ti aspettavo in piazza!”
“No, mi hai detto li!”
“Non è possibile, avrai capito male. Ma dimmi...”
disse Maria Grazia prendendo Claudio per un braccio e portandolo in un angolo del bar:
“Perchè stai con quel tizio? Non sai che è stato licenziato dalla polizia qualche anno fa? Era mezzo matto, prendeva a botte la gente per fargli confessare chissà cosa...”
“Si tratta del mio testimone a favore, quello che ha visto che non posso avere nulla a che fare con l'omicidio del poliziotto.”
“Se quello è il tuo testimone sei messo male. Devi parlare con il signor Pacino, che sembra in gamba, più di quel suo collega, poveretto, che faceva tanti voli pindarici assurdi!”
“In gamba Serpico? Speriamo bene!”
“Parlaci, dammi retta. Ed ora devo salutarti, devo tornare al lavoro, ma dobbiamo sempre parlare... basta appuntamenti strani, però, dammi il tuo numero di cellulare e vediamoci in modo più civile, di giorno!”
Claudio diede a Maria Grazia il numero di cellulare e la salutò, tornando dalla guardia giurata.
“Lascia perdere gli appuntamenti galanti, stavamo parlando delle nostre vite! Ti ho detto che dobbiamo indagare, io ho esperienza!”
“Quella fatta in polizia?”
“Te l'hanno detto, vero? Ebbene si, mi sono dovuto dimettere, stavo indagando su un politico, mi sono fatto prendere la mano, ero in un periodo difficile, avevo appena divorziato, ma ti garantisco che il periodo difficile è passato ed io sono più in gamba di questo pazzo che sta seguendo per ora il nostro caso!”
“Più in gamba? Forse, ma non abbiamo certo le loro possibilità ed i loro mezzi di indagine... se andremo ad interrogare qualcuno perchè dovrebbe risponderci? E come potremo fare i rilievi, conoscere le autopsie, gli esami del DNA?”
“Senti, mammoletta, se mi vuoi aiutare bene, altrimenti farò da solo. Vuoi pensarci? Bene, incontriamoci ancora qui stasera, alle sette, prendiamo l'aperitivo e mi farai conoscere le tue decisioni. Ma ricorda quel che ho detto, io ho bisogno del tuo aiuto per indagare e se non troveremo noi il vero colpevole, cercheranno di dare a noi la colpa.”
“E non potrebbe esserci qualcosa di sovrannaturale sotto, come sembra pensare Serpico?”
“Guarda, non ti rispondo solo per non maltrattarti troppo.”
Detto ciò, la guardia giurata se ne andò, lasciando Claudio da solo.



B – Nessuna nuova, buona nuova.

