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Naufraghi @forumfree1.0, Il topic transitorio

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SafeBet
view post Posted on 22/11/2010, 21:52




ad un più rigoroso controllo sono pressoché sicuro di averlo già postato, ma ripropongo.
tra l'altro segnalo che il personaggio in questione comparirà anche nel mio libro di memorie australo-nippo-indonesiane.


jarry

Ho ammazzato diversa gente in vita mia. Una storia triste, sicuramente. Molti di quelli che ho ammazzato non me li ricordo nemmeno, dispersi in un mare indistinto di lacrime e urine. Se c’è una cosa terrificante nel fare il killer è che pensi ai cadaveri ogni volta che senti l’odore del piscio. D’altronde non mi posso certo lamentare, non credo di essere l’unico che pensa al suo lavoro quando va al cesso. Ho conosciuto gente che si tiene un portatile sulle cosce mentre caga. Ecco, quella è deformazione professionale.
Non lavoro da solo. C’è sempre Paco accanto a me. Mi copre le spalle e recita l’eterno riposo quando ammazzo dei cristiani. Altre volte non lo fa, non so nemmeno perché, ma mi piace pensare che riesca a capire in cosa crede la gente dopo averla vista morta. E se non crede in Dio lui non recita un cazzo. Paco è colombiano. Forse questo c’entra con la sua fissazione per la religione. O forse è solo un vezzo che gli è venuto per emulare qualche stronzo film di gangster americani.
Delle volte incontro altri del giro. Alcuni mi chiedono di lavorare con me, dicono che sono il migliore. Io gli rispondo che c’è Paco e che non mi serve nessun altro. E allora quelli chiedono chi è questo Paco. E io gli dico è quell’ispanico che sta seduto al tavolo con me. Spesso a questo punto quelli mi dicono che mi sono bevuto il cervello. La gente non riesce a immaginarsi Paco bene come me lo immagino io. Non ci riescono affatto, in realtà.

Quando stiamo a casa, Paco e io discutiamo spesso. Di qualsiasi cosa ci venga in mente, basta parlare un po’. Ricordo che una volta ero affamato.
- Passami una melagrana.
- Che?
- Cazzo, sei sordo. Ho detto ‘passami una melagrana’. Ho fame.
- Una melagrana. Ma che razza di killer sei? Non sei credibile se passi i tuoi pomeriggi a mangiare melagrane.
Paco è un tipo piuttosto ostinato, e c’ha sta fissa dei gangster americani che mangiano solo hamburger e patatine. Non capisce che ci s’impicca da soli a mangiare quella merda.
- Ascolta, me ne sbatto i coglioni della credibilità. Non mi serve. La vedi quest’automatica calibro 38. Ecco, questa è la mia credibilità.
- Va bene, sei cazzutissimo, sei il migliore. Ma la melagrana non te la do. Sono solo un braccio destro immaginario. Tecnicamente passarti una melagrana non rientra nemmeno tra i miei compiti.
- Tecnicamente?
- Tecnicamente, già. E’ una bella parola. Mi dà credibilità.
- Oh Cristo.
- Non bestemmiare in mia presenza, lo sai.
- Devi essere il peggior braccio destro immaginario di questo cazzo di pianeta. Sul serio.
- Già, può essere. Ma sono l’unico che ti resta.
Già.

Una notte sono tornato a casa dopo aver bevuto un drink con la mia ex-moglie. Bel tipo la mia ex-moglie. Mi aveva lasciato perché diceva che il mio lavoro era troppo rischioso, e adesso stava con un giocatore di scacchi professionista. Da quando l’avevo saputo avevo provato a immaginarmi tutti i modi in cui poteva morire un giocatore di scacchi professionista e devo dire che non ce ne sono molti. Certo, dipende anche da chi è il tuo avversario. Se giochi contro Hitler e lo fai incazzare di brutto non so come finisce. Ecco, dovessi morire così probabilmente pretenderei che sulla mia lapide scrivessero: “Fanculo, mi avevate detto che giocare a scacchi non era pericoloso”.
Ad ogni modo, quella notte sono tornato a casa sul tardi e ho trovato Paco steso per terra, indiscutibilmente morto. Gli avevano sparato alla testa. Quello che mi ha colpito è che qualcuno era riuscito ad immaginarlo davvero alla perfezione. Perché quando un braccio destro immaginario muore tu non puoi cambiarne le fattezze a posteriori. Quindi chi l’aveva ammazzato l’aveva immaginato proprio uguale a come lo immaginavo io. Di fianco al cadavere c’era un biglietto sporco di sangue scuro.
Ti avevamo avvertito: non mescolarti con gli ispanici, diceva.
Io non ricordavo che nessuno mi avesse avvertito. Nessun vaglia postale, neanche un messaggio nella segreteria telefonica. Sicuramente qualcuno se n’era scordato. Paco era schiattato per la negligenza di qualche altro braccio destro che non aveva fatto il suo dovere. Che mestizia.
Sono sceso in strada a guardare le luci. C’era poca gente.
Poi sono andato da Hungry Jack’s per farmi un panino.
- Hamburger e patate. Da portare via, - ho detto alla commessa.
- Vuole anche la melagrana omaggio? – mi ha chiesto lei in tono assente.
La friggitrice, gli occhiali della commessa, il panzone alle mie spalle con una tanica di Coca Zero sul tavolino.
- No, basta con queste melagrane del cazzo.
 
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Toni Monroe
view post Posted on 23/11/2010, 00:21




Lo ricordo Safe ed è stato un piacere rileggerlo. Un hard boiled anomalo, si potrebbe definire. A me piace. :)
 
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Toni Monroe
view post Posted on 23/11/2010, 00:54




Ed ora un post di una serie cominciata qualche anno fa in un blog, serie che è abbastanza stagnante adesso ma che tante soddisfazioni mi ha dato in passato. Pillole di quotidianità.


Una tettoia e un bar..


(ore 7 e 20 circa. Di sera.)

Ogni tanto decidi che si può fare uno strappo alla regola, e smetti un'ora prima. Cioè alla fine delle regolari otto ore. Ti sottrai all'ora di straordinario e decidi di non fermarti, di non continuare a produrre. E pazienza se ci sarà qualcosa in meno in busta. Ma non smetti prima perchè sei particolarmente stanco o per andare subito a casa. Ma no.. andrai, invece, a fare un giro. Questo è il tempo che rubi a tutto e a tutti. Il tempo che è soltanto tuo. Nessuna spiegazione dovuta a nessuno. Il bello di abitare in una città come Milano è che si tratta di una città abbastanza grande. Può benissimo capitar di non passare in un punto specifico della città per un po' di tempo e magari non ci pensi o se ci pensi, credi che quando ci tornerai (ri)troverai le cose come le hai lasciate. Beh, non sempre. Non in questa città. E non è (davvero) necessario che passino anni. Posson bastare pochi mesi.

La tua Milano è fatta di posti dove tornare, di tanto in tanto. Quello in cui torni oggi è il quartiere in cui hai lavorato per qualche lustro. Quella che era la ditta dove passavi il tempo prima di ora è diventato un gran bel cantiere. Uno di quelli che si presterebbero ad ospitare gli spalti per agevolare il compito ai pensionati ed ai curiosi di ogni età, ceto sociale, provenienza interiore.. Ti soffermi ed ospiti un sorriso sconosciuto ed indefinibile sulle labbra (anche il vecchio garage, che era l'ultima cosa rimasta in piedi, è andato giù. Ma la stradina che portava al magazzino ancora si intravede, sotto la polvere e i detriti..). La bella canzone ritmata che ti rimbalza nelle orecchie potrebbe sembrare fuori luogo per un bagno nelle acque del fiume nostalgia ma questa è vita, non un film, e la canzone dei Less Than Jake è troppo bella per passare oltre a causa di una presunta mancata attinenza. Infili le mani in tasca e ti incammnini lentamente verso la strada principale, parallela a quella dove ti trovi, per arrivare nei pressi di una delle fermate che hanno collezionato il maggior numero di tuoi Ma sì, saltiamola e andiamo a piedi all'altra.. Passi in rassegna le vetrine. Quelle vecchie e quelle nuove che già avevi notato l'ultima volta. Uno dei tanti bar ha cambiato impostazione, adesso ha gli occhi a mandorla. Ma lo stesso numero di clienti di prima (è vuoto, insomma)