Claudio era molto stanco, ma non aveva nessuna voglia di dormire. Si recò comunque in camera, cercando di evitare la signora Lucia, fece una doccia, ne aveva assoluto bisogno, si stese sul letto e provò a riflettere. Di dormire non se ne parlava nemmeno, ma quel feroce mal di testa che non lo abbandonava gli impediva anche di pensare. Eppure doveva farlo. Che fare, dar retta a quel pazzo di guardia giurata o affidarsi alla polizia? Indubbiamente Lupoli era un pazzo, il fatto che fosse stato allontanato dalla polizia lo provava, ma in fin dei conti lo aveva salvato con la sua testimonianza e l'idea stessa di affidare il proprio futuro a Serpico lo faceva rabbrividire.
Magari un altro caffè ed una passeggiata avrebbe potuto aiutarlo, a dispetto dell'afa asfissiante di Tuscania, e magari gli avrebbe fatto bene anche mangiare qualcosa. Era domenica mattina, era fuori discussione recarsi da Don Diego, il quale sicuramente stava officiando o comunque era impegnato nelle sue attività curiali, ed era un peccato perchè era l'unica persona con cui Claudio avrebbe voluto parlare, così si recò in un bar, il più fuori mano che gli riuscì di trovare nel centro storico, ed ordinò una pizza ripiena e una birra piccola.
Mentre sorseggiava la seconda birra, che non riusciva a cancellare l'arsura che sentiva in gola, il telefonino squillò.
“Claudio? Sono Maria Grazia. Che ne dici di prendere un aperitivo in piazza alle sei, stasera? O preferisci che facciamo colazione insieme domani mattina?”
“No, va benissimo oggi pomeriggio. Domani vorrei provare a riprendermi e ricominciare a lavorare.”
“Ma come fai a pensare al lavoro in un momento simile?”
“Meglio che rimuginare da solo sulle stesse cose.”
“Bene, spero che oggi pomeriggio non vorrai rimuginare con me!”
“No, nessun pericolo.”
“Bene, ci vediamo più tardi!”
Due aperitivi uno dopo l'altro, aveva mangiato poco, non aveva dormito ed aveva la testa che gli scoppiava. Si augurava di reggere.
Fu con sorpresa che venne interrotto nei suoi pensieri e si sentì chiamare:
“Architetto, come va?”
Era Loretta, che immediatamente gli si avvicinò. Per una volta la ragazza non era vestita con i soliti abiti sportivi, ma indossava un abito bianco, molto semplice, che però indosso alla ragazza faceva la sua figura, e per una volta non indossava le solite scarpe da basket ma dei sandali neri con un minimo di tacco.
A Claudio però non fu concesso di proseguire quelle riflessioni.
“Ho saputo del poliziotto, in paese non si parla di altro. Stavolta però c'è quel tipo che ha già detto a tutti di averla vista arrivare e che lei non può essere coinvolto, anche se non ha una grande reputazione... sa, viene da fuori, da Marta, qui lavora e basta, qualche anno fa lavorava in polizia a Viterbo ma è stato costretto a dimettersi... ma la sua testimonianza è buona lo stesso, immagino.”
“Immagino di si.”
“Ma quel poliziotto che è rimasto... erano una coppia ad indagare, ma quello che è rimasto mi piace molto poco, è un tipo strano, non credo possa arrivare da nessuna parte. Sembra più il tipo adatto a torchiare uno spacciatore che ad indagare su un caso simile.”
“Non saprei.”
“Stia attento, però. Non mi faccia stare in pena.”
L'idea che Loretta potesse stare in pena per lui solleticò Claudio.
“Starò attento... anche se non capisco come mai abbia fatto io tutti quei ritrovamenti. In effetti capisco che questo sfidi le leggi della logica.”
“Secondo me non può essere casuale. C'è qualcuno che vuole coinvolgerla.”
“Dice?”
“Dico. Senti, qualche giorno fa mi hai proposto di darci del tu, ma io ti ho risposto male, mi dispiace, non ero di buon umore, possiamo farlo ora?”
“Bhè, immagino di si!”
“Bene, allora spiegami come mai hai trovato tu tre morti su cinque, tutti quelli che sono morti da quando sei venuto in paese. Secondo me è stato un caso solo il primo rinvenimento. Pensa a chi può averti visto, a chi poteva sapere che eri in giro a passeggiare la seconda e la terza volta.”
“La seconda nessuno, ho passeggiato a casaccio, nonostante in molti mi abbiate messo in guardia.”
“E ieri?”
“Ieri.....”
Claudio rimase a bocca aperta.
“Allora qualcuno c'è!”
“Si, qualcuno che in effetti mi ha sorpreso con il suo comportamento.”
“Di chi si tratta?”
“Di due persone. Una ragazza che lavora in comune...”
“Chi, quella Maria Grazia?”
“Si. Prima mi trattava con freddezza, poi all'improvviso con familiarità.”
“Questo in teoria potresti dirlo anche di me!”
“Ecco... ahem... non è la stessa cosa!”
Farfugliò Claudio mentre Loretta se la rideva.
“Lei prima era un pezzo di ghiaccio, poi affettuosa, e tu non mi hai invitato a prendere qualcosa vicino ad un posto in cui ho poi ritrovato un cadavere.”
“Davvero?”
“Si.”
“Non mi è mai piaciuta, una presuntuosa. E poi?”
“La guardia giurata. Perchè mai dovrebbe voler indagare con me? Cosa rischia lui?”
“Vero. Ma devi decidere rapidamente di chi ti fidi dei due e chi sospetti. Almeno uno dei due non è coinvolto, forse nessuno dei due.”
“Si, ma nessuno dei due mi convince!”
“E perchè ne parli proprio a me? Io ti convinco?”
“Ecco, io...”
“Oppure non hai altre persone con cui parlare?”
“No, cosa dici!”
“Comunque sono contenta che me ne parli, ma stai più attento con gli altri!”
Claudio sorrise, apparentemente contento del suggerimento, ma se da un lato era molto soddisfatto che Loretta sentisse il bisogno di dargli consigli, dall'altra il dubbio iniziava a roderlo. La ragazza lo aveva visto tutte le sere, sapeva esattamente quando finiva di mangiare, sapeva quando andava a passeggiare e quando tornava in albergo, era senza dubbio la persona più informata sui suoi spostamenti serali.
Poteva davvero fidarsi?
Loretta sembrava però non volersi porre nemmeno il problema. Dopo numerosi inviti alla prudenza, Claudio iniziò ad averne abbastanza e chiese:
“Mi ha detto la signora Lucia che fai una vita quasi monastica, pochi amici, nessun ragazzo, sempre al ristorante, poche ferie, mi domandavo come mai!”
“Accidenti.” L'umore di Loretta sembrò cambiare di colpo. Divenne prima molto triste, poi sembrò preda dell'ira.
“Accidenti. Preferisco evitare l'argomento, vedi....”
“Bhè, se preferisci...”
“Mi spiace.”
“Indubbiamente è un peccato, ormai stavamo raccontandoci tutto, parlare a volte fa bene, ma se preferisci non parlarne per me va bene.”
“E va bene. Questo paese del cavolo! Anni fa ero una adolescente come le altre, avevo amiche, qualche storia con qualche ragazzo, nulla di che, per carità, le solite cose.”
Claudio ebbe l'impressione che Loretta ci tenesse a far notare che le sue storie erano innocenti. La cosa gli fece piacere, anche se non dimenticò i ragionamenti di poco prima.
“Certo, come tutte le ragazze!”
“Esatto, come tutte le ragazze. Poi a 18 anni cominciai ad uscire con un ragazzo poco più grande di me, che frequentava l'università a Roma. Studiava economia, andava benissimo, anche al liceo era sempre il primo della classe, era figlio di un imprenditore del posto, ma che oramai viveva da tempo a Viterbo, uno che ha non so che ruolo in Camera di Commercio e nella Confindustria. In quel periodo ancora vivevano qui, e quel tipo fino a poco prima aveva una infinità di ragazze, ma ormai a Tuscania usciva solo con me, mi pareva un sogno.”
“Capisco. Ma anche questo è normale, capita spesso!”
“Già. Non pretendo di avere vissuto chissà quale storia originale. Comunque siamo stati insieme per sette anni, lui si è laureato, poi ha fatto pratica presso uno studio commerciale, quindi ha superato l'esame da commercialista. Pareva volesse fare il libero professionista. Parlavamo sempre del futuro, sembrava che lui volesse aprire uno studio qui ed uno a Viterbo, ci saremmo sposati e, dato che io volevo continuare a lavorare, lui diceva di voler creare un piccolo albergo a Viterbo. Diceva che il padre aveva una palazzina diroccata in centro a Viterbo, non grande ma sufficiente per metterci una decina di camere, appena avesse cominciato a lavorare l'avrebbe ristrutturata e ci avremmo realizzato un piccolo albergo. Non voleva invece che io gestissi un ristorante, troppo impegno, diceva, non voleva che lavorassi tutte le sere tutti i fine settimana.”