Ma ecco la prima novità. Grossa novità: un buco in mezzo all'edificio di fronte.. In realtà non è un buco, ma la sensazione spiazzante rimane. Due aperture ampie, senza vetrine, che introducono avventori ed osservatori esterni nell'ennesimo bar. Ma grosso stavolta. Di piccoli bar è piena la via e di qualcuno grande, anche, ma è la prima volta che ne vedi due -così grandi- tanto vicini. Perchè sullo stesso lato della strada, a pochissima distanza, ce n'è un altro. Questo ha le pareti bianco-inaugurale, dato che non può esser aperto da molto più che un paio di mesi. E la cosa bella è che non riesci proprio a ricordare che cosa ci fosse lì prima. Preoccupante? Naa.. E adesso puoi anche notare la tettoia nuova alla vecchia fermata. Una tettoia che non c'era mai stata prima. Non è nemmeno giusto che dopo tutto il sole e l'acqua che hanno collezionato quelli che aspettavano i mezzi lì, adesso ci sia chi può ripararsi. Dov'è finito il rispetto per i pionieri? Che roba.. In ossequio alla tradizione salti quella fermata e te ne vai, a piedi, alla fermata nei pressi del metrò. Mentre ti avvicini noti un tram che potresti prendere, se decidessi di correre, ma non è certo il primo tram che decidi -invece- di lasciar andare. Ne arriverà un altro. Mentre aspetti ti guardi un po' intorno. Sostieni alcuni sguardi e ne ignori più di quanti potresti mai sospettare. Una voce (che poi divenne da spot) alza bandiera bianca alle tue orecchie. E tu sorridi. Pensando al prossimo viaggio in una zona che potrebbe non esser più quella che era..
 
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Sandogat
view post Posted on 23/11/2010, 01:14




Già postata nel vecchio forum, ma vista la richiesta...




La passeggiata di San Michele


Era un tiepido mattino di novembre ed io mi trovavo nella immortale città di Venezia per turismo. La luce fredda del sole novembrino, la chiara foschia delle mattinate novembrine della Serenissima, un accenno di acqua alta, forse la poca quantità di persone presenti in calli di solito intasate di persone, non so quale fosse il motivo scatenante, ma il mio intimo era pervaso di malinconia. In queste condizioni mi venne spontanea l'idea di andare a visitare nuovamente il cimitero di Venezia, situato nell'isola di San Michele. Non che dovessi andare a visitare qualche defunto, ma l'atmosfera strana, quasi mistica del luogo su di me ha sempre esercitato una fortissima attrazione.
Ero seduto tranquillamente in un bar di fronte alla maestosa chiesa gotica dei santissimi Giovanni e Paolo, in contemplazione della splendida statua bronzea del Verrocchio, raffigurante Bartolomeo Colleoni, quando maturai l'idea. Mi alzai come di fretta, pagai il conto, mi recai alle Fondamenta nuove ed attesi il vaporetto.
La sagoma dell'isola appariva algida di fronte a me, con gli alti cipressi, in parte nascosti dal muro di cinta in travertino e mattoni, come costruito direttamente sulle scure acque della laguna; questa visione come sempre suscitava in me un indefinibile senso di disagio.
Il vaporetto arrivò come sempre, fendendo le basse onde della laguna con calma e seraficità, con una lentezza che sembrava dissuaderti dal lasciarti prendere dalla fretta della vita moderna. Nonostante la lentezza del vaporetto, in pochissimo tempo giunsi all'isola.
Solo io scesi nell'isola, che appariva deserta. Il cimitero pagava lo scotto al fatto che fossero appena finite le festività dei morti, alla difficoltà dei trasporti lagunari e soprattutto allo spopolamento della città di San Marco.
Attraversai rapidamente la chiesa rinascimentale, semplice e maestosa, in quanto quello che mi attirava era proprio il cimitero, e vi entrai. La pianta è alquanto particolare: vi sono una serie di cortili a pianta ottagonale, circondati da alte mura in mattoni e travertino; i cortili sono uniti da portali, che si aprono simmetricamente in quattro dei lati dell'ottagono. I portali sono utilizzati a volte come tombe di famiglia, le mura di cinta sono utilizzate per i fornetti, ma la maggior parte dei defunti seppellita proprio nei cortili. Tutte le tombe dei cortili sono uguali, scavate nella nuda terra, con una croce ed una fioriera piantate sopra, poste con grande ordine, delimitate da vialetti coperti di ghiaia. Si possono trovare tombe di personaggi famosi, di uomini di grande ricchezza, di politici, finanzieri, generali, artisti, ma sono indistinguibili dalle tombe degli uomini comuni, tranne che per il nome scritto sotto la croce.
Ogni volta camminavo per ore nei vialetti di ghiaia, ed ogni volta mi tornavano in mente i versi de la livella di Totò, dell'antologia di Spoon River di Edgar Lee Master, ed ogni volta pensavo alla vacua e futile vanagloria che trasudava dai sepolcri di Ugo Foscolo. Quella volta in particolare mi sentivo pervaso da questi pensieri macabri e malinconici e, devo ammetterlo, persi completamente il senso del tempo.
Tentai di guardare l'orologio e mi stupii molto nel vedere il mio polso disadorno; mettevo sempre l'orologio, mi sentivo in grande disagio quanto non lo portavo al polso, posso dire che non lo toglievo mai, in nessuna occasione. Cercai di ricordarmi quando l'avessi tolto, ma non ricordavo di essermelo mai sfilato. Il cielo era ancora piuttosto chiaro, ma indubbiamente era trascorso molto tempo da quando ero entrato nel cimitero di San Michele in Isola, quindi decisi di avviarmi all'uscita. Che mi crediate o no, io posseggo uno spiccato senso dell'orientamento, non mi perdevo mai, neanche in grandi città che visitavo per la prima volta; bene, quel giorno mi accadde di vagare a lungo, senza riuscire a trovare l'uscita.
Mi sedetti e cercai di riflettere; ero sicuro di non essermi perduto, eppure l'uscita non era dove avrebbe dovuto essere. Pazienza, non per questo mi scoraggiai. Decisi di camminare sempre dritto nella stessa direzione, e senza meno avrei trovato il disadorno ingresso o almeno le mura esterne, trovate le quali le avrei costeggiate fino all'uscita.
Camminai per un tempo lunghissimo, sempre dritto, fino a che non fui distrutto dalla fatica, eppure non trovai traccia ne dell'uscita ne delle mura esterne. Mi sedetti di nuovo e cercai di riflettere. Non era possibile; dovevo aver sbagliato qualcosa, l'isola di San Michele non è grandissima, non è possibile camminare sempre diritti per ore senza trovare le mura di cinta.
Mi rialzai e presi un sasso bianco più grande del normale, mi avvicinai al portale più vicino e feci un segno, poi attraversai il cortile fino ad un altro portale e così via. Di nuovo camminai per un tempo lunghissimo senza trovare null'altro che tombe tutte uguali. Preso da un dubbio tornai indietro a cercare il segno sul portale precedente, ma non trovai alcun segno. Senza dubbio mi reo dimenticato di apporlo. Riprovai di nuovo con lo stesso sistema, ma il risultato non fu diverso. Provai allora a fare un monticello di ghiaia, ma naturalmente non fui neanche ora in grado di rintracciare i monticelli precedenti. Ero forte, e non mi feci prendere dallo sconforto. Ero certo di una cosa: non stavo impazzendo. Ne ero certo ma preferivo averne la prova. Lessi il nome sulla tomba più vicina ad un portale, poi varcai il portale stesso, entrai nell'altro cortile e tornai indietro. Non fui più in grado di trovare la tomba con il nome che avevo letto prima. Questo mi lasciò molto interdetto, quindi decisi di fermarmi, sedermi e riposarmi. Certamente era la stanchezza a farmi brutti scherzi.
Mentre sedevo li, in preda ai pensieri più strani, sentii un rumore di passi; un'altra persona, ero salvo. Mi alzai in preda all'eccitazione, quando vidi arrivare un uomo di mezz'età leggermente stempiato, capelli sale e pepe, vestito di un abito grigio di buon taglio.
“Buon giorno; non mi giudichi male, ma temo di avere bisogno del suo aiuto.”
“Buon giorno. Cosa le succede? Per caso è entrato qui per fare una passeggiata nella suggestiva isola di San Michele, ed ora non trova più l'uscita?”
“Ma...”
“Si. Dalla sua faccia direi che non mi sono sbagliato.”
“Ma lei come lo sa?”
“Ma evidente, mio caro signore; lo so perché io mi trovo nella sua stessa situazione.”
“Ma...”
“Vede, io non so da quanto tempo mi trovo qui, tra l'altro quando sono venuto mi ero casualmente dimenticato l'orologio. Dalla sua faccia direi che accaduta la stessa cosa anche a lei, vero? Bene, sono comunque qui da molto tempo, e dal primo momento che sono qui cammino senza meta. I primi tempi ogni tanto ero stanco e mi dovevo riposare, ma ora da molto che non mi succede pi Non mi capita quasi mai di avere fame, ma quelle rare volte trovo qualcosa da mangiare sotto i portali. Per i bisogni fisiologici si immaginerà da solo come ho risolto il problema; d'altra parte si sarà reso conto che ogni volta che attraversa un portale dietro di lei tutto cambia. Ogni tanto incontro qualcuno che si trova nelle nostre situazioni, ma mentre parlo sono sempre colpito da una terribile fretta di riprendere il cammino. Anche ora mi capita, vedrà, presto capiterà anche a lei, quindi mi scusi, non mi giudichi maleducato, ma ora devo proprio lasciarla.”
L'uomo si allontanò rapidamente e non lo incontrai mai più, ma cominciai a comportarmi in modo sempre più simile al suo. Cammino ininterrottamente da non so quanto, ogni tanto mangio, ogni tanto faccio i miei bisogni, ogni tanto incontro qualcuno, ma mi prende una strana fretta e devo accomiatarmi rapidamente. Oggi, per la prima volta, ho trovato le mura di cinta, ma sento un grande bisogno di andare nuovamente verso il centro del cimitero. Da poco ho mangiato e bevuto, in quanto ho trovato del pane ed una bottiglia d'acqua; queste brevi memorie le ho scritte nella carta del pane e devo affrettarmi a gettarle in mare nella bottiglia d'acqua, sto giusto iniziando a cambiare idea. Tu che leggerai queste poche righe, se puoi aiutami, altrimenti limitati a ricordarmi nel mondo al di fuori delle mura. Anzi, forse sarà meglio se ti limiterai a ricordarmi.