“Non aveva torto... ma per ristrutturare ed arredare un albergo di soldi ne servono, e neanche pochi!”
“Lo so. Io non ne avevo, la trattoria lavora, va bene, io e mia madre abbiamo qualche soldo da parte, ma non siamo certo ricchi e non posso chiedere la luna a mia madre. Lui diceva che il padre gli avrebbe dato dei soldi, ed in effetti al padre sembrava piacere l'idea, avrebbe trovato dei contributi a fondo perduto, altri agevolati, per quello che restava avrebbe chiesto un mutuo o un leasing e ci saremmo riusciti. Un paio di volte facemmo anche i conti con suo padre, il quale sembrava non volergli neanche far chiedere il mutuo, gli avrebbe dato lui tutti i soldi necessari.”
“Capisco. Ma ancora non sei arrivata al punto.”
“Si, tutto ciò per farti capire che ormai avevamo pianificato per bene anche il matrimonio. Io avevo superato i 25 anni, lui ne aveva quasi 30, mi sembrava il momento giusto. Poi lui aprì il suo studio professionale, ma solo a Viterbo, e vinse non so quale concorso, di modo che lavorava la mattina in un ente pubblico, il pomeriggio nel suo studio. Guadagnava molto bene, ma era sempre impegnato, salvo il fine settimana, ma io il sabato sera e la domenica a pranzo dovevo aiutare mia madre qui, in trattoria, quindi ci vedevamo solo la domenica pomeriggio, più qualche volta che io andavo a trovarlo a Viterbo, spesso capita che dentro la settimana qui si lavori poco. Sentivo un poco di freddezza da parte sua, meno ci vedevamo più o sentivo freddo, ma credevo che fosse solo perchè ci vedevamo meno, non credevo si stesse stancando.”
“E poi?”
“Poi un giorno lo andai a trovare senza avvertirlo, avevo preso un regalino e volevo fargli una sorpresa.”
“Ahi. Ho un po paura di ascoltare il seguito.”
“E già. Come immagini. A studio non c'era, il telefonino era spento, scesi a fare una passeggiata e lo vidi in un bar di moda che prendeva un aperitivo con una ragazza bellissima, alta, bionda, vestita come una prostituta. Lui le teneva una mano sulla spalla e poi la baciò.”
“Accidenti.”
“Quella era la figlia di un ricco imprenditore locale. Io entrai nel bar e feci una piazzata, lui mi diede uno schiaffo, mi disse di piantarla e mi presentò come la sua ex ragazza.”
“Ah. Pure discretamente maleducato, l'amico.”
“Già. Non ho voluto vederlo mai più. Ho saputo che poi l'anno scorso si è sposato. Dopo un fidanzamento lampo, mentre con me era stato per sette anni.”
“Visto come sono andate le cose, quai meglio così.”
“Già. Sono passati quattro anni da allora, i miei amici erano quasi tutti in comune con lui ed hanno preferito restare amici anche suoi. Non voglio più frequentare nemmeno loro perchè non voglio ritrovarmelo davanti. In più con la crisi tante imprese qui vicino hanno chiuso, quindi in tanti sono andati a lavorare a Roma. A Tuscania dei miei amici è rimasto solo chi lavora come dipendente, senza tante ambizioni, o chi svolge un'attività professionale. Pochissimi.”
“Capisco. Ma non mi sembra una buona ragione per chiuderti così. Capisco che una delusione come quella sia forte e tu voglia stare attenta prima di uscire con qualcuno, ma qualche amicizia dovresti rifartela, divertirti un poco, prenderti qualche svago!”
“Si, ma vedi, ormai qui in trattoria lavoro sempre di più io, mia madre comincia ad avere quasi sessanta anni, il fine settimana, i mesi estivi, i periodi di ferie in cui si lavora di più non posso certo lasciarla sola. E poi guadagniamo benino perchè abbiamo pochi dipendenti, assumendo qualcuno potremmo far fatica.”
“Questo è tutto giusto, io che sono un dipendente pubblico posso gestire diversamente il mio tempo, seppur con soddisfazioni differenti da quelle che può dare una attività in proprio. Non puoi però rinchiuderti nel locale come una monaca di clausura!”
“Dai, non esagerare ora. Adesso però devo andare, oggi è domenica, in genere abbiamo molti clienti per cena ed abbiamo carne o pesce alla brace, quindi dobbiamo prepararci per tempo. E non provare ad utilizzare quel che ti ho detto, la domenica è il giorno in cui lavoriamo di più!”
Parlando il tempo era passato, erano quasi le cinque del pomeriggio, Claudio aveva giusto il tempo di bersi qualcosa (rigorosamente analcolico, visti gli aperitivi che lo aspettavano) e di farsi un'altra doccia, sperando di evitare la signora Lucia.
Per le sei, andando un po di fretta, Claudio era pronto. Doccia veloce, barba, dato che non si radeva da troppo tempo, cambio veloce di abiti, sempre jeans e polo ma almeno puliti, e si sentiva un altro, più riposato, più fresco, con la mente più sgombra.
Al bar in piazza c'era una Maria Grazia fresca e gioviale ad attendere Claudio. Un ricercato abito nero, solo apparentemente semplice, con una scollatura che permetteva alla donna di mantenere la sua rispettabilità ma permetteva anche di intuire le linee dei seni, non grandissimi ma sodi e regolari, una gonna appena sopra il ginocchio, stretta quel tanto che bastava ad intuire le linee dei glutei, dei sandali con un rispettabile tacco.
“Carissimo Claudio, sei venuto!”
“Perché, avevi dei dubbi?”
“Sei sempre così enigmatico, con te non si sa mai cosa aspettarsi!”
“Con me, vero?”
“Certo, con te. Ti piace fare il tenebroso, vero? Sempre silenzioso, perso nei tuoi pensieri....”
Claudio distratto lo era stato sempre, e spesso la sua mente vagava mentre c'erano altre occupazioni cui attendere, ma quella era la prima volta che qualcuno gli dava del “tenebroso”. E non si poteva dire che la cosa gli spiacesse.
Maria Grazia ordinò un prosecco, quindi si voltò verso Claudio
“Tu cosa prendi? Io ti consiglio il prosecco, qui servono quello vero, della Valdobbiadene, non un normale Brut che a metà pomeriggio ti faccia girare la testa!”
“No, meglio un analcolico, questi giorni ho troppo mal di testa per provare a bere alcol.”
“Sempre così controllato, e lasciati andare!”
“Sai, le circostanze non mi sembrano adatte a lasciarsi andare.”
“Ed abbi fiducia nella polizia... non ho sentito nessuno pensare a te, se non quei tali al ristorante, l'altra sera.”
“Finora non mi pare che la polizia abbia molte piste, non credo abbiano idee precise. Non vorrei che finissero per pensare a me per mancanza di alternative.”
“Quanto sei pessimista... ho parlato con Pacino, mi pare un tipo deciso.”
“Anche troppo, se è per questo.”
“Vedrai, sono certa che arriverà alla soluzione di questo mistero.”
“Lo vivi in modo strano, considerando tutta la gente che è morta!”
“Certo, è orribile, tutti quei morti, tutta gente che conoscevo, ma noi siamo vivi, io sono viva, non mi sembra il caso di impedirci il godimento della vita in memoria di chi non può più farlo, tu cosa ne dici?”
Claudio non poteva dirne nulla, in quanto era troppo impegnato a cercare di comprendere le implicazioni di ciò che aveva appena udito. Fu con grande sforzo che per tentare di mascherare una bocca spalancata che non gli riusciva di chiudere portò il bicchiere alla bocca facendo finta di sorseggiare l'aperitivo.
“Non ne dici nulla, a quanto pare....”
“No, vedi, è che sono rimbambito, non ho dormito molto negli ultimi giorni!”
“Va bene, riposati per bene, ora. Ci sentiamo presto.”
“Certamente!”
Maria Grazia se ne andò ancheggiando sui suoi tacchi, lasciando Claudio con il suo bicchiere di analcolico in mano. Non era però possibile per lui rimuginare sulla conversazione, erano quasi le sette, occorreva cambiare bar e prendersi un altro aperitivo, con una compagnia invero meno piacevole. Claudio finì d'un sorso il suo bicchiere, pagò ed attraversò la strada verso il caffè di fronte.