Fine
 
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Toni Monroe
view post Posted on 23/11/2010, 07:58




Grazie Doc. :novotny:
 
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Sandogat
view post Posted on 22/1/2011, 10:23




Se c'è qualche masochista che volesse farsi del male questa potrebbe essere una alternativa ai frustini:

http://alessandrocats.wordpress.com/
 
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Toni Monroe
view post Posted on 22/1/2011, 11:27




Oh e vedete di salvare il salvabile -qui- per travasarlo nel topic apposito quando rientreremo nel nostro forum. Se si tratta di inediti, per noi, ovviamente.
 
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Cobain88
view post Posted on 25/1/2011, 01:20




Provo un po' ad adattare il mio stile,necessariamente piu da "messaggio in bottiglia",allo spirito di questo topic...non che abbia pretese di scrivere romanzi,piu' della mezza pagina di considerazioni astruse non riesco proprio ad andare :lol:


"Nego,ergo sum"

Controcorrente.
E' questa la definizione giusta del mio modo di vedere,concepire e vivere(nel possibile) la vita.
Non che lo faccia per partito preso,non mi fraintendete.E' che spesso nessuno pensa alle straordinarie opportunita' che si hanno nel rifiutare una visione predeterminata di cio' che siamo e del mondo in cui viviamo.
Dopotutto,la mia prof. d'italiano al liceo me lo ripeteva spesso:"Dici no per il puro gusto di farlo".
Solo che all'epoca,probabilmente,non avevo la maturita' per comprendere appieno il significato di questa frase,o almeno di comprendere che,tutto sommato,non e' poi una cosa cosi' negativa.

Chi ha detto che esiste un solo modo di guardare il mondo che c'e' stato posto davanti?Nel solo atto di scrivere mi vengono in mente fior di pensatori che hanno detto il contrario...e probabilmente dietro questa mia convinzione c'e' anche il fatto di aver visto troppe volte la saga di "Matrix",mica lo nego...
Pero' l'idea di fondo e' quella:il mondo e' bello perche' e' vario.
E se il mondo e' vario,se il mondo non ha un solo colore,io voglio che il mio astuccio abbia tutti i pastelli per poterlo disegnare.
E per arrivare a questo scopo,devo posare i miei occhi dovunque ci sia anche solo una sfumatura ignota,per quanto chiara o scura possa essere.
Perche' vedere e' conoscere.
Perche' conoscere e' capire.
E capire un altro essere umano ti porta vicino al divino che c'e' in noi,qualunque cosa esso(o essa,chi lo sa) sia.

Shakespeare diceva che non ha importanza il nome che diamo alle cose,perche' tanto la loro essenza trascende i suoni che emettiamo per definirle.Forse,non ha importanza nemmeno il modo in cui le guardiamo,perche' la loro essenza trascende il punto di osservazione che scegliamo.
Ma se il punto di osservazione e' trascurabile,o,per essere piu' rigorosi(ciao Barbara!),se l'essenza di questo fenomeno inspiegabile chiamato vita e' indipendente dal sistema di riferimento in cui ci poniamo per giudicarla,allora lasciatemi la possibilita' di mettermi dove piu' mi pare,cosi' come di stancarmi e decidere di osservare tutto da un'altra angolazione,fosse pure quella diammetralmente opposta.Perche' spesso non basta mettersi nei panni dell'altro per biasimarlo,devi proprio essere nella stessa merda per poter constatare la sgradevolezza del suo odore.