C – Cattive nuove – dove una novità spiacevole c'è

“Allora, mammoletta, sei pure ritardatario?”
Lupoli era già seduto su un tavolino del caffè, interamente vestito in jeans, pantaloni e camicia con le maniche rimboccate, da seduto si notavano i chili di troppo ed i capelli brizzolati contribuivano a togliergli del tutto l'aria da duro che cercava di darsi.
“Senti, sono stanco, non ho dormito per niente, ho avuto una settimana pessima, mi fa male la testa, se devi trattarmi male da subito lasciamo stare e me ne vado a dormire!”
“Però, pare che stai tirando fuori il carattere. Mi fa piacere. Allora, cosa hai deciso?”
“Riguardo al fatto di investigare noi due?”
“No, riguardo alla prossima schedina da giocare. Certo che parlo di ciò che ci riguarda entrambi!”
Claudio per istinto avrebbe risposto subito di si, che era pronto ad iniziare un'indagine personale, ma da tantissimi anni, da decenni si potrebbe dire, non agiva più per istinto, in nessuna circostanza, poi si sentiva mortalmente inadeguato in quella situazione. Rimase quindi in silenzio.
“Preferisci quindi marcire in galera?”
“Non esagerare, e poi cosa potremmo fare io e te in più della polizia?”
“Ancora? Ti ho detto, intanto noi sappiamo che il loro indiziato principale è innocente. Poi possiamo cercare di capire chi ha cercato di coinvolgerti, cosa che loro non faranno. A quel punto non sarà impossibile capire chi ci sia dietro a tutto questo.”
“Ma non può trattarsi semplicemente di un pazzo?”
“Un pazzo? Non direi. Qui mi pare di vedere un disegno preciso.”
“Disegno? Uno che si divora le persone a casaccio?”
“Sai che non sono convinto che le vittime siano scelte a casaccio?”
“Che vorresti dire?”
“Ma allora inizi ad appassionarti!”
“Manco per niente, ma mi hai incuriosito.”
“Il richiamo dell'avventura che si fa sentire. Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto.”
“Ma quale richiamo dell'avventura. Non avessi promesso alla polizia che sarei rimasto a Tuscania fino a nuovo ordine me ne sarei andato da un pezzo.”
“Ma ci sei dentro, e puoi uscirne solo facendo affidamento sulle tue forze.”
Claudio non replicò. I due restarono in quel bar a lungo, poi si recarono a cena dalla signora Gina.
Era sabato sera, il locale era pieno, Loretta ebbe l'accortezza di sistemare i due in un tavolo messo appositamente all'aperto, in un posto poco visibile dagli altri commensali. Dato che i due erano immersi nelle loro discussioni furono anche felici di questo fatto, che solo la sera prima avrebbe oltremodo infastidito Claudio, che per parte sua si sentiva molto più tranquillo ora che aveva preso una decisione.
La cena fu più adatta ad una fredda serata invernale che ad una serata in cui si sfioravano i trenta gradi di temperatura, non tirava un alito di vento ed una umidità afosa e fastidiosa saliva dalla vallata sottostante.
Le tagliatelle, rigorosamente fatte a mano, erano condite con un ragù fatto con carni di agnello e di vari animali da cortile, principalmente pollo, erano state generosamente guarnite con molte spezie, soprattutto il peperoncino non mancava di certo, ed erano molto saporite.
L'agnello era alla scottadito, costolette cotte alla brace ed immediatamente servite, ed il contorno era costituito da patate arrosto con moltissimo rosmarino.
Claudio aveva ritrovato il suo appetito e gradì molto, anche se ogni tanto pensava a quanto fosse stato faticoso preparare quella cena davanti ad un forno a legna in una serata calda come quella.
Perchè gli veniva naturale pensare a quanto avesse faticato Loretta a cucinare non avrebbe saputo dire, ma il pensiero ogni tanto sorgeva da solo anche se lui era concentrato su tutt'altro.
Claudio e Lupoli bevvero anche generosamente il vino della casa, un rosso, vista la cena, sempre proveniente da Montefiascone, con un forte profumo fruttato, un sentore di ciliegia che colpiva le narici, ed un retrogusto abboccato sorprendentemente tutt'altro che fastidioso, ed arrivarono alle dieci di sera quasi senza accorgersene. Fu Lupoli a notare l'ora.
“Ora però dobbiamo assolutamente evitare che la tua situazione possa peggiorare.”
“Che vuoi dire?”
“Ancora? Mi pare evidente che qualcuno voglia tirarti dentro!”
“Io non sono ancora convintissimo, potrebbero essere delle semplici coincidenze!”
“Come no, magari è stata Biancaneve cui le mele erano venute a noia. Dai, dobbiamo sorprendere il nostro avversario. Adesso nessuna passeggiata, nessun incontro, si va subito, diretti a nanna. Anzi, ti accompagno, così eventualmente posso testimoniare.”
“Non ti sembra di essere paranoico?”
“Paranoico? Meglio un paranoico vivo che un fiducioso morto o all'ergastolo.”
“E va bene, facciamo come dici tu.”
I due pagarono e salutarono rapidamente una Loretta che aveva uno strano sguardo, come se fosse preoccupata per qualcosa.
Ma Claudio decise di non indagare i motivi della preoccupazione della ragazza.
La pensione della signora Gina era molto vicina al ristorante ed i due arrivarono molto rapidamente.
“Con questa cena pesante però una passeggiata avrebbe aiutato a digerire.”
“Fatti qualche giro del letto se vuoi camminare.”
“Ora stai cominciando a diventare antipatico, sai?”
“Abbiamo parlato fino ad ora e sai perchè mi comporto in questo modo.”
“Si, lo so, lo so....”
“Quanto silenzio... è normale?”
“Bhè, certo, è una pensione, mica un albergo!”
“Non saprei... è normale anche che le luci della reception siano spente?”
“Si, ma è vero, c'è qualcosa di veramente strano...”
Si avvicinarono con cautela e dietro il bancone videro i poveri resti di quella che una volta era stata la signora Lucia.















Azione
a) Sospetti

Fu durissima la giornata successiva per Claudio.
Ore ed ore trascorse ad essere interrogato dalla polizia e dal magistrato, analisi vari, come impronte digitali, DNA, capelli cui si sottopose senza protestare. Solo quando venne finalmente rilasciato, dopo che gli venne nuovamente intimato di garantire sempre la reperibilità immediata, pensò che forse era il caso di chiamare un avvocato.
Telefonò ad un vecchio compagno di scuola.
“Luigi? Sono Claudio.”
“Claudio? Ciao. Che piacere! Quanto tempo che non ci sentivamo. Ma perchè mi chiami a quest'ora? Hai trovato il telefono acceso per puro caso!”
“Ti chiamo perchè ho bisogno di te come avvocato, per il tuo lavoro.”
“Allora ritiro il che piacere, così presto non amo molto le telefonate professionali, mi toccherà spostarti dalla categoria degli amici a quella dei rompiscatole!”
“Non scherzare, si tratta di una cosa molto delicata e per me pericolosa.”
“Va bene, se ce la fai a farmi una descrizione razionale in dieci minuti comincia pure, altrimenti meglio che ci sentiamo nel pomeriggio.”
“No, ce la faccio. Hai presenti i morti di Tuscania? Hai letto qualcosa?”
“Si, qualcosa... pare ci sia anche un sospetto... ma, un attimo, non mi dirai...”
“Esatto, sono io.”
“Ma come è possibile? In che guaio ti sei cacciato?”
“Conoscevo solo una delle vittime, la proprietaria della pensione dove alloggio... anzi, conoscevo anche il poliziotto e quel possidente che è stato uno dei primi ad essere assassinato, ma li avevo appena incontrati... solo che ho trovato io la maggior parte dei cadaveri, in più un altro è stato trovato vicino alla pensione dove dormivo.”
“Non ci sono altri indizi?”
“Che io sappia no.”
“Allora la situazione è seria, ma non disperata. Quando ti interrogheranno?”
“Già fatto.”
“E non mi hai chiamato? Accidenti a te, speriamo che tu non abbia fatto qualche sciocchezza. Puoi venire a Roma?”
“Non so, credo di si, mi hanno intimato di non allontanarmi troppo e di garantire la reperibilità, ma se avviso qualcuno e lascio il cellulare acceso credo non ci siano problemi.”
“Aspetta, facciamo così, in questo periodo le udienze in tribunale iniziano a diradarsi, domani mattina dovrei essere libero, se non ricordo male, cerco di venire io.”
“Bene.”
“Intanto mi raccomando, non parlare con nessuno e non fare nulla, stai tranquillo ed aspettami, se ti convocano rispondi che andrai domani insieme a me.”
“Va bene. A domani, allora!”
“A domani, e cerca di stare tranquillo, se non c'è altro oltre a quello che mi hai detto non credo possano processarti.”
“Ci proverò.”
Come chiuse il telefono, Claudio prima di tutto si chiese se per caso era sotto controllo, e si sorprese a pensare che era possibilissimo, poi si chiese se il non fare nulla pregiudicava le indagini che aveva in mente di fare con Lupoli.
Forse si, ma era deciso a proseguire.
Ormai era chiaro che Lupoli aveva ragione. Qualcuno voleva incastrarlo o, se si trattava veramente di un pazzo o di qualcosa di soprannaturale, era evidente che lui sarebbe stata una delle prossime vittime.
E la cosa non gli piaceva affatto.
Si fece comunque una doccia, poi decise di uscire, non se la sentiva di restare dove era stata da poco assassinata la signora Lucia. Aveva voglia di fare due chiacchiere con Don Diego, di parlare con Loretta o anche con Maria Grazia.... ma fu colpito immediatamente da un pensiero. Se c'era un intervento soprannaturale, come alcuni sembravano credere, o se c'era in giro un pazzo criminale nessuna possibilità poteva essere scartata. Ma se qualcuno voleva incastrarlo, allora i sospetti più probabili erano proprio loro tre, coloro che conoscevano meglio le sue abitudini ed i suoi spostamenti. Loro tre e Lupoli.
Poteva davvero fidarsi o no?
Dopo essere uscito, si recò al solito bar a fare colazione. Nonostante l'orario incontrò un viso conosciuto.
“Claudio!”
“Loretta! Già in piedi a quest'ora?”
“Non potevo dormire... la povera signora Lucia. La conoscevo bene, era praticamente una di famiglia. Mi voleva bene, sai?”
“Si, me lo ha detto.”
“E mi diceva sempre che mi avrebbe anche lasciato in eredità la pensione, che ha solo parenti a Civitavecchia cui non interessa per niente.”
Poi si interruppe per piangere. Pianse per un poco, mentre nella mente di Claudio si fece largo una strana ipotesi, che in fin dei conti Loretta potesse avere un movente. Ma aveva senso un massacro simile per una pensione?
Loretta intanto sembrò aver finito di piangere.
“E stai attento anche tu, ho timore per te. Tante persone sono state assassinate intorno a te, non vorrei che tu fossi il prossimo. O che tu venissi accusato.”
“E come puoi essere sicura che non sia io l'assassino?”
“Non dire sciocchezze, nessuno sano di mente lo penserebbe mai.”
“Ma sono in tanti a pensarlo, pare!”
“Hanno paura, come finirà questa storia se ne renderanno conto. E poi non puoi essere tu in nessun caso, le ultime due volte Lupoli era con te.”
“Ma se Lupoli fosse un mio complice, come pare credere la polizia?”
“Ma dai, l'hai conosciuto solo ora!”
“Provarlo è difficile.”
“Ma non sei tu che devi provare di non conoscerlo, sono loro che devono provare il contrario!”
“La polizia non sembra convinta di questo.”
“Non ci credo che possano accusarti, si risolverà tutto! Piuttosto ho paura che tu possa essere attaccato! Stai attento!”
“Attaccato?”
“Si, trovati un altro posto per dormire e fai come stasera, appena finito di mangiare vai a dormire. Mi raccomando. Se vuoi il posto per dormire te lo consiglio io, conosco tutti da queste parti. Ad esempio c'è la pensione dei Tarquini qui vicino!”
“Ci penserò.”
“Adesso scusami, ci vediamo più tardi, ho promesso a mia madre che l'avrei accompagnata all'obitorio...”
“Va bene, a dopo.”
Gli suggeriva la pensione... possibile? A Claudio sembrava di impazzire. Ormai erano arrivate le otto del mattino e nel bar entrò un altro viso conosciuto.
“Claudio!”
“Salve Maria Grazia.”
“Che tragedia! La signora Lucia. La conoscevo da sempre, mi sembra impossibile.”
Anche lei sembrava incerta e sull'orlo delle lacrime.
“Non ci posso credere, proprio lei! La incontravo spesso, così gentile, sempre premurosa! Non è giusto, non può essere accaduto proprio a lei!”
“Anche a me sembra impossibile. La conoscevo da una settimana, ma mi sembrava di conoscerla da sempre. Faticavo quasi ad evitarla per rispondere alle sue domande, ma era davvero una cara persona.”
“Vero. Qui in paese era un'istituzione. Non è giusto proprio lei!”
“Purtroppo...”
“Che purtroppo! Non è giusto e basta. Non doveva avvenire.”
“Ma che possiamo farci io e te?”
“Tu non so, io posso.”
“Che dici? E poi dai, non dovrei essere io il principale sospettato?”
“Non dire scemenze. Lo sappiamo tutti e due che tu non puoi essere il colpevole! Hai alibi per vari omicidi e non conoscevi praticamente nessuno.”
“Ma non potrei essere un maniaco omicida?”
“Non dire sciocchezze!”
Nel frattempo tutti i dipendenti comunali stavano entrando nel bar a fare colazione, uno dopo l'altro.
“Questa non è una discussione che si possa fare qui, Claudio! Però ho bisogno di parlarti! Incontriamoci stasera, appena hai finito di cenare!”