Negare non significa rifutare,ma il rifiuto in se' e' la negazione del diritto ad essere umani.
Negare non significa rinunciare,ma la rinuncia e' la negazione della possibilita' di essere umani.
Negare non significa sbagliare,anzi lo sbaglio e' la conditio sine qua non del nostro essere umani.

Negare significa scegliere.Scegliere significa pensare.Pensare significa capire.Capire e' vivere.
In fondo,ci rimane poco altro.

Nego,ergo sum.
 
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Toni Monroe
view post Posted on 30/1/2011, 13:53




Una settimana della mia morte.


1)

La mia prima domanda sarà stata tra il comprensibile e l'inconsueto per l'infermiere che ha assistito al mio ritorno alla vita: -Che è successo, fino a ora?- Io non sapevo, in effetti, cosa fosse successo ma non sapevo nemmeno quanto tempo fosse passato, quanto io ne avessi passato, da quando ero finito in un reparto di terapia intensiva. Non sapevo neanche come o perchè ci fossi finito ma avevo una qualche percezione che doveva esser passata più di qualche ora da quando ero finito lì. Era trascorsa una settimana dal giorno dell'incidente in cui era rimasto coinvolto il convoglio della metropolitana su cui mi trovavo ed ero uno dei pochi feriti gravi, ho versato -come si usa dire- tra la vita e la morte per sette giorni. Un vuoto che mi è venuta voglia di colmare fin da quando ho aperto gli occhi e mi son reso conto che dovevo trovarmi in una stanza d'ospedale.
Le mie condizioni erano così critiche che i medici, dopo avermi operato, mi indussero un coma farmacologico che poi è mutato in coma a tempo indeterminato, per usare le parole dell'infermiere. I miei genitori e i miei fratelli si erano alternati al mio capezzale per tutto il tempo e non era molto probabile che mi svegliassi proprio in uno dei pochi momenti in cui nessuno di loro era presente, ma ho sempre avuto una tempistica tutta mia. L'infermiere, preso alla sprovvista, mi informò che l'Inter aveva perso sia in campionato che in coppa, poi gli lessi negli occhi un dubbio che non saprei dire se riguardasse l'opportunità di cominciare il mio ritorno all'attualità da un argomento sportivo (considerando che nel frattempo era anche caduto il governo) o forse non era certo di avermi dato una bella notizia. Lo vidi rilassarsi quando un sorriso compiaciuto affiorò sulle mie labbra screpolate.



2)


Mio fratello Gianni non è riuscito a parlare per almeno un minuto intero, che è un record non classificabile solo perché non c'è stata possibilità di documentare l'evento ma spero che la mia testimonianza possa far fede e che non la si ritenga inattendibile a causa della confusione dovuta all'uscita dal coma. Appena entrato nella stanza, con la sua gazzetta in mano, mi vide intento a osservarmi le mani e rimase a bocca aperta anche quando mi girai verso di lui. Gli rivolsi un sorriso radioso e gli dissi -Siete sempre le solite merde- riferendomi alla sua fede interista. Gianni guardò meccanicamente la gazzetta piegata nella sua mano destra, cercando di capire se ci fossero dei titoli che potessero giustificare le mie parole, ma poi si scosse dallo stupore e gli vidi inondarsi gli occhi di lacrime. Disse che dovevo smetterla di salire sull'ultimo vagone della metro, che già sul penultimo i feriti erano stati lievissimi, mentre io (abituato ad appoggiarmi proprio a fine vagone) avevo avuto la gran parte dei traumi e delle ferite multiple andando a sbattere contro i sostegni nell'impatto. E meno male che lo scontro è avvenuto in frenata altrimenti non eravamo qui a parlarne. Poi, contravvenendo a norme scritte e non scritte, tirò fuori il telefonino per telefonare a casa, urlando che mi ero risvegliato. L'infermiere accorse dicendogli -Dotto', però così non si può, non deve urlare qui dentro...- Gianni aveva appena iniziato a dire che non era dottore ma geometra quando arrivò un medico che gli intimò di mettere via il telefonino perché non erano ammesse deroghe per i geometri e lo invitò ad uscire perché dovevano visitarmi.