“E dove?”
“In un bar che resti aperto... anche qui, se vuoi!”
“Va bene. Alle dieci stasera, allora?”
“Benissimo, alle dieci. Ciao, adesso.”
Ancora cose che Claudio non capiva. Ed intanto il telefono squillava, ed era Lupoli.
“Ora vai a dormire, ho bisogno di averti lucido.”
“Come faccio?”
“Non mi interessa. Ci vediamo nelle prime ore del pomeriggio e facciamo il punto della situazione, adesso vai a dormire.”
“Va bene, come se fosse facile.”
Claudio provò ad andare a dormire, ma non fu certo un'impresa facile, considerando il fatto che non era certo abituato ad andare a dormire alle otto del mattino, il caldo afoso, le occhiate strane della gente che incontrò tornando alla sua camera e, cosa più importante, ciò che era accaduto solamente la notte prima in quel luogo.
Quando qualche ora dopo si alzò dal letto non aveva dormito quasi nulla ed aveva addosso una stanchezza infinita. Per provare a recuperare un minimo di lucidità fece una doccia gelata, ma non servì a molto.
Appena arrivò al bar dove lo aspettava Lupoli si sentì tutti gli occhi addosso, era però troppo stanco per reagire in un qualsiasi modo. Chiese due caffè al barista, quindi si sedette al tavolino dove era seduto Lupoli, non prima di aver trangugiato uno dei due caffè.
“Mi offri il caffè? Grazie!”
“Guarda, non sono in vena.”
Detto ciò, Claudio si scolò anche il secondo caffè, quindi andò ad ordinarne altri due.
“Uno dei due è il mio o te li scoli entrambi?”
“Lascia perdere. Dimmi piuttosto cosa pensi di fare.”
“Bene, la fifa inizia a svegliarti, vedo.”
“Non parlarmi ora di essere sveglio. In tutta la settimana avrò dormito 15/20 ore in tutto. Piuttosto dimmi che ne pensi.”
“Che ne penso? Se potevano esserci dubbi adesso non ce ne sono più. La titolare della pensione è stata ammazzata solo per mettere in mezzo te. Qualunque fesso lo capirebbe, ma ormai se non hanno altri sospetti si concentreranno su di te e ti processeranno, tanto per avere qualche nome da dare in pasto alla stampa, e trascureranno le altre piste. Fra una quindicina d'anni, quando sarai assolto per mancanza di prove, allora cercheranno qualcun altro.”
“Non sei pessimista? Davvero, mi pare che tu stia eccedendo?”
“Credimi, ci sono passato. Abbiamo poche ore per agire, dobbiamo fare subito.”
Mentre stavano parlando nel bar entrò un nuovo avventore. Era Serpico, che si diresse deciso verso Claudio.
“Ammesso che le abbiamo alcune ore.” Concluse Lupoli.
“Anselmi!” Esordì Serpico.
“Buongiorno, agente. Mi cercava?”
“Anselmi, possono dire che il colpevole è lei, ma io so che la verità è un'altra. Se sa qualche cosa si confidi e mi aiuti a dimostrare la sua innocenza.”
“Ma le pare che abbia anche nascosto qualcosa? Non le pare che io sia già nei guai abbastanza?”
“Già. Ma si sforzi di pensare. In ogni caso non si preoccupi, io lo beccherò lo stesso il colpevole. Lo beccherò. E sa perchè lo beccherò?”
“No, non lo so.”
“Perchè io sono il pistolero più veloce del west.”
Detto ciò Serpico si voltò e se ne andò.
“E tu pensi ancora di affidarti a quel deficiente? Il pistolero più veloce del west.... te lo dico io, quello è il velocista più pistola del west.”
“Lasciamo stare Serpico.”
“Serpico? Bel soprannome. Non si chiama proprio Pacino, fra l'altro?”
“Si, ma lascialo stare. Dimmi cosa hai in mente.”
“Ancora nulla. Quel fesso ha ragione. Devi pensare bene chi potrebbe avere interesse a coinvolgerti. Deve trattarsi di qualcuno che poteva sorvegliarti, conoscere le tue abitudini. Poi sai, non credo ti abbia scelto appositamente. Credo sia stato un caso, perchè hai trovato quel tipo qualche giorno fa e parevi un candidato perfetto. Sai, Non hai famiglia, vivi solo, sei un dipendente pubblico, hai credenziali a posto ma non hai fatto carriera. Sei il classico tipo di cui la gente dice che pareva un tipo tanto a posto, per fare cose del genere deve essergli preso qualcosa di strano, un tarlo.”
“Ma che stai dicendo?”
“Quello che di sicuro sta pensando l'assassino. Pensa. Chi può aver fatto questo ragionamento su di te? Mi hai detto che avevi qualche idea.”
Claudio provò a pensare. Il primo nome che gli venne in mente era proprio quello della povera signora Lucia. Forse anche la signora Gina. Però per ragioni diverse non potevano essere le assassine. Che dire di Loretta e Maria Grazia? Potevano facilmente conoscere le sue abitudini... ma anche Don Diego lo stesso Serpico. C'era però un altro nome che continuava a ronzargli in testa. Lupoli. Anche lui avrebbe potuto facilmente coinvolgerlo. Quello di cui Claudio aveva bisogno era capire il perchè qualcuno avesse ucciso tutta quella gente. Ma se era stato davvero un pazzo non aveva speranze. D'altra parte il colpevole poteva tranquillamente avere un motivo che lui non sarebbe mai stato in grado di capire.
“Lascia stare, provo a fare due passi e schiarirmi le idee. Tu rifletti a quale motivo possa avere un tizio per far fuori tutte quelle persone.”
“Ma dai, dobbiamo lavorare assieme, da solo ci metterò il doppio del tempo!”
“Pazienza. Ho bisogno di fare una passeggiata. Tu prova a lavorare un poco da solo.”
Claudio camminò per un poco senza meta, ma era fortemente infastidito, in quanto si sentiva costantemente occhi addosso ed in cuor suo temeva di essere arrestato da un istante all'altro.
Distrattamente arrivò presto davanti al Duomo, dove si sentì chiamare da qualcuno.
“Architetto, come sta?”
“Salve, Don Diego.... che le devo dire, non so nemmeno io bene come sto.”
“La vedo confuso, in effetti. Ma è normale. Che tragedia, povera signora Lucia. Mi dica, è vero che l'ha trovata lei?”
“Si. Ieri notte. In un lago di sangue.”
“Santo cielo. Immagino come sarà rimasto scosso!”
“In realtà comincio a farci l'abitudine.”
“Non ci credo. Non assuma quell'atteggiamento cinico, so che lei in realtà è una persona sensibile.”
“Molti suoi concittadini sembrano pensare addirittura che io sia l'assassino!”
“Non dica sciocchezze. Non è possibile che sia stato lei a compiere questi delitti orrendi. Non credo che lei abbia avuto la possibilità di compierli tutti, inoltre lei non mi pare proprio una persona capace di tanto, ed anche se mi sbagliassi e lo fosse, non vedo perchè mai avrebbe dovuto mietere tante vite di gente che nemmeno conosceva.”
“E se fossi impazzito?”
“Tutt'un tratto? All'improvviso? E poi a me questi non paiono gli atti di un pazzo, mi sembra che ci sia una perversa lucidità in quanto accaduto. Vero che a volte la pazzia ha una certa qual lucidità, ma qui mi pare proprio ci sia un disegno orrendo.”
Claudio meditò per un poco a quelle parole, poi salutò frettolosamente il sacerdote. Follia omicida, evento paranormale o lucido disegno criminale? Nella confusione che albergava nella sua mente a Claudio sembravano tre ipotesi possibili, e tutte le persone che aveva conosciuto in un modo o nell'altro potevano esservi coinvolte. Doveva decidere rapidamente a quale di queste ipotesi credere e di chi fidarsi, se voleva evitare di essere incolpato di crimini che non aveva commesso.