3)

Il dottore era lo stesso che mi aveva operato, quando poteva veniva a visitarmi e mi confidò che mi aveva riconosciuto dal tatuaggio tribale che ho sul polpaccio. Pare che abbiamo giocato contro ad un torneo dedicato ad un suo collega morto in una non meglio precisata zona di guerra nel medio oriente. Conoscevo poco quel dottore, amico di un mio amico d'infanzia, ma avevo partecipato volentieri al torneo. Le complicazioni che mi avevano portato al coma -apparentemente- irreversibile erano ancora sconosciute e forse entreranno a far parte dei misteri della medicina moderna ma l'importante era che adesso sembravo rispondere perfettamente alle cure. La prognosi era ancora riservata, ovviamente, ma si poteva guardare al futuro con ottimismo. Appena finì di dire queste cose i miei fecero irruzione nella stanza, inseguiti dall'infermiere che non si capacitava di come nessuno trovasse convincente come argomento che il suo turno era finito mezz'ora prima e non potevano entrare nella stanza.

4)


Dopo aver saputo dall'infermiere che mi stavo riprendendo molto in fretta ed ero curiosissimo e tempestavo di domande un po' tutti quelli che avevo occasione di vedere, suor Carla venne a trovarmi e decise di partecipare al mio ritorno alla vita parlandomi della solidarietà scattata tra gli alluvionati di un paesino nelle Marche, informandomi di come non facessero distinzione tra italiani e stranieri, islamici e cattolici, tutti si davano una mano e questa era una grande testimonianza di come nei momenti drammatici riesca ad emergere la vera natura -buona- delle persone. La settimana di suor Carla, dunque, era fatta di giacigli arrangiati in una fabbrica dismessa che gli immigrati abusivi non avevano esitato a condividere con tutte le persone che si erano trovate senza casa; era fatta di generi di prima necessità che i negozianti del posto avevano portato alla fabbrica senza stare troppo a pensarci, ché ne avevan più bisogno gli sfollati che i periti delle assicurazioni mandati a fare una stima dei danni e che avrebbero invece preteso di fare un inventario, pena la decurtazione del premio da corrispondere.. la settimana raccontata da suor Carla echeggiava dei funerali di diverse vittime, tra cui più di un bimbo, ma non veniva da angosciarsi nel sentirla parlare perché il filo conduttore del suo racconto era l'amore che aveva riempito i cuori delle persone coinvolte e che avevano trovato più amici, più fratelli di quanti immaginassero di avere e le persone che avevano dovuto abbandonare le avrebbero poi ritrovate a suo tempo. Suor Carla ne era sicura e veniva quasi da crederle in quel momento.


5)


Nel reparto si stava diffondendo la voce sulla mia particolare operazione di recupero e chi poteva dedicarmi del tempo veniva a raccontarmi quello che di significativo ricordava della settimana in cui io c'ero e non c'ero; stamattina si è trattenuta più del solito nella mia stanza la signora Santina, un'addetta alle pulizie, nonché infermiera occulta, come mi confidò in tono da cospirazione, perché -Dopo vent'anni a far pulizie nei reparti di un ospedale un minimo di cose le impari, anche se certo non puoi metterti a far le cose al posto degli addetti; solo che riconosci per tempo certe situazioni e così guadagni tempo, no?- Immagino di sì. La signora Santina ci teneva a raccontarmi di una cosa che l'aveva colpita quando stava in accettazione insieme all'impiegata di turno, una sua cara amica, e curiosavano in rete di nascosto. Pare che in america un nonno sia stato raggiunto da una telefonata straziante nella notte, gli avevano comunicato che il nipotino, di soli tre anni, era morto in un tragico incidente, il piccolo era sfuggito al controllo degli adulti e si era trovato nei pressi della strada, dove un mezzo della nettezza urbana in manovra lo aveva travolto e ucciso. La madre del piccolo era distrutta e in presa a crisi dovute ad un senso di colpa forse più comprensibile che giustificato. Il nonno doveva assolutamente prendere un aereo per raggiungere sua figlia e poter rivedere il piccolo almeno una volta prima dei funerali, così era andato in aeroporto, si era messo in lista d'attesa e c'era un volo che gli avrebbe consentito di arrivare in tempo, se solo lo avesse potuto prendere ma le lungaggini burocratiche e i controlli esasperati per la sicurezza lo facevano disperare di prenderlo in tempo e a nulla valevano i suoi argomenti, nessuno degli impiegati o delle guardie pareva volersi dimostrare comprensivo. Quando riuscì finalmente ad espletare tutte le formalità si era incamminato, senza più speranze, verso il gate, dato che l'orario era passato da dieci minuti e non avrebbe più fatto in tempo. Ma.. all'ingresso del gate vide degli uomini in divisa e uno di loro gli si fece incontro, col cappello in mano, disse di essere il pilota dell'aereo che credeva di aver perso -Sa, io sono il comandante e senza di me l'aereo non parte di sicuro. Abbiamo sentito cosa è successo e volevo assicurarle che arriveremo in tempo, ci segua...-
Mentre entrambi ci asciugavamo le lacrime io ringraziavo la signora Santina di avermi raccontato questa vicenda e lei mi disse che era bello sapere che a questo mondo, anche quando succedono cose brutte, si posson trovare delle cose belle.