b) rivelazione

Quella sera Claudio e Lupoli si incontrarono a cena nella trattoria della signora Gina. Loretta aveva avuto l'accortezza di apparecchiare un tavolo in disparte, lontano dagli altri, quindi poterono mangiare in relativa tranquillità e parlare liberamente.
Distratto dagli eventi ed ormai vagante quasi in una dimensione parallela tutta sua, sempre più distante dalla realtà dei fatti, Claudio mangiò distrattamente il solito antipasto comprendente bruschetta ed ottimi pecorino ed insaccati locali, si accorse delle fettuccine cacio e pepe solamente per via del sapore molto forte e della ricca speziatura. Il secondo era costituito da una gradevole frittata di erbe, fra cui spiccava l'onnipresente finocchio selvatico, ma sia i sapori che le discussioni con Lupoli scivolavano via dalla distratta mente di Claudio.
Alla fine decisero che Claudio avrebbe dovuto dare appuntamento a tutte le persone sospettabili che aveva conosciuto e che Lupoli avrebbe vigilato restando nell'ombra armato fino ai denti. La tattica forse era pericolosa, anzi, sicuramente lo era, ma Claudio non riusciva ad elaborare nulla di più razionale.
Claudio pagò velocemente, leggermente euforico per qualche bicchiere di vino di troppo che aveva bevuto e per la stanchezza che si stava facendo sentire. Loretta se ne accorse.
“Claudio? Sei sicuro di star bene? Mi stai facendo preoccupare.”
“Si, sto bene.”
“Non si direbbe. Sei pallido come un cencio ed hai un'aria distratta. Senti, oggi è lunedì e chiuderemo presto, non abbiamo molti clienti stasera e quindi non avrò molto da fare. Verso le undici incontriamoci, mi stai preoccupando.”
“Va bene, dove?”
“Nel solito bar aperto la sera nel corso.”
“D'accordo”.
Claudio non fece in tempo ad uscire dal locale che il telefono cellulare squillò.
“Claudio? Sono Maria Grazia. Ricordi, avevamo detto di incontrarci stasera.”
“Si” mentì spudoratamente Claudio “Al solito bar?”
“No, lontano da occhi indiscreti. Raggiungimi a casa mia, vivo in campagna, fuori Tuscania. Dieci minuti di macchina, ma saremo assolutamente isolati.”
“Vuoi farmi proposte poco edificanti?”
“Non scherzare. Devo parlarti. Vieni subito e non parlare con nessuno.”
“Va bene, arrivo.”
Incrociò Lupoli, ma Claudio decise di non dirgli nulla, si recò rapidamente al parcheggio, salì in macchina e partì alla volta della casa di Maria Grazia.
La casa era una villetta unifamiliare non lontano da Tuscania, lungo la statale che portava verso il mare, isolata e circondata da file di alberi ad alto fusto e siepi che la rendevano poco visibile.
Claudio suonò al citofono e quando il cancello automatico si aprì entrò, quindi il cancello si richiuse pesantemente alle sue spalle.
Maria Grazia lo attendeva davanti alla porta di casa, vestita interamente di nero, con jeans e maglietta di seta nera, stranamente a maniche lunghe.
“Ciao, Maria Grazia. Come mai sei vestita così? Quasi non ti riconoscevo!”
“Ciao, sono vestita così perchè stasera avrei dovuto fare qualcosa di terribile, ma non ci riesco più.”
“Cosa? Che dovresti fare di terribile?”
“Sono stata complice di un mostro, accecata dal miraggio del denaro, ma ora sono stanca... se mi aiuterai possiamo fermarlo e cavarcela entrambi....”
Non riuscì a terminare di parlare. Un colpo di pistola risuonò nella notte ed un rivolo di sangue uscì dalla bocca della donna che crollò a terra. Dall'oscurità, da una parte del giardino non illuminata e coperta di piante, uscì una figura nera.
“Buonasera, caro Claudio.”
“Marini! Che ci fai qui?”
“Volevo aiutarti... sai, lei è la colpevole di tutto ciò, è impazzita, sono riuscito a capirlo, ho sentito la telefonata che ti ha fatto questo pomeriggio ed ho deciso di intervenire.”
“Ma... ma...”
“Si, non ringraziarmi, è stato un piacere farlo, adesso aiutami a girarla, ti faccio vedere dove nascondeva la sua arma!”
“Ma fermo, ci sono troppo cose che non tornano, perchè hai sparato subito senza intimarle di star ferma? E perchè non aspettare che facesse qualcosa?”
“Perchè un ritardo avrebbe potuto esserti fatale, lei ormai era un'assassina glaciale!”
“Ma quando mi ha telefonato sussurrava per non farsi sentire, come puoi averla sentita?”
“Ho un buon udito, sai?”
“E come sapevi l'ora esatta, come hai potuto nasconderti in pieno giorno? Se lei era un'assassina ed è riuscita a nascondersi tutto questo tempo significa che era attenta!”
“Dove vuoi arrivare?”
“E poi dovevi avere le chiavi per entrare senza che nessuno se ne accorgesse... in una casa simile c'è di sicuro un impianto di allarme... e se è vero quel che dici, perchè non hai avvisato la polizia?”
“Ripeto, dove vorresti arrivare?”
“Tutto ciò ha senso solo se tu eri con lei quando mi ha chiamato ed eri d'accordo con lei! Tutto ciò ha senso solo se tu eri il complice!”
“Basta così. Speravo che tu mi aiutassi prima di ucciderti, ma dovrò fare io tutto il lavoro, a quanto pare.”
“Ma allora...”
“Si, sono io l'autore di tutto quanto.”
“Ma perchè?”
“Per il motivo più evidente, i soldi. Ho fatto fuori quasi tutti gli altri eredi di Fattori, che possedeva proprietà per diverse decine di milioni di euro, quei pochi che restano sono troppo spaventati e rinunceranno di sicuro. Milioni di euro, parecchie decine, forse centinaia, capisci?”
“No, non capisco. Perchè proprio ora?”
“Perchè ora mi servivano e perchè ho impiegato del tempo ad elaborare il piano.”
“Ma non hai ucciso solo Fattori ed i suoi eredi, anche altra gente!”
“Certo. Come nascondere un bottone? In mezzo ad altri bottoni. Ed un morto? In mezzo ad altri cadaveri.”
“Ma la polizia ti scoprirà! Di sicuro sospettano!”
“Mi pare sospettino più di te che di me. Ed in ogni caso, dove sarebbero le prove? Sono stato molto attento e meticoloso, sai?”
“Ma quelle ferite orrende, come hai fatto?”
“Quella è la parte più geniale del piano. Una delle vittime è un fabbro, cui avevo commissionato un macchinario dicendogli che serviva per il comune, che voleva realizzare una mostra di strumenti di tortura. Una specie di trinciapollo gigante, con lame molto seghettate! Ed il bello è che lo utilizzava Maria Grazia, dopo che io avevo steso le vittime. Su quell'arnese troveranno tracce delle vittime e di Maria Grazia, non le mie.”
“Ma se era tua complice, perchè l'hai assassinata?”
“Non io. Era tua complice e tu l'hai assassinata, poi per la disperazione ti sei tolto la vita. Di sicuro eri perdutamente innamorato di lei e non hai sopportato il fatto che lei non volesse saperne più di te. Lei per altro anche lei era una lontana parente di Fattori, di sicuro stava progettando anche il mio assassinio. Ho fatto in modo che a casa sua ci fossero mie foto ed appunti sulle mie abitudini ed i miei spostamenti. Sono stato fortunato, di sicuro presto avreste assassinato pure me.”
Marini alzò la pistola e la puntò verso un Claudio raggelato dall'orrore, ma fu in quel momento che dietro di lui spuntò una specie di mazza che si abbattè sulla sua testa in modo piuttosto rude.
“Hai deciso di farmi venire un infarto, vero? Mi compiaccio di scoprire quanta fiducia riponi in me, razza di deficiente. Per fortuna sei talmente tonto che si capisce subito quando hai qualcosa da nascondere ed ho deciso di pedinarti.”
Lupoli aveva in mano una zappa per il giardino.
“Questa l'ho trovata appoggiata qua dietro, per tua fortuna. Non avevo pensato a portarmi un'arma.”
Claudio era ancora raggelato, non sapeva cosa dire.
“Tutto bene?”
“Credo di si..., anche se sono davvero confuso!”
“No, non sei confuso, sei un deficiente. Come cavolo ti è saltato in mente di ficcarti in questa situazione? Dove hai il cervello? Basta che una donnaccia ti sbatta le ciglia e perdi il senno?”
“Non avrei mai creduto possibile una cosa del genere!”
“Ed allora in cosa credevi? Era evidente che non avrebbe potuto trattarsi che di una cosa del genere. Te ne ho parlato in tutti i modi. Il colpevole doveva essere qualcuno che avesse un interesse ad ammazzare tanta gente, e noi non sapevamo chi fosse, poi qualcuno che ti fosse vicino e conoscesse almeno in parte i tuoi spostamenti.”
“Ma allora anche tu avresti potuto essere!”
“Ma noi ci conosciamo da troppo poco tempo, te l'ho detto che sei un idiota. Quella tizia invece era il candidato ideale.”
“Ma perchè avrebbero deciso di coinvolgere proprio me?”
“Non lo so, per me è stato solo un caso. Hai scoperto un cadavere, uno dei primi, eri solo quando l'hai trovato, sei un forestiero, nessuno ti conosce bene, non hai un gran giro di amicizie nemmeno dove abiti, probabilmente hanno pensato che eri il candidato ideale. Intanto quella tizia non parlerà più, questo non saprei, ho picchiato duro, potrei anche averlo fatto fuori. Adesso chiamiamo la polizia ed una ambulanza.”
“Ma non ci sospetteranno?”
“No, e perchè? Noi non avevamo alcun motivo per mettere in piedi questa storia, loro si. Tu eri il candidato ideale come colpevole perchè non avevano altri sospetti, adesso ce li hanno e tu torni ad essere fuori dai giochi.”
“Non avrei mai pensato possibile una cosa del genere. Ammazzare tanta gente per uccidere tre o quattro persone....”
“In realtà è una modo di agire non troppo raro. Sei un assassino, vuoi uccidere una sola persona, o due o tre non cambia, ma fai finta di essere un serial killer e di ammazzare chiunque ti capita a tiro. Così si confondono molto di più le acque, aumenta il rischio di lasciare indizi ma diventa quasi impossibile capire il tuo movente.”
“Ed il movente era qualche soldo...”
“Io direi parecchi. Fattori era un grosso possidente, aveva ereditato molti beni e poi, con attitudine agli affari e la capacità di accedere a tanti fondi pubblici, li ha messi a frutto. Il poveraccio era proprietario di oltre mille ettari di terreno qui attorno, quasi tutti coltivati, fra cui molte coltivazioni pregiate come olio e vino, gli altri adibiti a pascolo, era proprietario di molti casolari e case patronali, fra cui una molto bella appena fuori Tuscania, adibita ad albergo...”
“Si, quella l'ho vista!”
“Poi aveva quasi cento fra appartamenti, uffici e negozi affittati fra Tuscania, Roma e Viterbo, non so quanti soldi liquidi investiti...”
“Ma tu tutte queste cose come le sai?”
“Ho fatto indagini, mica mi sono gingillato come te. Ho indagato a fondo su tutte le vittime, per cercare collegamenti.”
“E quando pensavi di dirmelo?”
“Ci ho provato spesso, ma non mi sembravi molto presente, ultimamente.”
“Quello che non capisco è perchè abbiano martoriato così i cadaveri.”
“Per confondere le acque. Volevano che la gente avesse ancora più paura, un terrore ancestrale che avrebbe reso le indagini ancora più difficili. Sai, una cosa tipo il dio etrusco colpisce ancora.... con tutti i film che ci sono stati qui a Tuscania sarebbe stata la prima cosa che sarebbe venuta in mente!”
“Il dio etrusco colpisce ancora.... ed io stavo per esserne colpito.”