6)

In quello che sarebbe stato il mio ultimo giorno in Terapia intensiva, prima del trasferimento in un altro reparto, a far le pulizie al posto della signora Santina per un cambio turno, è venuta Giada. Giada è una ragazza minuta, magrissima e non molto alta, che è arrivata nel nostro paese dal Perù insieme alla famiglia. Lei e il suo gemello sono gli unici nati in Perù, gli altri fratelli e sorelle sono nati in diverse città italiane, seguendo gli spostamenti dei genitori lungo la penisola e le varie comunità sudamericane presenti da noi. Alla fine si sono fermati a Badile, piccolo comune tra le province di Milano e Pavia, per essere più vicini ad Assago, comune dove ogni anno si tiene un festival latinoamericano che dura circa un mese. La piccola Giada però è appassionata alla musica hip hop più che alle sonorità della sua terra d'origine, così mentre io le parlavo dei flauti delle Ande lei mi regalò il suo ricordo -musicale- legato alla mia settimana di sosta. L'evento che sicuramente le era rimasto più impresso in quella settimana -ma anche in tutto l'anno, mi assicurò- era stato il pomeriggio trascorso in sala di registrazione insieme ad una formazione hip hop che secondo lei avrebbe fatto strada; i ragazzi che si facevano chiamare Cani sciolti avevano realizzato un brano campionando un'interpretazione in chiave jazz di In cerca di te (nella versione realizzata da un certo Nicola Arigliano). Fu un po' uno shock sapere che una giovane immigrata sudamericana sarebbe andata in giro canticchiando una canzone interpretata da Arigliano, mentre tanti nostri connazionali non sanno forse bene chi sia stato o che tipo di cantante fosse. Poi penso che a me piace -anche- la musica delle Ande, che invece Giada pare snobbare e mi rendo conto che l'erba del vicino e sempre la più verde un po' ovunque. Ma chiudo gli occhi e mentalmente ascolto la voce roca di Arigliano che canta "Solo me ne vo per la città..."


7)


Mes ami, è un piacere tornare a scrivere da queste parti. Per ragioni che presto racconterò mi è stato impossibile farlo fino a ora, anche se devo ammettere che già da qualche giorno, in teoria, sarei potuto tornare a farmi vivo; molti però sanno che per star comodo io mi devo poter stravaccare e soltanto adesso ho la possibilità di farlo. :-) Mi trovo nella sala ricreazione, chiamiamola così, di un ospedale (nulla di serio, non preoccupatevi) e sto prendendo confidenza col portatile nuovo. Il mio portatile precedente (non lo avevo da tanto tempo per poterlo definire vecchio), come alcuni avranno letto nel topic sui consigli informatici, aveva dei problemi e visto che era in garanzia l'ho portato dal tecnico. Il tecnico lo ha mandato alla casa madre perché loro non potevano farci nulla e dalla casa madre è stato rubato, insieme ad altri pc, quando hanno subito un furto in grande stile :-O morale: mi hanno mandato un portatile in sostituzione di quello perso, più aggiornato (compreso un sistema operativo diverso) rispetto a quello. E ora cerco di adattarmi. Fin qui le cose gravi. :-)

Adesso che sono finalmente tornato -quasi- in piena operatività mi sono letto un po' di topic e in diverse occasioni sarei voluto intervenire per dire la mia ma poi ho rinunciato perché le mie idee sono ancora un po' confuse e non volevo disperdere ulteriormente i pensieri, quindi ho mantenuto fede al proposito iniziale di convogliare in un solo post le cose da dire, dunque eccomi qui. Anche se, sappiatelo, ho comunque pronta nella mia testa anche una lista di persone da contattare via pm, perché certi rapporti -inevitabilmente- richiedono anche delle cose da dirsi lontano dai riflettori e a molti ho da fare delle felicitazioni per i risultati che, a quanto ho letto, hanno raggiunto. :-)

Ma ho perso fin troppo tempo, ora vorrei parlarvi di
Una settimana della mia morte...
 
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Dav3
view post Posted on 1/2/2011, 02:08




Spettacolo Safe :novotny:
 
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24 replies since 8/10/2010, 21:58   377 views
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