C) Conclusione

Passò qualche giorno, per le ultime indagini, le ultime dichiarazioni e le ultime firme, ma la polizia accettò senza riserve le spiegazioni di Claudio e Lupoli. Ora in Claudio era subentrata la stanchezza che non aveva sentito nei giorni della paura, dormiva oltre 12 ore al giorno e non riusciva a recuperare.
Naturalmente dormiva in un piccolo agriturismo fuori da Tuscania, cercando di sfuggire i ricordi di quegli otto giorni di terrore.
Aveva approfittato della calma anche per terminare la relazione che doveva consegnare, quindi non aveva più alcun motivo per trattenersi a Tuscania, c'erano solo i saluti da fare.
La prima persona che salutò fu Don Diego, con cui trascorse una mezzora piacevole, quindi salutò Lupoli, cui ormai si sentiva legato da quella assurda avventura che avevano condiviso, infine ci furono i saluti che lo preoccupavano di più.
Entrò con circospezione nell'osteria della signora Gina e si diresse in cucina, dove trovò, appunto, solo la signora Gina con una persona ad aiutarla. D'altra parte era metà pomeriggio.
“Signora, la saluto, sono in partenza!”
“Ma come, di già?”
“Di già, sono quasi due settimane che sono qui!”
“Ci cominciavamo ad abituare a lei, così giovane e così serio. Torni a trovarci.”
“Tornerò di sicuro, prima o poi.”
“E mi raccomando, saluti Loretta, che ci tiene tanto!”
“Lo farò non mancherò...”
Claudio baciò su una guancia la signora Gina e si avviò verso l'uscita.
Li si incontrò con Loretta.
I due si scambiarono un lungo sguardo senza parlare.
E subito Claudio decise che non c'era fretta di andar via, e che sarebbe tornato sicuramente spesso, tanto Tuscania e Viterbo sono vicine.
 
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AlvinSantisky
view post Posted on 10/10/2010, 13:29




meno male. stavo pensando di non riuscire a scoprire il finale.
 
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Toni Monroe
view post Posted on 10/10/2010, 19:36




Comunque è assurdo che ci sia stato tutto in una pagina sola.. :o:
 
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Sandogat
view post Posted on 22/11/2010, 20:19




Toni, Sine, Alvise, Frog, Paperone, chiunque....
Nessuno?
Prometto che ora mi rimetterò a scrivere, ma visti i miei tempi e la mia "sinteticità" temo che i mesi voleranno.....
 
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Toni Monroe
view post Posted on 22/11/2010, 20:37




CITAZIONE (Sandogat @ 22/11/2010, 20:19) 
Toni, Sine, Alvise, Frog, Paperone, chiunque....
Nessuno?
Prometto che ora mi rimetterò a scrivere, ma visti i miei tempi e la mia "sinteticità" temo che i mesi voleranno.....

Io avrei in progetto di tornare al campo davanti alla vecchia scuola per qualcosa di più disciplinato rispetto al passato ma dopo un inizio promettente mi sono arenato. E comunque non credo sarà una cosa lunga. In questo forum, inteso come quelli che lo frequentano oggi, forse si potrebbe riproporre anche cose già postate nell'altro forum. Vale per tutti: per te, per Alvise, per Sine e ovviamente sono bene accetti tutti quanti. In mancanza d'altro questi riempitivi potrebbero andare. :thumbup:
 
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Sandogat
view post Posted on 22/11/2010, 20:49




CITAZIONE (Toni Monroe @ 22/11/2010, 20:37) 
CITAZIONE (Sandogat @ 22/11/2010, 20:19) 
Toni, Sine, Alvise, Frog, Paperone, chiunque....
Nessuno?
Prometto che ora mi rimetterò a scrivere, ma visti i miei tempi e la mia "sinteticità" temo che i mesi voleranno.....

Io avrei in progetto di tornare al campo davanti alla vecchia scuola per qualcosa di più disciplinato rispetto al passato ma dopo un inizio promettente mi sono arenato. E comunque non credo sarà una cosa lunga. In questo forum, inteso come quelli che lo frequentano oggi, forse si potrebbe riproporre anche cose già postate nell'altro forum. Vale per tutti: per te, per Alvise, per Sine e ovviamente sono bene accetti tutti quanti. In mancanza d'altro questi riempitivi potrebbero andare. :thumbup:

Ripropongo dici?
Sicuro che poi non diciate "Mi si ripropone"?
Se dici che è il caso non c'è problema, sai che posso andare avanti per un annetto e mezzo due!
:forza: :forza: :forza:
 
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SafeBet
view post Posted on 22/11/2010, 20:53




io potrei proporre una cosa scritta perlomeno tre anni fa, tra l'altro forse già postato su playit.
 
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Toni Monroe
view post Posted on 22/11/2010, 21:20




CITAZIONE (SafeBet @ 22/11/2010, 20:53) 
io potrei proporre una cosa scritta perlomeno tre anni fa, tra l'altro forse già postato su playit.

Vai Safe. :metal:

(anche tu, Doc. Io rivorrei il pezzo sul cimitero sull'isola :) )
 
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24 replies since 8/10/2010, 21:58   377 views
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